A quale età si diventa grandi?

La discussione sull'educazione sessuale ha acceso un confronto su cosa e quanto sia opportuno fare, ma soprattutto a quale età. Rispolverando timori (e cautele) senza tempo
November 12, 2025
A quale età si diventa grandi?
Le paure raccontate dai media in queste ultime ore seguono la discussione parlamentare sull’educazione sessuale a scuola. In questo procedere comprensibilmente pieno di paure e attenzioni (a chi parlare, come, quando, perché) mi ha colpito il valore assunto dall’età come elemento discriminante. Dopo un acceso dibattito tra le forze parlamentari, le scuole medie sono state escluse dal divieto e quindi incluse nei percorsi di educazione alla sessualità, sempre previo consenso dei genitori. In questa geografia anagrafica resta in vigore il divieto per la scuola primaria e quella dell’infanzia. Ma cosa significano questi passaggi di età da un punto di vista antropologico?
Operando una radicale sintesi si può dire (spero) che per l’antropologia, le età della vita non sono scansioni biologiche, ma categorie sociali. Neonati, bambine, giovani, adulte e adulti, anziane e anziani: il nostro vivere sociale assegna a ogni età diversi livelli di soggettività giuridica, diverse possibilità finanziarie, diverse qualità fisiche e diversi livelli di autonomia. I limiti tra bambino/a -- ragazzo/a - adulto/a non sono universali: dipendono da valori, economie, visioni del corpo, relazioni sociali. Come scrivono gli antropologi Jean e John Comaroff: «Le età della vita sono indicatori morali prima che biologici». Dunque, la domanda - quando si smette di essere bambini? -  ne porta con sé altre che guardano al corpo: quando un corpo è considerato responsabile? Desiderabile? Produttivo? Pericoloso? Puro?
Fare un giro altrove attraverso le ricerche antropologiche ci aiuterà come sempre a sciogliere le paure. Relativamente all’infanzia, gli studi etnografici raccontano di come in alcune società si è bambini fino alla dentizione completa, in altre fino ai primi compiti lavorativi o all’abbandono della cosiddetta "protezione spirituale". Tocca dire che l’antropologia, in quanto sapere nato e cresciuto nelle università europee di fine Ottocento, ha riprodotto a lungo le divisioni di genere delle società in cui si è sviluppata. Di conseguenza, a occuparsi per prime dell’infanzia sono state – ça va sans dire - antropologhe donne. Tra queste, Margaret Mead ha fatto a lungo ricerche sull’età evolutiva in varie località del Pacifico e fu tra le prime a descrivere come siano le società a modellare il tipo di esperienze e apprendimenti tipici per ogni età. L’adolescente samoana, per esempio, agli occhi dell’antropologa non viveva quel disagio generazionale tipico della società statunitense da cui Mead proveniva. Genitori di adolescenti, pensate di trasferirvi a Samoa.
Se in Unione Europea esistono 27 modi diversi di calendarizzare l’età opportuna per parlare di educazione alla sessualità a scuola, potete immaginare quanto vasto sia il repertorio fuori dai confini europei. Nel suo fondamentale libro “Che cos’è un bambino?” Beatrice Alemagna scrive: «Tutti i bambini sono persone piccole che un giorno cambieranno». Il corpo delle persone piccole nasce preso in braccio e toccato da altri, non potrebbe essere altrimenti, non potremmo sopravvivere senza quel tocco. Presto la piccola persona deve imparare la geografia del suo corpo e imparare che è solo suo, staccato dagli altri e che alla mano degli altri, a qualunque età, si può dire no. Perché un giorno la persona piccola diventi una grande persona rispettosa, è fondamentale insegnarle tutto questo senza paure. All'età che riteniamo opportuna, ovviamente. Ma questo viene dopo.
 
 

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