La paura di finire l'anno senza avere un bilancio
Capodanno si avvicina, fioccano le fotografie - per lo più numeriche - sul 2025 che (per fortuna) sta per andare in archivio. Ci spaventano, ma ne siamo attratti. Perché senza un bilancio ci sentiamo orfani

Questa settimana la paura sui media si intravede tra le righe dei vari bilanci di fine anno che stanno uscendo a valanga. Pagina più cercata su Wikipedia: Charlie Kirk, domanda più fatta a Google: Perchè Israele ha invaso l'Iran?, ricetta più cercata: Il casatiello napoletano. Nelle ricerche più reiterate si annida la paura di essere esclusi dal gruppo, di rimanere sprovvisti di agganci nelle conversazioni sull'attualità in cui rischi di essere l'unico/s che non sa chi fosse Kirk o quanta farina ci vuole per cucinare un casatiello. Insieme alle classifiche cominciano a uscire i più articolati bilanci sull'anno curati dai vari Istituti di ricerca. In questi la paura si fa trend, è pervasiva. Fondazione Migrantes: più di 1500 vittime accertate nel Mediterraneo, 7000 vite salvate dalle navi delle Ong. Reporters Sans Frontieres : 67 giornalisti uccisi nel 2025 (più della metà a Gaza), nel rapporto Civicus Meritus l’Italia è stata ufficialmente declassata a Paese con “spazio civico ostruito".
Il mio preferito è in assoluto il rapporto del Censis, siamo al 59esimo ed è stato pubblicato in questi giorni. Il rapporto Censis, ogni anno, «interpreta i più significativi fenomeni socio-economici del Paese nella fase di transizione che stiamo attraversando», così recita il sito istituzionale. E scrivo recita non a caso. Infatti, la scrittura del Censis è unica nel suo genere, procede per ellissi, si alza in cielo con voli pindarici, illumina dall'alto alcune sfumature di cui non eravamo consapevoli in uno sguardo onnicomprensivo che, nella tradizione sociologica, immagina un unicum sociale da poter analizzare. Ci si aspetterebbe l'aplomb di ricercatori ma invece ci troviamo trasportati da una lirica simile a quella del (mitico) oroscopo di Brezny sulla rivista Internazionale. Il rapporto Censis 2025 recita così, lasciamoci trasportare: «La società italiana, non riuscendo a spezzare la trappola del declino di ogni desiderio di futuro, ha rimodulato attese e desideri contingenti, e ha contrastato sul piano economico e sociale il virus della crescita zero». «Il faccia a faccia con l’attuale non ha il compito di inondare, ma di irrigare». «Nel saper stare insieme sull’esistente si sfebbrano gli eccessi». «La cetomedizzazione dal basso però non è finita; al contrario, per molti versi vince ancora. C’è stata e c’è, sa stare nel presente, sa sgarbugliare». Sul palco di Sanremo vorrei sentire queste parole in musica invece che le solite sofferenze amorose. Sgarbugliare mi pare, inoltre, la parola migliore per rappresentarci tutti, in un gioco di onomatopea: noi popolo di poeti, di santi, di sgarbugliatori. Grazie al Censis che restituisce anima ai bilanci. Il quadro è terrificante, ma la poesia attutisce la paura.
L'istituto Noto ci restituisce un'altra fotografia, più cruda, nel suo sondaggio realizzato in diversi paesi europei tra giovani tra i 18 ed i 35 anni (giovani?). Si cerca una risposta alla diminuita natalità nelle economie avanzate europee, la risposta più frequente è la paura. Paura economica: Tra le motivazioni ci sono l’insicurezza economica (il 41% di italiani, francesi e tedeschi, il 57% degli spagnoli e il 45% degli inglesi). Per i giovani italiani ci sono la scarsa disponibilità di asili nido e di servizi per l’infanzia (57%), congedi parentali brevi o mal distribuiti tra i genitori (62%), difficoltà a conciliare lavoro e famiglia (77%). E il 77% dei giovani italiani ritiene che la decisione di avere figli sia condizionata dall’avere un supporto all’interno della famiglia. Al di là del contenuto specifico, mi interrogo sempre su come i numeri siano oggetti mitologici che funzionano da garanti di verità. Non è concesso nessun arrotondamento, se la media matematica indica 1,18 di bambini per donna italica non si cede al buon senso che vede ogni bambino/a nella sua interezza e fatica a dare senso alla quantità 1,18 (un bambino intero + una gamba e mezzo?). Se si arrotondasse la forza retorica del numero si dissolverebbe, quindi si ritiene più opportuno sacrificare l'interezza simbolica del corpo infantile in nome del rigore scientifico. Su questo tema viene in aiuto una voce controcorrente, quella della prof.ssa Alessandra Miniello, demografa dell'Università di Padova, che ha pubblicato in questi giorni Senza Figli, scelte, vincoli e conseguenze della denatalità. Miniello indaga le ragioni delle denatalità altrove, lontano del determinismo economico. Nella sua argomentazione non fare figli è a volte una scelta più che una condizione economica. Una scelta complessa che va accolta prima che combattuta. Domani uscirà un nuovo bilancio, quello sulla di candidatura della cucina italiana a bene immateriale dell'Unesco. Se ne sentirà parlare molto, a suo modo anche il cibo è una terapia per le paure. Lo sono anche i cibi considerati italianissimi, come il pomodorino pachino progettato nel 1989 in Israele, la pizza informata dai tanti lavoratori egiziani nei forni nostrani, il sugo al pomodoro che importiamo dalla Cina. La cucina italiana non esiste, riportando il titolo del libro dello storico dell'alimentazione Alberto Grandi, ma, niente paura, tutto si può inventare.
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