domenica 16 giugno 2019
"Le promesse non finiscano nel dimenticatoio", dice il Pontefice, che visita la città terremotata ed entra nelle casette prefabbricate dove vivono le famiglie sfollate. L'incontro finale è con i bambini della prima comunione
«Scommettete sulla speranza»
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"Ricordare, riparare, ricostruire". E bisogna farlo "insieme". Per non mandare nel "dimenticatoio le promesse". Sono le parole che papa Francesco consegna alle autorità nazionali e locali e alla popolazione di Camerino (e di tutte le zone terremotate del centro Italia) durante la sua visita nella cittadina marchigiana, colpita dal sisma dell'ottobre 2016. Insieme a straordinari gesti di affetto, nella tappa alla casette provvisorie che accolgono le famiglie terremotate. Francesco abbraccia e si fa abbracciare, consola i nonni e bacia i bambini, si concede per gli immancabili selfie, scherza ("Vado avanti prima che arrivi la polizia"), assaggia i dolcetti che gli offrono, ma soprattutto incoraggia. "Scommettete sulla speranza", dice a un giovane che lo accoglie con la maglietta della Associazione "Io non crollo". Ed è forse la frase simbolo di questa visita che si svolge nel giro di poche ore, ma per le popolazioni colpite è come una gigantesca iniezione di fiducia.

Il terremoto delle promesse. Non ignora, il Vescovo di Roma, la situazione di stallo. Il pericolo, avverte, è quello di un lento ma inesorabile oblio: "Sono passati quasi tre anni e il rischio è che, dopo il primo coinvolgimento emotivo e mediatico, l’attenzione cali e le promesse vadano a finire nel dimenticatoio, aumentando la frustrazione di chi vede il territorio spopolarsi sempre di più. Il Signore invece spinge a ricordare, riparare, ricostruire, e a farlo insieme, senza mai dimenticare chi soffre". Gli fa eco più tardi nel suo saluto l'arcivescovo di Camerino-San Severino Marche, Francesco Massara, parlando di "terremoto delle promesse", seguito a quello vero, perché sottolinea "la ricostruzione si è lasciata ingabbiare dai lacci della burocrazia, generando sentimenti di sconforto e delusione soprattutto tra le nuove generazioni che si vedono inesorabilmente derubate del loro futuro". Ma entrambi, Papa e arcivescovo, guardano avanti con speranza. E Francesco in particolare, in ogni incontro invita a non lasciarsi abbattere. Il messaggio raggiunge il suo culmine soprattutto nell'omelia della Messa celebrata in Piazza Cavour, sotto lo sguardo della statua di Sisto V (papa dal 1585 al 1590 e all'epoca protettore della città). Una piazza per l'occasione tornata a ripopolarsi, mentre di solito tutto il centro è considerato zona rossa e dunque vuoto. Davanti ai 1200 fedeli ammessi nello spazio tra gli edifici ancora tutti imbragati e puntellati (compreso il Duomo nel quale, prima della celebrazione papa Bergoglio compie una breve visita) Francesco parla di speranza, di vicinanza, di ricordo. E' un'omelia di grande tensione spirituale, ma al tempo stesso molto concreta, perché la gente di questa parte dell'Italia, così duramente colpita dal sisma e dalle difficoltà della ricostruzione, ci si può ritrovare in pieno. Parte dal Salmo 8, il Papa. "Che cosa è mai l’uomo perché di lui ti ricordi? Mi sono venute in mente queste parole pensando a voi - esordisce -. Di fronte a quello che avete visto e sofferto, di fronte a case crollate e a edifici ridotti in macerie, viene questa domanda: che cosa è mai l’uomo? Che cos’è, se quello che innalza può crollare in un attimo? Che cos’è, se la sua speranza può finire in polvere?". La prima certezza, dunque, deve essere questa. Dio non dimentica. "Mentre quaggiù troppe cose si dimenticano in fretta, Dio non ci lascia nel dimenticatoio. Nessuno è disprezzabile ai suoi occhi, ciascuno ha per Lui un valore infinito: siamo piccoli sotto al cielo e impotenti quando la terra trema, ma per Dio siamo più preziosi di qualsiasi cosa".

