giovedì 11 aprile 2019
Francesco ai leader del Paese in conclusione del ritiro spirituale: avete avviato un processo di pace, che finisca bene. "Diventerete così padri della Nazione" che nascerà il 12 maggio
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"Cari fratelli e sorelle, la pace è possibile. Non mi stancherò mai di ripetere che la pace è possibile! Ma questo grande dono di Dio è allo stesso tempo anche un forte impegno degli uomini responsabili verso il popolo". Così papa Francesco si è rivolto alle autorità civili ed ecclesiastiche del Sud Sudan, al termine del ritiro spirituale presso la Domus Sanctae Marthae in Vaticano.

Citando l'omelia pronunciata il 23 novembre 2017 durante la celebrazione per la pace in Sud Sudan e nella Repubblica Democratica del Congo, il Pontefice ha ribadito: "Noi cristiani crediamo e sappiamo che la pace è possibile perché Cristo è risorto e ha vinto il male con il bene, ha assicurato ai suoi discepoli la vittoria della pace su quei complici della guerra che sono la superbia, l'avarizia, la brama di potere, l'interesse egoistico, la menzogna e l'ipocrisia".

"Auspico di cuore che definitivamente cessino le ostilità, che l'armistizio sia rispettato, per favore, che l'armistizio sia rispettato - ha ripetuto -, che le divisioni politiche ed etniche siano superate e che la pace sia duratura, per il bene comune di tutti i cittadini che sognano di cominciare a costruire la Nazione". Così papa Francesco al presidente Salva Kiir e al suo rivale ed ex vicepresidente Riek Machar. «Coltivo la speranza di potermi recare nella vostra amata nazione», ha aggiunto.

"Con grande fiducia ho appreso, nel settembre scorso, che i più alti rappresentanti politici del Sud Sudan avevano stipulato un accordo di pace", ha detto il Pontefice. Perciò, "oggi mi congratulo con i firmatari di tale documento, sia con voi qui presenti sia con quelli assenti, senza escludere nessuno; in primo luogo con il Presidente della Repubblica e i capi dei partiti politici, per la scelta della via del dialogo, per la disponibilità al compromesso, per la determinazione di raggiungere la pace, per la prontezza di riconciliarsi e per la volontà di attuare quanto concluso".

Il Papa ha poi recitato una preghiera e infine si è inginocchiato davanti ai leader del Sud Sudan, ancora appellandosi al futuro del nuovo Stato che nascerà il 12 maggio e baciando i piedi al presidente della Repubblica Salva Kiir Mayardit, e ai vice presidenti designati presenti, tra cui Riek Machar e Rebecca Nyandeng De Mabior. Un momento intenso e forte di accompagnamento per il nuovo Stato che vedrà la luce tra poche settimane.

La preghiera per il Sud Sudan

"Padre santo, Dio di infinita bontà, Tu ci chiami a rinnovarci nel tuo Spirito e manifesti la tua onnipotenza soprattutto nella grazia del perdono. Riconosciamo il tuo amore di Padre quando pieghi la durezza dell'uomo e in un mondo lacerato da lotte e discordie lo rendi disponibile alla riconciliazione. Molte volte gli uomini hanno infranto la tua alleanza e Tu, invece di abbandonarli, hai stretto con loro un vincolo nuovo per mezzo di Gesù, tuo Figlio e nostro redentore: un vincolo così saldo che nulla potrà mai spezzarlo".

"Ti preghiamo di agire, con la forza dello Spirito, nell'intimo dei cuori, perché i nemici si aprano al dialogo, gli avversari si stringano la mano e i popoli si incontrino nella concordia. Per tuo dono, o Padre, la ricerca sincera della pace estingua le contese, l'amore vinca l'odio e la vendetta sia disarmata dal perdono, perché affidandoci unicamente alla tua misericordia ritroviamo la via del ritorno a Te, e aprendoci all'azione dello Spirito Santo viviamo in Cristo la vita nuova, nella lode perenne del tuo nome e nel servizio dei fratelli", conclude il Papa.

La speranza di una svolta

Ora è più forte la speranza che si sia davvero a una svolta per uno dei conflitti che hanno maggiormente insanguinato negli ultimi anni il cuore dell’Africa. Il Sud Sudan è il Paese più giovane del mondo con i suoi sette anni e mezzo di vita. La proposta di riunire le massime autorità civile ed ecclesiastiche del Sud Sudan alla Casa Santa Marta era arrivata a papa Francesco dall'arcivescovo di Canterbury, Justin Welby, con l'obiettivo di offrire, da parte della Chiesa, "un'occasione per la riflessione e la preghiera, nonché per l'incontro e la riconciliazione, in uno spirito di rispetto e di fiducia, a coloro che in questo momento hanno la missione e la responsabilità di lavorare per un futuro di pace e di prosperità del popolo sud sudanese”, aveva detto il portavoce vaticano Alessandro Gisotti.

Oltre a Salva Kiir e a Machar, per anni in conflitto, hanno preso parte al ritiro anche altri tre vicepresidenti designati (James Wani Igga,Taban Deng Gai e Rebecca Nyandeng De Mabior) oltre a otto membri del Consiglio delle Chiese del Sud Sudan. I predicatori del ritiro sono stati monsignor John Baptist Odama, arcivescovo di Gulu (Uganda), e padre Agbonkhianmeghe Orobator, presidente della Conferenza dei Superiori Maggiori dell'Africa e Madagascar. Ai partecipanti al ritiro è stata consegnata una Bibbia firmata da papa Francesco, dall'arcivescovo Welby e da padre John Chalmers, già moderatore della Chiesa Presbiteriana di Scozia, con il messaggio “Ricerca ciò che unisce. Supera ciò che divide”.

Nel caso di Machar, che da tempo si trova agli arresti domiciliari a Khartum, il viaggio è stato autorizzato da parte dell'Autorità intergovernativa per lo sviluppo (Igad), un organismo regionale. Rafforzare la fiducia tra i leader del Paese dopo anni di conflitto intercomunitario è fondamentale.

Il nuovo Stato nascerà il 12 maggio

Per il prossimo 12 maggio è prevista la formazione di un governo di transizione. L'accordo di pace tra il governo e l'opposizione armata, firmato lo scorso agosto a Khartum e ratificato a settembre ad Addis Abeba, mira a porre fine al conflitto che si prolunga dalla fine del 2013 e che ha provocato 200mila morti e 2 milioni di sfollati.

Lo sfruttamento delle risorse del sottosuolo, soprattutto il petrolio, è secondo molti analisti tra i motivi principali alla base del conflitto nel Paese diventato indipendente dal Sudan nel luglio 2011.

L'accordo di pace prevedeva un periodo di otto mesi per la creazione di un esercito nazionale che integri i combattenti ribelli. La maggior parte dei gruppi ribelli nel Sud Sudan, compresa la fazione principale guidata dall'ex vicepresidente Machar, ha accettato il patto, che è il secondo tentativo di porre fine al conflitto e sul quale papa Francesco parlò già con il presidente Salva Kiir nell'udienza in Vaticano lo scorso 16 marzo. In quell'occasione, riferiva il comunicato della Sala stampa vaticana, tra l'altro "ci si è soffermati sulle questioni concernenti l'attuazione dell'accordo raggiunto recentemente dai diversi attori politici, in vista della soluzione definitiva dei conflitti, del ritorno dei profughi e degli sfollati nonché dello sviluppo integrale del Paese". In questo contesto, "Sua Santità ha espresso il desiderio che si verifichino le condizioni di una Sua possibile visita in Sud Sudan, come segno di vicinanza alla popolazione e di incoraggiamento al processo di pace".

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