Le ricorrenze
Il signor Kenobi non amava anniversari e ricorrenze. Sosteneva che indebolissero la memoria, anziché rafforzarla.
Il signor Kenobi non amava anniversari e ricorrenze. Sosteneva che indebolissero la memoria, anziché rafforzarla. Erano una scuola di ipocrisia, rincarava: «Prenda il mio Paese. Ogni estate, in agosto, tutto il mondo piange le vittime di Hiroshima e Nagasaki, e con questo il Giappone è a posto. Per il resto dell’anno può essere dimenticato». Era uno dei suoi paradossi e io lo rispettavo, pur senza condividerlo fino in fondo. Rispettare i paradossi del signor Kenobi era l’unico modo per conservare il suo rispetto (lo so: potrebbe essere una sua frase, non è escluso che lo sia).
Eppure, ogni volta che si avvicinava il compleanno di uno dei miei figli, arrivava puntuale un messaggio di questo odiatore delle ricorrenze. Prima per posta, sotto forma di cartolina, poi per e-mail. Una riga o due, non di più, e di impeccabile precisione: il nome del bambino, gli anni esatti che stava per compiere, una clausola di saluto che variava ciclicamente, sempre auspicando una vita felice, un futuro sereno, un amorevole proseguimento di quell’esistenza ancora in erba. Non so quanti altri abbiamo avuto il privilegio di essere ricordati dal signor Kenobi, ma quella sollecitudine caparbia, mantenuta in spregio a ogni avverso convincimento, mi è sempre sembrata qualcosa di simile a una benedizione.
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