C’è un racconto di Borges che amo più di tutti gli altri. Si intitola Emma Zunz ed è una storia nella quale tutto è vero e tutto è falso. Per essere precisi, tutto è vero, eccezion fatta per «le circostanze, l’ora e uno o due nomi propri». Non voglio rovinare a nessuno il piacere di leggere Emma Zunz per la prima volta. È un’esperienza che ripaga di qualsiasi delusione la letteratura abbia arrecato. Perché anche la letteratura può deludere, questo è innegabile. Solo che alla letteratura, diversamente da quanto sosteneva il signor Kenobi a proposito delle persone, si può sempre lasciare un’occasione di riscatto.
All’epoca del nostro incontro, mi ero già lasciato incantare dall’abissale semplicità di Emma Zunz. In più di un’occasione ne avevo parlato con il signor Kenobi, che però si era sempre dimostrato evasivo, sfuggente in modo quasi risentito. In tutta risposta, citava il Borges più ovvio: La biblioteca di Babele, Pierre Menard, cose così. Solamente dopo le rivelazioni degli ultimi mesi ho compreso quale fosse il suo intento. Voleva portarmi fuori strada, ma non per trarne un vantaggio personale. Perdonate la mia ostinazione se continuo a credere che il signor Kenobi fosse disposto a travisare circostanze, orari e nomi propri pur di mettere in salvo la nostra amicizia.
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