Putin in India, Macron in Cina: la doppia partita per l'Ucraina
di Luca Miele
Il presidente russo ostenta i legami personali e politici con Modi. Il capo dell'Eliseo preme su Pechino. Gli scenari (e gli intrecci) diplomatici

Mentre vanno in scena i complicati, incerti e ondivaghi tentativi di porre fine alla guerra in Ucraina, la macchina diplomatica registra due importanti “missioni”. Il presidente russo Vladimir Putin è volato in India, quello francese Emmanuel Macron in Cina. È possibile intravvedere in queste fibrillazioni un filo conduttore? Indovinare un ordine dietro il caos? Le partite sono diverse, ma profondamente intrecciate. Al centro di una scena geopolitica sempre più tormentata, troneggia l’Ucraina con il dramma che la insanguina ormai da oltre tre anni e mezzo, e con l’ordine mondiale scosso da un (pericoloso) processo di riassestamento, ridefinizione – se non disintegrazione – di un equilibrio che ha retto il mondo dal crollo dell’Unione Sovietica. E che ora sembra sempre più vicino a un punto di rottura.
Sbarcando in India, lo “zar” russo è stato accolto direttamente all’aeroporto di Delhi dal primo ministro indiano Narendra Modi, «un gesto raro – ha notato la “Reuters” – che sottolinea i profondi legami tra i due Paesi. Si sono abbracciati sul tappeto rosso dopo che Putin è sceso dall'aereo, per poi allontanarsi a bordo dello stesso veicolo». Manifestazioni calorose tra i due leader che non sono certo nuove e segnano un ancoraggio decisivo per la Russia, desiderosa di mostrare i legami che la saldano ai due giganti asiatici – all’India, appunto, ma anche alla Cina con la quale Mosca ha stretto «un’amicizia senza limiti» –, aldilà dell’ostracismo occidentale. New Delhi è, insomma, una sponda importante per Mosca, fermo restando che l’India – come d’altronde la stessa Cina – persegue obiettivi strategici propri, che si affiancano a quelli russi ma non coincidono interamente con essi.
Il Paese asiatico è il terzo consumatore mondiale di petrolio greggio. E acquista volumi cospicui dalla Russia. Non è sempre stato così. Prima dell'invasione su vasta scala dell'Ucraina, solo il 2,5% delle importazioni di petrolio dell'India proveniva dalla Russia. «Questa percentuale – scrive la Bbc – è balzata al 35% quando l'India ha approfittato degli sconti sui prezzi russi, indotti dalle sanzioni contro Mosca e dal limitato accesso della Russia al mercato europeo». Una dinamica simile si è riprodotta nel campo del commercio bilaterale. Che è letteralmente esploso in una manciata di anni, passando da 13 miliardi di dollari nel 2021 a quasi 69 miliardi di dollari nel 2024-25. E che ora punta, nell’intenzione dei due Paesi, a raggiungere quota cento miliardi di dollari entro il 2030.
Ossigeno per le finanze russe, colpite dalle sanzioni occidentali e compresse dall’economia di guerra. Ma anche la dimostrazione che – nonostante l’ansia di decretarne la morte politica militare (e in alcuni casi persino fisica), Putin è vivo e vegeto. E, azzarda il sito di analisi Asia Times, «con la guerra in Ucraina ha silenziosamente esteso il suo raggio d’azione fino ai confini di India e Cina». Altro inciampo prospettico lo si rischia aprendo il dossier che contiene le richieste che il presidente francese ha deciso di recapitare al “collega” cinese Xi Jinping. Non ultima quella di “irrobustire” la sua influenza, personale e politica, per spingere Putin a porre fine al conflitto in Ucraina. Siamo davanti a uno scenario possibile o a mere illusioni? La risposta l’ha data Cui Hongjian, direttore del Centro per gli Studi sull'Unione Europea presso l'Università di Pechino al “Global Times”, “voce” del Partito comunista cinese. «L'Europa ha da tempo una percezione eccessivamente semplicistica delle relazioni Cina-Russia. Il rapporto tra Pechino e Mosca non è una dinamica unidirezionale come alcuni in Europa la dipingono, ma una normale relazione bilaterale tra due Stati indipendenti e sovrani». Se l'Europa pensa di fare pressione sulla Cina, insiste l’esperto, «il risultato sarà probabilmente controproducente».
Quale è allora la (vera) posizione della Cina sulla guerra? I tentativi diplomatici del gigante asiatico sono mai andati oltre la sfera dell’enunciazione retorica (come il piano in dodici punti proposto nel febbraio del 2023 e inabissatosi subito dopo)? Quali sono gli obiettivi della neutralità cinese? Una cosa sembra certa. Ed è stata restituita, con un’insolita franchezza, lo scorso luglio dal ministro degli Esteri cinese Wang Yi. Come riportato dalla Cnn, il capo della diplomazia cinese ha detto chiaro e torno che la Cina non potrebbe «accettare che la Russia perda la guerra contro l’Ucraina». Una posizione che gli strateghi dell’Occidente dovrebbero tenere presente.
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