venerdì 19 gennaio 2024
Ricordando i 60 anni della terribile tragedia, Francesco ha rilanciato la necessità di curare il creato custodendo il senso del limite e senza «logiche mortifere»
Un'immagine di Longarone, dopo il disastro del Vajont

Un'immagine di Longarone, dopo il disastro del Vajont - Archivio Ansa

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A sessant'anni di distanza, la tragedia del Vajont ha ancora tante cose da insegnare. E prima di tutto che anteporre l'avidità al bene comune genera morti e distruzioni. «Ciò è essenziale oggi, mentre si sta sgretolando la casa comune». Lo ha detto il Papa nel discorso rivolto oggi, 19 gennaio, a una rappresentanza della popolazione colpita dall'ondata che spazzò via diversi paesi e causò 1.910 morti. «Riflettendo sul disastro del Vajont colpisce un aspetto: a causare la tragedia non furono sbagli di progettazione o di realizzazione della diga, ma il fatto stesso di voler costruire un bacino artificiale nel luogo sbagliato. E tutto ciò perché? In ultima analisi per aver anteposto la logica del guadagno alla cura dell’uomo e dell’ambiente in cui vive». Una lezione di cui gli uomini non sembrano voler tenere conto neanche oggi di fronte alle crisi del nostro tempo.

«Ciò è estremamente attuale - ha spiegato il Pontefice -. Non mi stanco di ripetere che la cura del creato non è un semplice fattore ecologico, ma una questione antropologica: ha a che fare con la vita dell’uomo, così come il Creatore l’ha pensata e disposta, e riguarda il futuro di tutti, della società globale in cui siamo immersi». Ecco perché è importante mettere un freno all'avidità di profitto. «Un delirio di guadagno e di possesso che sembra far sentire l’uomo onnipotente. Ma è un grande inganno questo, perché siamo creature e la nostra natura ci chiede di muoverci nel mondo con rispetto e con cura, senza annullare, anzi custodendo il senso del limite, che non rappresenta una diminuzione, ma è possibilità di pienezza. Chi non sa custodire il limite, mai potrà andare avanti».

Il Papa ha lodato l'opera dell’Associazione “Vajont – il futuro della memoria”. «Rappresentate un’ondata di speranza - ha sottolineato -. Un’onda di vita. Infatti a quell’ondata di annientamento e distruzione avete risposto con il coraggio della memoria e della ricostruzione». Quindi, citando i soccorritori, i ricostruttori, «i tanti che non si sono lasciati imprigionare dal dolore ma hanno saputo ricominciare», ha aggiunto: «Voi siete artefici, voi siete testimoni di questi semi di risurrezione, che forse non fanno molta notizia, ma sono preziosi agli occhi di Dio, “specialista in ripartenze”, Lui che da un sepolcro di morte ha avviato una storia eterna di vita nuova. Grazie per la vostra testimonianza».

Infine ricordando che quest'anno ricorrono gli 800 anni del Cantico delle Creature, ha notato: «Abbiamo
bisogno dello sguardo contemplativo, dello sguardo rispettoso di San Francesco per riconoscere la bellezza del creato e saper dare alle cose il giusto ordine, per smettere di devastare l’ambiente con logiche mortifere di avidità e collaborare fraternamente allo sviluppo della vita. Voi lo fate, custodendo la memoria e testimoniando come la vita possa risorgere proprio là, dove tutto era stato inghiottito dalla morte».

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