giovedì 20 maggio 2021
Francesco in visita oggi nella sede romana del network educativo nato a Buenos Aires nel 2001, sotto la sua egida
«Qual è la salute della politica? Guardate se ci sono guerre»
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Che il Papa abbia un’affezione speciale verso le Scholas Occurrentes è noto e lo ha dimostrato ripetutamente nel corso del pontificato. Oggi una volta di più, recandosi in visita nella sede romana di Scholas a Palazzo San Calisto, nel quartiere di Trastevere, e rimanendo fermo ad ascoltare per quasi due ore ringraziamenti, testimonianze, voci di presenti con la mascherina e di lontani appesi a collegamenti web ballerini.


L’occasione del rendez vous è stata l’apertura delle nuove sedi di Scholas a Sydney, Valencia e Washington. Ma anche l’inaugurazione di nuovo programma di prevenzione delle dipendenze in Argentina e la presentazione in pillole di una Scuola internazionale dei leader ambientali di una Scuola di formazione politica.

Le Scholas Occurrentes sono un network educativo che ha mosso i primi passi a Buenos Aires nel 2001, sotto l’egida dell’allora cardinale Bergoglio. Lo scopo, come ha ricordato tempo fa lo stesso Francesco, era quello di «ricostruire il patto educativo», ovvero «con la cultura, con lo sport, con l’arte, costruire ponti per uno sforzo comune nell’educazione dei giovani, specie di quelli più svantaggiati». Istanze che si ritrovano non a caso anche nel Patto Educativo Globale lanciato lo scorso anno dal Pontefice.

Nel frattempo il progetto delle Scholas Occurrentes si è enormemente allargato, trovando sostegni economici, coinvolgendo realtà educative pubbliche e private, laiche e confessionali, raggiungendo numeri Paesi e, secondo le stime dell’organizzazione, oltre un milione di studenti.

«Una persona che dimentica da dove viene è una persona che taglia la sua storia» ha detto Bergoglio rispondendo a un ragazzo collegato dallo stadio di Valencia con in mano una simbolica palla da calcio fatta di stracci, «la storia nasce in un momento, un origine e quell’origine ha un significato per tutta la vita». «Avere una palla di stracci è ricordare un’epoca in cui lo sport, il gioco, la gratuità del gioco era molto più importante che la sofisticazione», «è un’origine di gratuità e nello sport e nella vita, se dimentichiamo la gratuità perdiamo la partita».

Come possono i giovani cambiare la politica e realizzare la Fratelli tutti, è stata un’altra domanda. «L’amore è politico, cioè sociale, è per tutti – ha risposto il Papa – e quando manca questa universalità dell’amore, la politica cade, si ammala e diventa cattiva. Quando mi parlano di come sta la politica nel mondo io dico: guardate dove ci sono le guerre. Lì c’è la sconfitta della politica. Una politica che non è capace di dialogare per evitare una guerra è sconfitta, è finita, ha perso la sua vocazione di unità, di armonia anche con opinioni diverse. La discussione è chiave nella politica, i parlamenti sono chiave perché lì si lavorano le cose, ma sempre tenendo in mente che l’unità è superiore al conflitto, sempre cercando l’unità».

«La sfiducia nella politica viene quando la si confonde con un’impresa – ha continuato Francesco – a cosa mi serve, quanto mi dà, quanto non mi dà... eh no, non è la politica. La politica è camminare, anche se nel cammino si brucia il politico. L’importante è arrivare a quell’armonia e unità che è sempre superiore al conflitto. Ma il test sulla politica è la domanda sulle guerre. Il test sulla onorabilità di una nazione per me è “tu fai le armi per le guerra? Tu favorisci le guerre? Tu la tua ricchezza la fai vendendo le armi perché altri si ammazzino?” E lì sapremo come una nazione è moralmente sana. Mi fa male al cuore, lo dico sinceramente, quando vedo alcuni sacerdoti che benedicono le armi».

Tante le figure di rilievo pubblico che hanno partecipato oggi, in presenza come i ministri italiani Roberto Speranza (Sanità) e Patrizio Bianchi (Istruzione), Fabiola Yáñez, first lady argentina, e l’arcivescovo Vincenzo Zani, segretario della Congregazione per l’educazione cattolica; o in collegamento via web, come l’arcivescovo di Los Angeles José Horacio Gómez e il cardinale arcivescovo di Valencia, Antonio Cañizares.


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