La donna incinta che aspetta gioiosa l’incontro con il figlio che sta per nascere e tutti i giorni si tocca la pancia per accarezzarlo. È l’immagine che Papa Francesco usa, alla Messa a Casa Santa Marta, per spiegare cosa sia la speranza che, appunto, è vivere in vista dell’incontro concreto con Gesù, non è qualcosa di astratto. E la saggezza è saper gioire dei “piccoli incontri della vita con Gesù”.
Vatican News - Deborah Donnini
Cittadinanza ed eredità
Il Papa inizia la sua omelia riflettendo su due parole del messaggio liturgico di oggi: “cittadinanza” ed “eredità”. A parlare di cittadinanza è, infatti, la Prima Lettura tratta dalla Lettera di San Paolo agli Efesini (Ef 2,12-22). “E’ un regalo che Dio ci ha fatto” quello di averci reso “cittadini” e consiste nell’averci dato un’identità, “una carta d’identità”. Dio in Gesù, infatti, “ha abolito la Legge” per riconciliarci, eliminando l’inimicizia, così che possiamo “presentarci, gli uni e gli altri, al Padre in un solo Spirito”, cioè “ci ha fatto ‘uno’”, sottolinea Papa Francesco. Così “siete concittadini dei santi” in Gesù. E “la nostra identità è proprio questo essere guariti dal Signore, essere costruiti in comunità e avere lo Spirito Santo dentro”, prosegue il Papa.
Dio, quindi, “ci fa camminare” verso l’eredità, con questa sicurezza, quella di essere “concittadini” e che “Dio è con noi”. E l’eredità – spiega Francesco – “è quello che noi cerchiamo nel nostro cammino, quello che riceveremo alla fine”. Ma bisogna cercarlo ogni giorno e quello che porta avanti nel cammino della nostra identità verso l’eredità è proprio la speranza, “la virtù forse più piccola, forse più difficile da capire”.
Se speri, mai sarai deluso
Fede, speranza e carità sono un dono. La fede è facile da comprendere come anche la carità. “Ma la speranza, cosa è?”, domanda Francesco sottolineando che, sì, è sperare il Cielo, di “incontrare i santi”, “una felicità eterna”. “Ma cosa è il Cielo, per te?”, chiede ancora il Papa:
Vivere in speranza è camminare, sì, verso un premio, verso la felicità che non abbiamo qui ma l’avremo là … è una virtù difficile da capire. E’ una virtù umile, molto umile. E’ una virtù che non delude mai: se tu speri, mai sarai deluso. Mai, mai. E’ anche una virtù concreta. “Ma come può essere concreta, se io non conosco il Cielo o quello che mi aspetta?”. La speranza, l’eredità nostra che è la speranza verso qualcosa, non c’è un’idea, non c’è essere in un posto bello … no. E’ un incontro. Gesù sempre sottolinea questa parte della speranza, questo essere in attesa, incontrare.
La donna incinta che vive per l’incontro con il figlio
Nel Vangelo odierno (Lc 12,35-38) consiste nell’incontro del padrone quando torna dalle nozze. Quindi è sempre un incontro con il Signore, qualcosa di concreto. E per farlo comprendere, Papa Francesco fa, appunto, un esempio concreto:
A me viene in mente, quando penso alla speranza, un’immagine: la donna gravida, la donna che aspetta un bambino. Va dal medico, gli fa vedere l’ecografia – “ah, sì, il bambino … va bene” … No! E’ gioiosa! E tutti i giorni si tocca la pancia per accarezzare quel bambino, è in aspettativa del bambino, vive aspettando quel figlio. Questa immagine ci può far capire che cosa sia la speranza: vivere per quell’incontro. Quella donna immagina come saranno gli occhi del figlio, come sarà il sorriso, come sarà, biondo o nero… ma immagina l’incontro con il figlio. Immagina l’incontro con il figlio.
Saper gioire dei piccoli incontri con Gesù
Il Papa ribadisce, quindi, che questa immagine della donna incinta può aiutare a capire cosa sia la speranza e a farsi alcune domande:
“Io spero così, concretamente, o spero un po’ diffuso, un po’ gnosticamente?”. La speranza è concreta, è di tutti i giorni perché è un incontro. E ogni volta che incontriamo Gesù nell’Eucaristia, nella preghiera, nel Vangelo, nei poveri, nella vita comunitaria, ogni volta diamo un passo in più verso questo incontro definitivo. La saggezza di saper gioire dei piccoli incontri della vita con Gesù, preparando quell’incontro definitivo.
In conclusione, Francesco sottolinea ancora che la parola “identità” è in riferimento all’averci resi una comunità e l’eredità è la forza con cui lo Spirito Santo “ci porta avanti con la speranza”, ed esorta a chiedersi come si è cristiani e se ci si aspetti in eredità un Cielo in un certo senso astratto o un incontro.