Il Senato ha dato il via libera alla Manovra
I sì sono stati 110, 66 i no e due astenuti. Approvata anche la Nota di variazione sulla legge di Bilancio. Renzi: «Più tempo a Baglioni che alla legge di Bilancio»

L'aula del Senato ha dato il via libera alla Manovra, che ora passa all'esame della Camera. I sì sono stati 110, 66 i no e due astenuti. Approvata anche la Nota di variazione sulla legge di Bilancio. A Montecitorio la discussione generale inizierà il 28 dicembre, mentre il giorno successivo il governo porrà la questione di fiducia sul testo. La votazione finale è prevista per martedì 30. Entro il 31 dicembre deve avvenire l'approvazione definitiva della legge di Bilancio, altrimenti scatta l'esercizio provvisorio. Prima della sospensione dei lavori, era stata votata la fiducia posta dal governo sul maxiemendamento: 113 voti favorevoli, 70 contrari e due astenuti.
La Manovra vale complessivamente «circa 22 miliardi di euro». Lo ha detto il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti parlando con i giornalisti a Palazzo Madama. L'ammontare complessivo, inizialmente pari a 18,7 miliardi, «è salito - ha spiegato il ministro - perché con l'ultimo maxi-emendamento abbiamo integrato gli stanziamenti per Transizione 5.0, la Zes e sull'adeguamento prezzi».
Stralciate cinque norme dal testo, tra cui quella sui lavoratori sottopagati. Il dietrofront sulla stretta sui lavoratori era arrivato ieri sera, alla fine di una lunga giornata in Senato e dopo molteplici interlocuzioni all'interno del governo, con la maggioranza e anche con le opposizioni. Nel corso della riunione della commissione Bilancio di Palazzo Madama, con il ministro dei Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani e i gruppi, si è deciso anche di stralciare la norma sulle porte girevoli nella pubblica amministrazione: la misura avrebbe ridotto da tre a un anno il tempo per poter ricoprire un ruolo dirigenziale nel privato dopo un incarico apicale nella Pa nello stesso settore. Via anche le disposizioni in materia di magistrati fuori ruolo, tra cui la riduzione da dieci a quattro anni dell'anzianità di servizio per poter essere autorizzati al collocamento fuori ruolo e la revisione della disciplina del personale Covip. Nel maxi-emendamento, invece, non è presente la misura riguardante lo spoil system per le Authority, una norma che - secondo quanto viene riferito da fonti parlamentari - non sarebbe vista con favore neanche dal Colle.
La norma sui lavoratori sottopagati prevedeva che non bastava più un ricorso davanti a un giudice per vedersi riconoscere gli arretrati. «Anticostituzionale, vergognosa, una vigliaccata», le dichiarazioni dei leader dell'opposizione. Un ennesimo «attacco» ai diritti dei lavoratori per la Cgil. Una misura che certo fa discutere, ma che non cambia il punto di vista del ministro dell'Economia: non fa fatica a riconoscere il «percorso tortuoso» della legge di Bilancio, ma «l'importante e arrivare in vetta, non c'è un'altra strada». Da qui la soddisfazione e non solo per la manovra 2026, ma per tutto il lavoro fatto, che rivendica e difende in Aula davanti ai senatori: «La nostra prudenza non è affatto stagnante e della nostra prudenza beneficeranno i governi del futuro, anche - chiosa rivolgendosi alle opposizioni - i vostri». Forse tutto ciò non passerà alla storia, si schermisce, ma «grazie a questo tipo di politica l'Italia si presenta a testa alta in Europa e nel mondo».
Gli interventi sui lavoratori, la tassa sui pacchi, la spinta alla previdenza complementare: il titolare del Tesoro ha spiegato nel merito le ragioni delle scelte compiute, che spesso sono - secondo la sua lettura - dettate da lungimiranza. E se è vero che gli equilibri in Parlamento e fra Parlamento e governo sono mutati, è anche vero che altri grandi Paesi europei mostrano di non essere in grado di approvare i rispettivi bilanci. L'Italia, invece, lo fa. O, meglio, lo sta per fare. Certo il ministro riconosce alcune criticità come quelle che toccano l'architettura istituzionale: «C'è un monocameralismo che constatiamo da diversi anni: questo dovrebbe interrogare tutti noi su come le democrazie parlamentari dovrebbero aggiornarsi per essere al passo coi tempi». Parole che arrivano dopo toni accesi e grandi distanze rimarcate non solo dai partiti avversari al governo, ma anche all'interno della maggioranza. Che nelle convulse giornate a Palazzo Madama - dove la manovra si avvia a essere approvata - hanno visto una andirivieni di misure e numerose riscritture, a partire dalle pensioni.
Poi ci sono state anche battaglie condivise fra i partiti alleati alla guida del Paese, come quelle che hanno puntato a rafforzare il raggio di azione degli interventi sulla casa e la scuola. E proprio fra le novità più inaspettate nella volata finale la maggioranza ha trovato l'intesa e le risorse per far salire fino a 200mila euro il valore catastale della prima abitazione ai fine Isee. Con le opposizioni, come è in gran parte normale che sia, di intese neanche l'ombra. Il Pd fino all'ultimo stigmatizza le lentezze del Tesoro, in commissione prima e in Aula poi: poche ore dal voto finale con tanto di fiducia in Senato - evidenzia il capogruppo Dem Francesco Boccia - non c'è traccia del maxiemendamento. I senatori di Pd, M5S e Avs hanno esposto dei cartelli rossi con la scritta bianca "Voltafaccia Meloni". «Quest'aula ha dedicato più tempo a organizzare il concerto di Baglioni che non a dibattere della legge di Bilancio. E la colpa non è del Parlamento, la responsabilità è del governo», ha concluso Matteo Renzi.
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