martedì 21 giugno 2022
Il Pontefice firma la prefazione al libro curato da Fabio Bolzetta che raccoglie le tante esperienze tutoriali realizzate dalla Weca, l’associazione dei webmaster cattolici italiani
Papa Francesco riceve i frati francescani del Sacro Convento di Asisi e si collega via webcam con la tomba di San Francesco, Roma, 2 maggio 2013.

Papa Francesco riceve i frati francescani del Sacro Convento di Asisi e si collega via webcam con la tomba di San Francesco, Roma, 2 maggio 2013. - ANSA/SALA STAMPA SACRO CONVENTO DI ASSISI

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Come realizzare un sito web per la parrocchia? E come usare i social media per la pastorale? Sono alcune delle domande cui risponde “La Chiesa nel digitale”, volume a cura di Fabio Bolzetta, pubblicato da Tau editrice (248 pagine, 14 euro). Il libro nato dall’esperienza dei 150 video tutorial dell’Associazione webmaster cattolici italiani (Weca), offre un cammino per riflettere, scoprire, condividere sui social e pubblicare sul web l’esperienza di una Chiesa presente nel mondo digitale. Il volume si apre con la prefazione di papa Francesco, che pubblichiamo integralmente.

L’Associazione Weca (WebCattolici Italiani) si è costituita legalmente ill 22 maggio 2003. È nata dalla richiesta di una quarantina di webmasters cattolici che auspicavano la creazione di uno spazio condiviso e sinergico in cui riconoscersi e da cui essere sostenuti nella progettualità formativa e nelle strategie future. L’associazione, spiega il sito Weca, si offre come punto di riferimento per i siti informatici di ispirazione cattolica e la cui attività comprende: la promozione di attività formative, educative e culturali; la diffusione di iniziative e proposte dell’uso della rete per attività pastorali; la realizzazione, lo sviluppo e l’offerta di soluzioni software e di tecnologie infrastrutturali per facilitare l’accesso del mondo cattolico alla rete.

Ho ripetuto più volte che da una crisi non si esce mai uguali a prima, si esce migliori o peggiori. Il periodo difficile che l’umanità sta attraversando a causa della pandemia ha reso evidente non soltanto che da questa crisi ne usciremo se ne usciremo insieme, ma ci ha fatto comprendere quanto possano essere utili gli strumenti tecnologici e le reti sociali. Lo abbiamo visto durante i periodi di lockdown, quando non è stato più possibile incontrarsi, celebrare insieme l’Eucaristia, stare vicini ai nostri cari ammalati, unirsi in preghiera accanto a un parente o un amico che ci ha lasciati. È come se tutto ciò che davamo per scontato ci fosse stato tolto, mettendoci di fronte alla nostra costitutiva fragilità.

In quei frangenti molti si sono ingegnati per mantenere vive le relazioni umane e comunitarie. Penso a tanti sacerdoti che hanno usato bene tecnologie e reti sociali per non far mancare al popolo di Dio il contatto con la Sua Parola, offrendo la possibilità di assistere alla Messa. Le reti sociali sono state usate per mantenersi in contatto, per segnalare i bisogni, per non farci sentire soli, per attivare iniziative di carità, per continuare a vederci in faccia in attesa di riabbracciarci.

Gli esperti dicono che alcuni dei cambiamenti intervenuti, a motivo dell’uso più frequente della tecnologia per incontri virtuali, sono destinati a rimanere a lungo anche dopo la fine dell’emergenza della pandemia. Il tempo che abbiamo vissuto ha fatto sì che molti sacerdoti si attivassero con creatività per mantenere il contatto con i fedeli e per accompagnarli. Non sono mancati errori ed eccessi. Ma quando questi tentativi hanno messo al centro il messaggio da comunicare, e non il protagonismo del comunicatore, dobbiamo riconoscere che sono stati utili.

L’Associazione dei Webmaster cattolici italiani (Weca) in questi ultimi due anni ha incontrato e raccontato sacerdoti di ogni età impegnati, anche attraverso le nuove tecnologie, a mantenere unite le comunità affidate loro. L’uso di un telefono di fronte al divieto di assistere ai funerali per i familiari o la promozione di incontri in streaming per rassicurare, incontrare, essere sempre presenti e vicini hanno spinto, ancora di più, la crescita dell’uso del digitale anche nella pastorale.

Questa fase è stata certo eccezionale, specialmente per quanto riguarda l’esperienza della trasmissione online delle celebrazioni. L’incontro virtuale non sostituisce e non potrà mai sostituire quello in presenza. L’essere fisicamente presenti allo spezzare del pane eucaristico e del pane della carità, il guardarsi negli occhi, l’abbracciarsi, l’essere uno fianco all’altro nel servire Gesù nei poveri, lo stringere la mano dei malati, sono esperienza che appartengono al nostro vissuto quotidiano e nessuna tecnologia o rete sociale potrà mai sostituirle.

Rimane, tuttavia, la necessità che l’enorme crescita, caratterizzata da tanta creatività e generosità, venga ora accompagnata da una nuova consapevolezza.

In questo libro sono stati selezionati decine di video tutorial su Chiesa e comunicazione digitale, dedicati specialmente ai sacerdoti. La generosità e la spontaneità che hanno caratterizzato la fase dell’emergenza vanno ora accompagnate da un’adeguata formazione. C’è davvero molto da fare, per crescere insieme nella consapevolezza dell’importanza ma anche dei rischi che l’uso di questi strumenti comporta. C’è davvero molto da fare per imparare ad ascoltare; e per coinvolgere e formare giovani, nativi digitali, che siano in grado di rivitalizzare i siti web delle parrocchie. Il web e le reti sociali possono essere abitati da chi testimonia la bellezza della fede cristiana, da chi propone storie di fede e carità vissuta, da chi comunica con il linguaggio di oggi la straordinaria novità del Vangelo, e da chi ascolta come gli apostoli e i discepoli impararono a fare da Gesù.

Sappiamo, per averlo sperimentato, che solo un incontro personale, non anonimo, con Gesù cambia la vita. Sappiamo, perché questa è la nostra esperienza di ogni giorno, che l’amore va coltivato con una frequentazione, con un ascolto e con una convivenza quotidiana. Sappiamo che mai il virtuale potrà sostituire la bellezza degli incontri a tu per tu. Ma il mondo digitale è abitato e va abitato da cristiani. Magari da giovani che a partire dalla loro fede domani potranno essere protagonisti di nuove forme di social e di una comunicazione più umana, più capace di ascolto e vera condivisione. Perché anche il web, territorio dove talvolta sembrano prevalere la voce che grida più forte e l’inquinamento delle fake news, può diventare uno spazio di incontro e di ascolto. La rete non ci farà sentire soli se saremo davvero capaci di "fare rete", e se lo spazio virtuale non sostituirà ma aiuterà la trama dei nostri rapporti sociali in carne ed ossa. Il contributo di questo libro è prezioso per la crescita di questa consapevolezza e dobbiamo dire grazie a Weca per averlo realizzato.

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