Un altro sacerdote cattolico rapito in Nigeria
di Redazione
La piaga dei ricatti a scopo di estorsione affligge in particolare i cristiani, che costituiscono l'80% dei nigeriani istruiti e hanno in mano l'85% dell'economia
Ancora un sacerdote cattolico sequestrato in Nigeria a scopo di estorsione. Lo rende noto l'agenzia Fides. Padre Emmanuel Ezema è stato catturato da uomini armati che hanno assalito la canonica della parrocchia San Pietro a Rumi, intorno alle 11.30 del 2 dicembre. La diocesi di Zaria, che si trova nello stato nordoccidentale di Kaduna, ha chiesto ai fedeli di pregare per una rapida liberazione. Quello dei rapimenti per estorcere un riscatto è un dramma che colpisce tutte le categorie sociali. A causa dell’insicurezza crescente, il presidente Bola Ahmed Tinubu ha dichiarato lo stato di emergenza. Nelle zone più colpite dalla violenza e dai sequestri di persona, è stata ordinata la chiusura delle scuole.
Su un presunto "genocidio" di cristiani è intervenuto, pochi giorni fa, l'arcivescovo di Sokoto, Matthew Hassan Kukah. Parlando alla 46esima assemblea suprema dei Cavalieri di San Mulumba, ordine cavalleresco cattolico fondato a Onitsha nel 1953, ha messo in dubbio i dati riportati da diversi organi di stampa. «Si dice che in Nigeria vengano bruciate 1.200 chiese ogni anno, e mi chiedo: in quale Nigeria? È interessante notare che nessuno si è rivolto alla Chiesa cattolica per ottenere dati precisi. Non sappiamo da dove provengano queste cifre». Invitando a rivolgersi alla Conferenza episcopale nigeriana per verificare i dati pubblicati da fonti non sempre affidabili, monsignor Kukah ha insistito: «Tutti quelli che parlano di persecuzione, hanno mai chiamato per chiedere: "Vescovo Kukah, qual è la situazione?". Coloro che fanno circolare certe cifre evitano abilmente di chiedere alla Chiesa cattolica perché sanno che i cattolici non si abbandonano al sentito dire». Ricordando che «la definizione di genocidio si basa sull'intenzione di eliminare un gruppo di persone», e non sul numero delle vittime, l'arcivescovo ha spiegato: «Se sei cristiano in Nigeria e dici di essere perseguitato, la mia domanda è: come? Almeno l'80% dei nigeriani istruiti sono cristiani e fino all'85% dell'economia nigeriana è controllata dai cristiani. Con queste cifre, come si può dire che i cristiani siano perseguitati?».
A riferire il discorso di monsignor Kukah è l'agenzia Fides. La diocesi di Sokoto, nel nord del Paese, si trova nel territorio da dove storicamente l'islam è stato introdotto in Nigeria. L'arcivescovo Kukah, dieci anni fa, ha promosso il Comitato nazionale di pace, organismo nato per favorire lo svolgimento pacifico delle elezioni generali del 2015 e del quale fanno parte tuttora esponenti delle diverse fedi e della società civile. Di recente, esponenti del Congresso degli Stati Uniti hanno denunciato un presunto genocidio di cristiani in Nigeria e il presidente americano Donald Trump ha riclassificato il Paese come «di particolare preoccupazione» al riguardo, minacciando azioni militari se il governo non porrà fine alla «persecuzione dei cristiani».
Papa Leone XIV, di recente, ha rivolto un accorato appello per la liberazione di sacerdoti, fedeli, studenti rapiti in Nigeria e in Camerun. E dal Camerun arriva una buona notizia: è stato liberato padre John Berinyuy Tatah, il parroco di Babessi, rapito insieme al suo vicario il 15 novembre nel sud-ovest del Paese. Il suo rilascio, avvenuto il 2 dicembre, arriva pochi giorni dopo la scadenza del 26 novembre fissata dall'arcivescovo di Bamenda, Andrew Nkea Fuanya, che aveva avvertito che le istituzioni cattoliche della zona sarebbero state chiuse se il sacerdote non fosse stato liberato.
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