Il flop Vannacci, il caso Zaia: dentro la crisi della Lega
La debacle in Toscana ha riaperto la polemica con l'ala interna contraria al generale e favorevole a un ritorno sul territorio. Ora si studia una soluzione col governatore sul Veneto

Matteo Salvini è certo che il Veneto non lo deluderà e lì potrà prendersi la sua rivincita, ma certamente la debacle toscana, il caso-Vannacci e il sorpasso sbandierato di Forza Italia riaccendono la polemica interna Il 4,4% della tornata elettorale di domenica scorsa è stato un duro colpo, che la lettura noncurante del vicesegretario Roberto Vannacci (che porta a casa l’unico eletto del Carroccio Massimiliano Simoni) più che attutire riesce ad amplificare.
Il vicepremier aveva affidato al generale il coordinamento della campagna elettorale. Ma Vannacci non si scompone: «Chi pensa che io mi fermi, non mi conosce», replica a chi gli punta il dito. Anzi, spiega in un video, «questi sono i risultati che mi fanno andare avanti più determinato. Grazie a tutti i patrioti che hanno voluto sostenere la Lega in questa battaglia impari, noi andremo sempre avanti». E se ripete che «chi vota ha sempre ragione», motivo per cui fa gli auguri al vincitore Eugenio Giani, non altrettanto vale per chi si astiene. «Chi non ha votato non si lamenti - dice - perché se non partecipi non puoi pretendere niente».
Ma in via Bellerio l’analisi della sconfitta prende in considerazione ben più elementi. Per il capogruppo al Senato Massimiliano Romeo «queste elezioni in Toscana confermano ancora una volta l’importanza che ha il territorio per la Lega». Perché, spiega, «va bene il contributo di chi può dare un valore aggiunto, ma se si perde l’identità, il territorio e la militanza non ci si può meravigliare del calo di fiducia».
Qualche sassolino dalla scarpa se lo toglie anche la collega europarlamentare Susanna Ceccardi, dirigente di riferimento in Toscana, che ha sofferto nei mesi scorsi dall’onnipresente Vannacci. Nel complimentarsi con Elena Meini, la più votata della Lega, critica l’«ingiusta» legge elettorale che ha premiato chi era nel listino bloccato.
Anche dagli alleati qualche segnale indiretto arriva. «Non mi permetto di commentare le scelte di altri partiti alleati», premette il responsabile Organizzazione di FdI Giovanni Donzelli. Ma in Toscana, sottolinea, il partito della premier è cresciuto come mai prima, con 13 consiglieri regionali conquistati. Eppure non è bastato. «Volevamo vincere, quindi complimenti a Giani. Valuteremo come mai non abbiamo vinto. Certamente sappiamo che la Toscana è una terra più difficile per il centrodestra. Siamo arrivati tardi con i tempi, con gli alleati c'è stato un po' di ritardo. Se la coalizione avesse tirato di più avremmo vinto ma con i se e con i ma non si fa niente».
Dal canto suo anche il leader di FI Antonio Tajani si dice soddisfatto del risultato in una regione ostile al centrodestra. Gli azzurri sono cresciuti rispetto alle europee e in Toscana sono il secondo partito della coalizione.
Per il ministro dei Trasporti è ora il momento della rivincita con il voto del 23 e 24 novembre in Veneto. Salvini chiama i vertici del Carroccio a stringersi al candidato Alberto Stefani, che potrebbe trovarsi alla fine sostenuto anche da una lista Zaia. Secondo quanto apprende l’Agi, il governatore uscente avrebbe sciolto la riserva e sarebbe pronto a correre alle regionali come capolista della lista della Liga veneta, pronto anche a restare in Veneto come presidente del Consiglio regionale o a candidarsi alle suppletive nel seggio lasciato libero da Stefani.
Anche nel centrosinistra i riflettori sono già puntati all’election day del prossimo mese. Il giorno dopo i brindisi e gli abbracci, si torna al lavoro per sedare gli animi in Campania, dove il presidente uscente De Luca si impunta sulla questione del codice etico presentato dal candidato della coalizione Roberto Fico. L’incontro tra i due in vista della possibile staffetta è stato definito «positivo» da entrambi, con la promessa dell’ex presidente della Camera che, in caso di vittoria, sarà tenuto conto del lavoro di questi anni del governatore sceriffo. Si continua a lavorare per smussare gli angoli sul programma del candidato 5 stelle. Ma la prospettiva di valutare i nomi da mettere in lista in base al codice etico non piace a Vincenzo De Luca. Il figlio Piero continua a tessere la tela.
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