Il soldato Tamir è tornato da Gaza. Avrà per sempre 18 anni
Dietro la sua branda teneva un biglietto: «Cerca di aiutare tutti quelli che puoi, e non fare del male a nessuno». Era stato catturato da Hamas e portato via come ostaggio

«Cerca di aiutare tutti quelli che puoi, e non fare del male a nessuno». È il biglietto che il soldato Tamir, 18 anni, si era appuntato sul muro dietro alla sua branda, in caserma. Tamir Nimrodi era israeliano, richiamato non appena finito il liceo. Non avrebbe voluto partire, dice sua madre. Tamir è tornato: dopo quasi due anni, fra i cadaveri degli ostaggi restituiti da Hamas. La madre accanto alla bara piange, circondata da una immensa folla. Sono venuti a migliaia a Kfar Saba, a nord est di Tel Aviv, per quel soldato ragazzo. I suoi compagni di scuola piangono. Come non potessero crederci. Le ore sui libri, gli scherzi, i progetti sul futuro: niente più, per Tamir. Avrebbe 20 anni ora. Ma ne avrà, per sempre, 18. Se in una delle piazze in cui si radunano folle che non distinguono Netanyahu dal popolo di Israele, su uno schermo, venisse proiettata la foto di Tamir in divisa da soldato, partirebbero fischi e insulti. Ma ciascun uomo va guardato nel suo essere unico. E guardando Tamir si vedrebbe semplicemente un ragazzino, e nemmeno di quelli che fanno i bulli, ma invece uno timido, e un po’ ansioso.
Uno comandato alle armi. Come i nostri bisnonni e nonni nelle due grandi guerre. Fanti mandati a morire sul Piave o nelle Ardenne, a decine di migliaia. Decine di migliaia di ragazzi. E ancora accade. In Israele, in Russia, in Ucraina, arriva la cartolina di precetto e, o scappi, o devi andare. Una gran pietà, più forte dell’odio, susciterebbe, se guardata bene, la faccia di Tamir, in una piazza che urla, giustamente, contro il massacro a Gaza, ma sconfina in un antico viscerale antisemitismo. Lui, in verità, è stato portato via dalla guerra come un tornado strappa gli alberi più giovani e esili dai viali: rapito e annichilito dalla guerra. Piange sua madre, che ancora sperava di riabbracciarlo, come ogni madre del mondo piange suo figlio. Il suo dolore lo capirebbero almeno, le folle ostili che arrivano a inneggiare al 7 ottobre? Secondo Hamas, Tamir, preso in ostaggio, sarebbe morto sotto le bombe dell’Esercito israeliano. Se è vero, in questa guerra atroce quel ragazzo non avrebbe fatto del male a nessuno. E probabilmente, nell’interminabile buio della prigionia, ha cercato di aiutare chi gli era accanto. Come era scritto in quel biglietto appeso sopra alla sua branda. Come un epitaffio per Tamir - che avrà 18 anni per sempre.
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