mercoledì 14 maggio 2025
Padre Pedicino, che guida la provincia italiana, racconta il legame del Pontefice con la Penisola. Il desiderio delle visite nelle località legate al santo: da Cascia a Pavia, passando per Tolentino
Leone XIV con alcuni confratelli agostiniani durante la visita di ieri alla curia generalizia a Roma

Leone XIV con alcuni confratelli agostiniani durante la visita di ieri alla curia generalizia a Roma - .

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«Prima la gente ci chiamava i “frati di santa Rita”. Adesso siamo diventati i “frati del Papa”». Scherza padre Gabriele Pedicino mentre entra nella Basilica di Sant’Agostino in Campo Marzio a Roma, a due passi dal Senato. È il priore provinciale della Provincia d’Italia degli agostiniani che conta un centinaio di religiosi e diciotto comunità. «Più una comunità in Slovacchia che ha visto l’attuale Pontefice porre la prima pietra del convento quando era priore generale, e quattro sulle Ande in Perù, quindi vicine di casa all’allora vescovo missionario Robert Prevost».


Un Papa “figlio di Agostino” che «ama e conosce bene l’Italia», spiega padre Pedicino. C’era arrivato da giovane studente all’inizio degli anni Ottanta. Poi, quando dal 2001 al 2013, è stato generale dell’Ordine, ha avuto come quartier generale la casa generalizia accanto al colonnato di San Pietro. «E ha accompagnato in modo particolare i conventi della Penisola, quasi a voler dire che l’Italia custodisce uno speciale tesoro della nostra esperienza religiosa». Una nazione “agostiniana” che Prevost ha continuato ad abbracciare anche quando ci è tornato nel 2023 da prefetto del Dicastero per i vescovi e quando è diventato cardinale. «Naturalmente gli è cara Pavia, la città che accoglie il corpo di Agostino. Poi Cascia con santa Rita: del resto non ci può essere agostiniano che non sia legato alla santa. Questo vale tanto più se si è priore generale da cui dipende l’importante santuario della cittadina umbra e il monastero delle monache». Poi c’è l’attenzione alle realtà locali. «Un affetto fraterno che è stato testimoniato dalla sua presenza costante nelle diverse comunità: per un’ordinazione, per una professione religiosa, per una festa, per un incontro. È accaduto sia da priore generale, sia da cardinale». Padre Gabriele racconta la visita di Prevost cardinale ad Andria, in Puglia, nel santuario della Madonna dei miracoli di cui era parroco prima di essere eletto provinciale d’Italia. «Come succedeva ogni sabato, era stato ricevuto in udienza da papa Francesco. Al termine, si era messo subito in viaggio per restare due giorni con la comunità parrocchiale dimostrando una familiarità e un tratto umile che hanno impressionato tutti».

Papa Leone con padre Gabriele Pedicino, priore provinciale della Provincia d’Italia degli agostiniani, durante la visita di ieri alla curia generalizia a Roma

Papa Leone con padre Gabriele Pedicino, priore provinciale della Provincia d’Italia degli agostiniani, durante la visita di ieri alla curia generalizia a Roma - .

Una vicinanza che anche padre Pedicino ha sperimentato. «Lo scorso novembre abbiamo festeggiato i 90 anni di un nostro confratello a Roma. Il cardinale si è accostato a me dicendomi: “Resisti ancora?”. Lui sa quanto siano impegnative le responsabilità di governo. E, conoscendomi da quando ero nel periodo di formazione, ha voluto accertarsi se fossi sereno nell’incarico che ricopro». Una pausa. «Posso affermare che Leone XIV conosce uno per uno non solo i nostri conventi, ma ciascuno di noi: i nostri nomi e le nostre storie».


Nessuno nasconde il desiderio che il nuovo Papa possa visitare i luoghi agostiniani italiani. La prima uscita c’è già stata a Genazzano, nel santuario della Madonna del Buon Consiglio affidato proprio all’Ordine. E ieri la visita a sorpresa nella curia generalizia a Roma per la Messa e il pranzo dove era presente anche padre Pedicino. «Gli ultimi due Pontefici che non erano agostiniani lo hanno fatto - afferma il religioso -. Papa Francesco veniva qui nella Basilica che custodisce la tomba di santa Monica nel giorno della memoria liturgica della madre di Agostino: lo faceva all’improvviso e si fermava in preghiera dentro la chiesa. Benedetto XVI si è recato a Pavia per rendere omaggio al nostro fondatore. Immagino, quindi, che Leone possa andare a Pavia o a Cascia per santa Rita oppure venire qui sui passi di santa Monica. O ancora recarsi a Tolentino per san Nicola da Tolentino, il primo santo dell’Ordine e molto amato dal Papa».


Anche la scelta del nome di Prevost può avere radici italiane, secondo il padre provinciale. «Il rimando a Leone XIII è stato confermato dallo stesso papa Leone. Vincenzo Gioacchino Pecci è stato, sì, il Pontefice della Rerum novarum e quindi della questione sociale, dei poveri, degli emarginati: tutti temi che si intrecciano con la biografia di Prevost che è stato anche missionario. Ma appena ho sentito come si sarebbe chiamato, ho subito pensato al legame che Leone XIII aveva con gli agostiniani. Non soltanto era nato e cresciuto a Carpineto Romano dove la nostra presenza era significativa, ma è stato vicino alla famiglia agostiniana in molti modi: non ultimo, proclamando sante Rita da Cascia e Chiara da Montefalco o beatificando Angelo da Furci ma anche ripristinando a Pavia la Basilica di San Pietro in Ciel d’Oro dove si trova l’arca con il reliquiario di Agostino».


Papa Leone ha già mostrato di voler portare con sé il suo “bagaglio” legato al vescovo di Ippona. «Nel primo saluto dalla Loggia delle benedizioni ha chiesto di camminare insieme. È un’esperienza tipicamente agostiniana: richiamare alla comunione e all’unità è proprio del nostro carisma. Agostino educava a riconoscere nelle diversità non un problema ma una ricchezza. Ecco perché non sorprende il suo invito a scommettere sul dialogo e a costruire ponti. Del resto come Ordine abbiamo un approccio di governo nel segno della partecipazione. E ritengo che il Papa lo porterà anche all’interno della Chiesa: un governo con uno stile sinodale che potrebbe riguardare anche la Curia Romana».


Ma c’è altro. «È proprio degli agostiniani - continua padre Pedicino - raccogliere tutto il bene che viene seminato. In questo caso anche dei precedenti Pontefici. In Leone vedo certe intuizioni di Paolo VI; alcuni tratti di Giovanni Paolo II; la delicatezza e lo spessore teologico-spirituale che può rimandare a Benedetto XVI, un Pontefice che ha amato Agostino; la vicinanza al popolo e specialmente agli ultimi che ha caratterizzato Francesco». E Prevost è un Papa che unisce il mondo, come testimonia la sua storia: nato negli Usa, vescovo in Perù, priore generale e prefetto del Dicastero per i vescovi a Roma. «È davvero un uomo cosmopolita - conclude il provinciale -. In quest’ottica va letto il suo costante appello alla pace che ha creato subito empatia fra la gente. Certo, la pace non è solo il silenzio delle armi, ma quella che viene dall’incontro con Cristo da accogliere nelle nostre case o nelle nostre comunità. Tutto ciò rimanda al primato dell’evangelizzazione che papa Leone ha ben indicato. È anche annunciando il Vangelo che si costruisce la pace».

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