lunedì 16 marzo 2020
Parlano il card. Rylko, arciprete di Santa Maria Maggiore ("La Madonna nostro scudo contro il male"), e padre Casini, rettore di San Marcello al Corso ("Tante telefonate la gente si sente confortata")
Il Papa in preghiera davanti a Maria Salus populi Romani

Il Papa in preghiera davanti a Maria Salus populi Romani - Vatican Media

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E’ stata una “visita messaggio”. Non solo per Roma, ma per tutta la Chiesa. Così il cardinale Stanislaw Rylko, arciprete della Basilica di Santa Maria Maggiore, definisce la sosta in preghiera di papa Francesco nella Basilica-santuario mariana, nel pomeriggio di domenica 15 marzo, e quella successiva a San Marcello al Corso. E il messaggio, secondo il porporato, è semplice quanto profondo: “Il Papa ha voluto testimoniare la sua fede che il Signore, per l’intercessione di Maria, non ci abbandona neanche in un momento difficile come questo. E la sua è dunque una iniezione di speranza”.

Rylko racconta come è nata la visita. “Giovedì 12 marzo sono stato ricevuto in udienza privata dal Santo Padre. E abbiamo parlato dell’icona Salus Populi Romani, a lui così cara. Abbiamo ricordato anche che i romani l’hanno sempre considerata uno scudo contro tutte le pestilenze, le guerre e gli altri mali che hanno afflitto la città nel corso dei secoli e sempre si sono rivolti a Lei, chiedendo salvezza, come dice appunto il suo nome”. Passano tre giorni e domenica mattina, 15 marzo, arriva una telefonata: “Il Santo Padre desidera venire nel pomeriggio a pregare davanti all’Icona, mi dicono dal Vaticano. Naturalmente ne sono stato felicissimo e ci siamo disposti per accoglierlo, come sempre del resto nelle oltre 80 visite che ha fatto alla Basilica, prima e dopo i viaggi internazionali, e fin dal primo giorno dopo l’elezione, quando affidò alla Salus Populi Romani il suo pontificato”.

Il Papa in pellegrinaggio in  Via del Corso

Il Papa in pellegrinaggio in Via del Corso - Vatican Media

Domenica, riferisce, Rylko, il Papa è apparso concentrato, ma sereno. “E’ Pietro e davvero è un uomo dalla grande fede, che con ogni suo gesto, con ogni sua parola, porta avanti la sua missione di rafforzare la fede dei fratelli”. Come sempre nelle sue visite Santa Maria Maggiore, Francesco ha portato un mazzo di fiori. Quando ci va per i suoi viaggi internazionali i colori dei fiori sono quelli delle bandiere dei Paesi che deve visitare, ieri erano bianchi e gialli come la bandiera vaticana. Quindi, racconta il cardinale, “si è fermato per oltre 20 minuti in profondo raccoglimento davanti all’immagine della Madonna, come un figlio davanti a sua madre, perché egli è un figlio fedele di Maria, che ama in maniera straordinaria”. Quindi alla fine ha scambiato un saluto e si è informato sulla situazione di Santa Maria Maggiore in questo periodo. “Per il Santo Padre, questa non è una semplice Basilica – dice Rylko – ma un vero e proprio santuario e ci tiene che resti tale. Io lo vedo commuoversi ogni volta che viene. E mi ha detto che qui sente il respiro di 16 secoli di amore dei romani per la Vergine Maria. Anche ieri, dunque, ha chiesto come stiamo vivendo questo periodo e ci ha dato grande speranza”.

Il Papa davanti al Crocefisso di San Marcello al Corso

Il Papa davanti al Crocefisso di San Marcello al Corso - Vatican Media

La Basilica, ricorda il cardinale arciprete, resta aperta per chi vuole pregare e in determinati orari c’è anche la possibilità di ricevere il sacramento della Confessione e dell’Eucaristia, ovviamente nel rispetto delle regole sanitarie per l’emergenza coronavirus. “Ho detto al Santo Padre, che quando sarà possibile riprenderemo anche la Via Crucis vissuta attraverso il cuore di Maria, che avevamo intrapreso per questa Quaresima, e la ‘Scuola della Madonna’, al sabato mattina, con il Rosario meditato, una conferenza mariana e la Messa. La nostra preghiera per e con il Papa, per i romani e per tutto il mondo – conclude Rylko – è incessante”.

Anche per fra Enrico Maria Casini, Servo di Maria, rettore di San Marcello al Corso, la presenza del Papa nella chiesa dove si conserva il miracolo crocifisso che nel 1522 liberò Roma dalla peste, "è stata una testimonianza di fede e di speranza". "La sua preghiera silenziosa ci ha rincuorato - dice il religioso - e questa mattina stiamo ricevendo decine e decine di telefonate di fedeli che ci esprimono proprio questo sentimento". Il Papa non ha avuto bisogno di mole parole. In questi casi contano di più i gesti. "E' entrato in chiesa - racconta padre Enrico Maria - e si è diretto verso il crocifisso. Si è messo a sedere ed è rimasto una ventina di minuti in preghiera. Poi si è alzato, ha sostato ancora diversi secondi in piedi e ci ha salutato con un sorriso. Nei suoi occhi si leggeva la speranza". La comunità dei Servi di Maria a San Marcello al Corso è composta da dieci religiosi, c'è anche il priore generale, fra Gottfried Maria Wolff, dato che questa è la sede della Casa generalizia dell'ordine fondato nel 1233 a Firenze. "Prima di andare via - conclude il rettore - il Papa si è fermato qualche minuto in preghiera anche davanti all'altare di San Giuseppe, del quale, come è noto, è devotissimo".

San Marcello al Corso, non essendo parrocchia, in questi giorni è chiusa ai fedeli. "Ma cerchiamo di essere spiritualmente visini a tutti - dice fra Casini -. Il nostro crocifisso ligneo restò indenne nel 1519 in un incendio che fece gravi danni nella chiesa. Poi nel 1522 fermò la peste. Il Papa, venendo qui, ha espresso la sua convinzione che anche oggi non ci farà mancare la sua protezione. Noi intanto stiamo distribuendo molte imaginette che recano sul retro la preghiera scritta dall'arcivescovo Bruno Forte per il tempo del coronavirus".

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