Batman e quella paura di sfigurare in metrò
Un esperimento sociale sul trasporto pubblico di Milano ha rivelato che se la routine si spezza siamo tutti portati a comportamenti più umani. Forse

E’ successo qualche giorno e ne ha scritto anche Viviana Daloiso qui su Avvenire. E’ capitato che Batman sia entrato in un vagone della metropolitana milanese. Accorgendosi della sua presenza, molte persone, fino a quel momento sedute, hanno avuto un sussulto etico e si sono alzate per lasciare il posto a una donna incinta. Non lo avevano fatto fino a quel momento, lo hanno fatto alla vista di Batman. Perché? Non vorrei deludervi rivelando che il corpo nel costume da pipistrello era quello di un professore di psicologia clinica dell’Università Cattolica di Milano in servizio: il professor Francesco Pagnini, ideatore della ricerca. Inoltre, la pancia gravida era finta e, a indossarla, una ricercatrice dello stesso ateneo. L’intento dell’esperimento era osservare in che modo la presenza di Batman potesse innescare comportamenti “prosociali”, come di fatto è successo. Cedere il posto a una donna incinta è un segno di attenzione alla socialità intorno noi.
Proprio nelle stesse ore veniamo a scoprire i risultati della classifica annuale della qualità della vita nelle città italiane e Milano è ultima relativamente alla sicurezza, una vera Gotham City come spesso viene rappresentata. Per bilanciare, va aggiunto che il capoluogo meneghino risulta invece ai primi posti per reddito pro capite. Tendo a dubitare che a Milano, per quanto accostabile a Gotham City, le persone credano all’esistenza di Batman. Perché quindi si sono alzate nel vederlo? La psicologia vede nell’effetto sorpresa la spiegazione, l’antropologia si sofferma sul costume.
In un recente saggio, "The Superhero Costume: Identity and Disguise in Fact and Fiction", Barbara Brownie e Danny Graydon analizzano il “costume da supereroe” come oggetto antropologico, mediando tra finzione e realtà, tra corpo e identità, tra “maschera” e “ruolo”. In quest’ottica il costume diventa una specie di "armatura simbolica”. Dal punto di vista antropologico, i supereroi figure mitiche che funzionano come modelli di comportamento e moralità. Nello stesso modo, possiamo immaginare quel vagone della metropolitana come un palcoscenico sociale, dove quotidianamente ripetiamo la nostra routine di isolamento e chiusura rispetto all’ambiente esterno. Gli psicologi vedono nell’ingresso di Batman una rottura di questa routine che ha svegliato i passeggeri dal loro torpore quotidiano. Mi sono immaginata cosa potrebbe succedere se Batman si aggirasse per i tanti fronti di guerra, in Ucraina, Cisgiordania, Sudan, se la visione personificata di un ordine morale potrà mai impedire il male. Abbiamo bisogno di un po’ più di Batman dentro di noi, pipistrelli diurni.
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