Prestiti garantiti in cambio di scuole: in Africa il modello è la Costa d’Avorio
Il maggior produttore mondiale di cacao ha varato un esperimento finanziario innovativo: l’obiettivo è di riacquistare parte del debito estero più caro e di investire i 330 milioni di euro risparmiati in servizi di base

Nelle campagne intorno a Bouaké, quando la stagione secca alza la polvere e le piantagioni di cacao resistono a fatica al caldo, le scuole spesso restano lontane, raggiungibili solo dopo chilometri di strade sconnesse. Per migliaia di famiglie ivoriane, l’istruzione non è un diritto garantito: è un traguardo distante, sospeso tra raccolti incerti e redditi che cambiano con il clima. È dentro questa geografia vulnerabile che, alla fine del 2024, la Costa d’Avorio ha varato uno degli esperimenti finanziari più innovativi degli ultimi anni, una conversione debito-per-sviluppo. Con una garanzia da 240 milioni di euro fornita dalla Banca internazionale per la ricostruzione e lo sviluppo, lo Stato africano ha potuto accedere a un prestito commerciale in euro a condizioni migliori del mercato. L’obiettivo è di riacquistare parte del debito estero più caro, quello in scadenza tra il 2029 e il 2033, con tassi variabili fino all’8%, e trasformare quel risparmio in investimenti sociali. Il riacquisto dovrebbe ridurre il servizio del debito di circa 330 milioni di euro nel breve periodo e portare a una riduzione netta del debito di circa 60 milioni.
Questa operazione — parte di un pacchetto da 800 milioni di euro approvato da Banca mondiale a dicembre 2024 — non è una semplice manovra tecnica, piuttosto il tentativo di rompere una dinamica che da anni limita lo sviluppo ivoriano. Per finanziare il risanamento, il governo ha ottenuto un prestito di 400 milioni di euro con copertura al 60% da parte della stessa e con un profilo più sostenibile: durata 15 anni, con un periodo di moratoria di 7 anni. E soprattutto una precisa destinazione dei fondi: costruire 30 nuove scuole primarie, capaci di accogliere 30.000 bambini. Per capire il significato di questo passo bisogna considerare il contesto. La Costa d’Avorio è oggi una delle economie più dinamiche dell’Africa subsahariana, con una crescita del Pil che nel 2024 si aggira intorno al 6%. L’agricoltura resta centrale: il Paese è il maggior produttore mondiale di cacao, e milioni di piccoli agricoltori e le loro famiglie dipendono dalle coltivazioni. Ma il settore è vulnerabile. Il cambiamento climatico altera i cicli delle piogge, riduce le rese, spinge a nuove deforestazioni e mette sotto pressione comunità già fragili. La volatilità dei prezzi internazionali amplifica questi squilibri.
Le fragilità non mancano anche sul fronte sociale. Il 40% della forza lavoro si muove in attività prive di tutele, soprattutto agricole. La malnutrizione resta un problema serio: il Paese si colloca nel gruppo più critico dell’Indice globale della fame. E se la scolarizzazione primaria ha fatto passi avanti, restano ampie disparità territoriali, con molte aree rurali dove tre bambini su quattro non completano la scuola elementare. La sanità, nonostante alcuni miglioramenti nelle città, è segnata da divari marcati tra regioni e da strutture che spesso non riescono a rispondere ai bisogni di base. Dentro questo quadro, l’operazione di dicembre 2024 assume un valore più ampio. A differenza delle riconversioni del debito su obiettivi climatici realizzati in altri Paesi, la Costa d’Avorio ha scelto un modello snello: è lo stesso governo di Abidjan a gestire la ristrutturazione, senza i costi legali e transattivi degli schemi complessi mediati da investitori. Questo riduce i tempi, abbatte le spese e, soprattutto, rafforza la credibilità dello Stato. Il risparmio ottenuto consentirà di migliorare la curva del debito, riducendo il peso delle prossime scadenze, e di consolidare la traiettoria discendente del debito pubblico già avviata negli ultimi anni.
È anche un segnale politico. In un momento in cui molti Paesi a reddito medio-basso vedono restringersi l’accesso ai mercati, la Costa d’Avorio dimostra che esistono margini per combinare gestione prudente del debito e investimento sociale. I benefici fiscali della manovra sono immediati, ma quelli più profondi potrebbero emergere nel lungo periodo: scuole nuove, insegnanti assunti, bambini che entrano nel sistema educativo anziché restarne ai margini. L’esperimento ivoriano non risolve da solo le fragilità strutturali di un’economia dipendente da materie prime esposte agli choc climatici, ma mostra un’alternativa possibile. Se riuscirà a tradurre il risparmio in infrastrutture educative reali, il Paese potrà consolidare un modello replicabile anche altrove: un debito meno oneroso che si converte in capitale umano. È un equilibrio delicato, ma è esattamente lì, nel punto in cui finanza e società si incontrano, che si gioca il futuro della Costa d’Avorio.
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