La paura di restare senza niente
Arriva il Black Friday, siamo tartassati di offerte imperdibili. Ma dietro alla nostra ansia, c'è una serie di assenze da riempire. Senza sconti.

«Ansia da Black Friday? Seneca e gli stoici svelano come vincere lo stress da super offerta». Titolo online, questi giorni. I giorni dei grandi sconti sono alle porte. Questo periodo, con tutto il suo pervasivo entusiasmo commerciale che ti viene a cercare sul telefono, nelle mail, alle vetrine, mette a dura prova i nervi già logorati dei sapiens capitalistens. Dubbi amletici si pongono: mi serve davvero? Sarà un vero sconto? Nelle prossime ore potremo risparmiare un 30% per acquistare beni dalla sindacabile utilità: «robot rotanti e moci estensibili per una pulizia che guarda al futuro» o, ancora, «spioncini di ultima generazione per vedere chi suona alla porta, un gadget intelligente che permette di visualizzare quello che succede all’ingresso direttamente sullo smartphone», ma ancora «pancia finta per bevitori di birra», oppure, per chi ha davvero molta paura di trovarsi sguarnito: «set da 60 calzini», «set di 100 gomme da cancellare» e via così. Le curve dei prezzi seguono le curve dei punti di domanda sui confini tra utilità / piacere / opportunità.
L’acquisto è una terapia per la paura di restare senza niente. Di niente ha molto scritto l’antropologo Alberto Sanza che dalla fine degli anni Sessanta vive, osserva e racconta la quotidianità di alcune popolazioni in vari paesi del continente africano. Uno dei suoi libri si intitola proprio Niente. Come si vive quando manca tutto. Come racconta l’antropologo: «Studiando le varie lingue africane mi sono reso conto che in pochissime esiste la parola POVERO, è sorprendente. Quando, in Sud Sudan, ho chiesto a un ragazzo di 18 anni (tutti trascorsi durante la guerra civile) mi ha risposto che in Africa non esistono i poveri perché non esistono gli ammortizzatori economici, quindi, se sei povero, non hai di che vivere e quindi non vivi. Mi ha poi aiutato con questa definizione: povero è colui che non può aiutare e non può più essere aiutato. Una definizione che parla di relazioni e non di denaro, non di possesso». Certi oggetti africani parlano, sono ontogrammi, continua Salza mostrando in un video su Youtube un martello del Congo utilizzato dai Pigmei per battere pezzi di corteccia e produrre vestiti. Girando il martello questo diventa una statua dal viso sereno: la rappresentazione della bellezza profonda che la foresta restituisce alla fine del lavoro.
In questi giorni mentre adocchiamo oggetti scontati da acquistare, proviamo a osservare non il solo prezzo ma le storie che raccontano. Cosa dice di noi quello spioncino fisso sulla nostra porta di ingresso? Che idea di mondo e di relazioni con gli altri racconta? E quel robottino che pulisce, si svuota, torna sulla sua casa ricaricante autonomamente, lui, cosa racconta del nostro rapporto con la (nostra) sporcizia? Saremo così forse un po’ più ricchi di visioni oltre che di oggetti.
Il niente da cui scappiamo, racconta Salza nella sua lunga vita accanto a chi, davvero, non ha niente, non è vuoto da riempire ma un destino sociale, il risultato di una concatenazione di assenze di educazione, diritti, salute. Sarebbe bello che tutto questo non avesse prezzo per nessuno.
Il niente da cui scappiamo, racconta Salza nella sua lunga vita accanto a chi, davvero, non ha niente, non è vuoto da riempire ma un destino sociale, il risultato di una concatenazione di assenze di educazione, diritti, salute. Sarebbe bello che tutto questo non avesse prezzo per nessuno.
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