Da Qumran a Gerusalemme: la nuova vita del Rotolo di Isaia

A sessant’anni dalla inaugurazione del “Santuario del Libro” apre la mostra “Una voce dal deserto” con l’esposizione dello storico reperto proveniente da Qumran
December 12, 2025
Da Qumran a Gerusalemme: la nuova vita del Rotolo di Isaia
Il “Santuario del libro” a Gerusalemme da oggi espone il “Rotolo di Isaia” / Imot
La grande cupola progettata nell’area del Museo d’Israele dagli architetti americani (di origine ebraica) Armand Bartos e Frederic Kiesler, si staglia nel cielo terso di Gerusalemme. Questo edificio unico, realizzato 60 anni fa per ospitare i primi sette rotoli scoperti a Qumran, sulle rive del Mar Morto, nel 1947, richiama nella sua forma i coperchi delle giare d’argilla in cui furono trovati gli antichi manoscritti. Il bianco della cupola e il nero basalto del muro che la affianca richiamano la «tensione spirituale» tra i «figli della luce» (come si definivano gli adepti della setta, che alcuni studiosi identificano come quella degli esseni) e i «figli delle tenebre» (i nemici della comunità). Il corridoio che conduce all’interno dell’edificio, che per la sua funzione è appunto chiamato “Santuario del libro”, ricorda una grotta. E rievoca il luogo in cui furono scoperti i Rotoli del Mar Morto.
Per ricordare il sessantesimo anniversario dell’inaugurazione del “Santuario del libro” quest’oggi si aprirà a Gerusalemme un evento straordinario. Verrà esposto integralmente, per la prima volta dopo decenni, il Grande Rotolo di Isaia, il più lungo e meglio conservato tra i celebri rotoli del Mar Morto. La mostra, intitolata “Una voce dal deserto”, resterà aperta fino al 12 aprile. E offrirà a visitatori e pellegrini la possibilità di ammirare un reperto di straordinaria importanza non solo per la storia e l’esegesi biblica.
Il Rotolo di Isaia, che nei suoi sette metri di lunghezza raccoglie in 54 colonne di scrittura tutti i 66 capitoli del libro del profeta, rinvenuti nel 1947 da un giovane beduino nella grotta n.1 di Qumran, nella depressione del Mar Morto, non lontano da Gerico. Le indagini e le scoperte in loco, proseguite fino al 1956, con il ritrovamento di oltre 950 manoscritti (testi biblici, commentari, regole comunitarie, scritti apocrifi), hanno cambiato per sempre la storia degli studi biblici e dell’archeologia del Vicino Oriente.
«L’importanza della scoperta del Rotolo di Isaia trovato nella grotta 1 di Qumran, il primo di una serie di manoscritti di Isaia trovati nella stessa grotta – spiega fra Alessandro Coniglio ofm, docente di Esegesi dell’Antico Testamento presso lo Studium Biblicum Franciscanum di Gerusalemme - è legata al fatto che abbiamo tra le mani un testo biblico antecedente di oltre mille anni i più antichi manoscritti che possedevamo della Bibbia, cioè il Codice di Aleppo (X secolo) e quello di Leningrado (XI secolo). Essendo il rotolo del II secolo ci porta mille anni più vicino all’originale, uscito dalle mani del profeta o della sua scuola. Se poi, come alcuni sostengono, i capitoli 56-66 di Isaia sarebbero post-esilici, scritti cioè in epoca persiana, allora il rotolo di Qumran sarebbe appena di pochi secoli posteriore all’originale». Per i biblisti, va aggiunto, l’importanza consiste nel fatto che il Rotolo di Isaia conferma in modo straordinario la stabilità della trasmissione del testo biblico ebraico lungo più di un millennio, fino alle versioni canoniche oggi in uso, sia nella Bibbia ebraica sia in quella cattolica.
Da oltre cinquant’anni, per ragioni conservative, il Rotolo d’Isaia non veniva esposto integralmente: i visitatori del museo possono solitamente ammirarne solo una riproduzione fedele e una piccola sezione autentica. L’apertura di questa mostra è dunque un’occasione forse irripetibile per vederlo nella sua interezza, esposto nella Bella and Harry Wexner Gallery, lo spazio espositivo principale del museo. L’esposizione invita a un percorso al tempo stesso sensoriale e simbolico. I visitatori saranno introdotti nell’ambiente aspro e luminoso della Giudea, ricreato attraverso suoni, immagini e installazioni, fino alla soglia della grotta 1. Lì si potrà rivivere la scoperta dei rotoli e seguire, passo dopo passo, il percorso che ha condotto quei frammenti di pelle scritta dalle mani di uno scriba del II secolo a.C. fino alle sale del moderno museo. «Dopo 77 anni di studio del rotolo, siamo finalmente giunti a questo straordinario traguardo», annota il professor Marcello Fidanzio, dell’Università della Svizzera Italiana con sede a Lugano, tra i curatori della mostra e ideatore del concept espositivo. La mostra condurrà infatti il visitatore alla scoperta delle più recenti acquisizioni scientifiche sul rotolo. Intelligenza artificiale e tecniche multispettrali hanno permesso di individuare le diverse mani degli scribi (i primi 33 capitoli del libro sembrano essere stati copiati da uno scriba, mentre i secondi 33 capitoli suggeriscono una mano differente), di comprendere la composizione degli inchiostri e di studiare le cuciture dei fogli di pergamena. Studi che rivelano non solo la tecnica di produzione del rotolo, ma anche la sua funzione nella vita della comunità di Qumran: un testo probabilmente destinato alla lettura liturgica o alla meditazione collettiva, impregnato di attesa messianica e visione profetica.
«Vedere con i propri occhi la perfetta ortografia ebraica del Grande Isaia, avvicinarsi alle cuciture dei diciassette fogli e percepirne la straordinaria lunghezza - oltre sette metri di pelle lavorata - sarà un’esperienza che segna», osserva don Gianantonio Urbani, archeologo del Studium Biblicum Franciscanum di Gerusalemme, attento studioso dei reperti di Qumran. «Ci si può immedesimare nello scriba che, più di duemila anni fa, tracciava queste lettere per tramandare un messaggio di fede e di speranza. È come ricevere il testimone da una generazione all’altra, un ponte vivo tra il Primo e il Secondo Tempio».
Accanto all’approfondimento scientifico, la mostra metterà in luce il significato spirituale e universale del testo di Isaia che, con il suo linguaggio poetico e visionario, parla di giustizia, redenzione, pace e armonia tra le nazioni. «Parole - commenta ancora don Urbani - che non appartengono solo a un tempo remoto. Il rotolo, sopravvissuto a sabbia, vento e guerre, torna a parlarci oggi con la stessa forza. È una voce che esce dal deserto e ci invita a riflettere sulla pace e sulla memoria come fondamento della nostra umanità».

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