Per questo il Pontefice invita a fidarsi di Dio, cancellando i cattivi ricordi che ci fanno "rivangare quel peggio che sembra non avere mai fine" ed esorta ad affidarsi allo Spirito Santo, "il ricostruttore della speranza". Ma non quella umana, aggiunge, che è "fuggevole", "con la data di scadenza" e "fatta di ingredienti terreni, che prima o poi vanno a male". "Quella dello Spirito è una speranza a lunga conservazione. Non scade, perché si basa sulla fedeltà di Dio. La speranza dello Spirito non è nemmeno ottimismo. Nasce più in profondità, riaccende in fondo al cuore la certezza di essere preziosi perché amati. Infonde la fiducia di non essere soli". Lo Spirito dunque, prosegue Francesco, "viene a darci forza, a incoraggiarci, a sostenere i pesi. Infatti è specialista nel risuscitare, nel risollevare, nel ricostruire. Ci vuole più forza per riparare che per costruire, per ricominciare che per iniziare, per riconciliarsi che per andare d’accordo. Questa è la forza che Dio ci dà. Perciò chi si avvicina a Dio non si abbatte, va avanti: ricomincia, riprova, ricostruisce". Infine conclude: "Cari fratelli e sorelle, sono venuto oggi per starvi vicino; sono qui a pregare con voi Dio che si ricorda di noi, perché nessuno si scordi di chi è in difficoltà. Prego il Dio della speranza, perché ciò che è instabile in terra non faccia vacillare la certezza che abbiamo dentro". Durante l'offertorio vengono portati all'altare alcuni doni. Un disegno con le impronte delle manine dei bambini dell’asilo, simbolo dei bimbi di tutto il territorio colpito dal terremoto; il disegno di una studentessa universitaria che rappresenta la visita del Papa in tutte le piazze dei Paesi colpiti dal sisma e che sottolinea la forza di Camerino città universitaria; l’immagine della Madonna dipinta da una bambina, una icona di San Giuseppe realizzata da suor Gina Masi e la statuetta di Cristo risorto dalle macerie scolpita da Nazareno Rocchetti.


La visita alle famiglie terremotate. L'arrivo, le frasi, i gesti di Francesco rafforzano sicuramente questa certezza. Soprattutto nelle famiglie dei terremotati ancora ospitati nelle nelle cosiddette strutture abitative emergenziali in località Cortine (poco più a valle della zona storica). In pratica container e prefabbricati. Non è un caso, infatti, che la visita prenda il via proprio da lì. La prima delle tappe del Papa, appena sceso dall'elicottero proveniente da Roma e atterrato alle 8,35 nel centro sportivo dell'Università, è per loro, che lo accolgono con grande affetto ed entusiasmo, ma anche con striscioni che sottolineano la situazione "dormiente" del post-sisma. "Ricostruzione assente, fondi sisma ai terremotati", dice uno dei più significativi. Francesco, sempre accompagnato dall'arcivescovo di Camerino-San Severino Marche, Francesco Massara, entra in sei casette, come un nonno, uno di famiglia. La prima delle signore che lo accolgono gli offre un dolcetto, il Papa tenta di rifiutare, dicendo che ha già fatto colazione, ma lei insiste: "Almeno uno per farmi contenta". E Francesco la esaudisce. Ma prima di mettere in bocca il pasticcino scherza: "Ma è avvelenato?". Per tutta risposta la signora mangia lei stessa un dolce. Poi è la volta di un anziano che ha perso la moglie. "I miei figli vivono a Roma, stanno vicini a lei", dice al Papa. Poi si commuove e il Pontefice lo rincuora. "Tante belle cose, auguri", lo saluta il nonnino. Proprio come se fosse un amico di sempre.

Si passa a una famiglia giovane. Hanno anche cane, il Papa chiede come si chiama. La bestiola scondinzola contenta, mentre i suoi proprietari chiedono una benedizione particolare e poi un selfie. Accordati entrambi. Ancora due coniugi anziani ("La sua visita è il più bel dono che la vita ci ha fatto", dice la donna), quindi una nonnina di 92 anni alla quale il Papa augura di arrivare fino a 100 e ancora le immancabili foto ricordo. Francesco Sforza, il fotografo ufficiale al seguito del Pontefice, deve fare gli straordinari, usando anche i cellulari che gli porgono. Emozione, ma anche sorrisi e battute. Un'altra anziana, in carrozzella, saluta così l'illustre ospite: "Che bello, oggi la vediamo di persona e non in televisione". "Adesso la televisione è venuta qui", risponde il Pontefice, indicando i cameraman che lo seguono. "Grazie della vostra cordialità".

L'abbraccio con i terremotati prosegue anche nel giardino davanti alle casette. C'è un microfono e il Papa ne approfitta per scusarsi di non aver potuto visitare tutti. "Ma sono vicino a ognuno di voi e prego perché questa situazione si risolva il più presto possibile". Infine il saluto ad uno ad uno alle persone oltre le transenne.

La visita in Cattedrale. In auto, poi, Francesco raggiunge piazza Cavour e prima di indossare i paramenti liturgici per la celebrazione eucaristica, entra nel Duomo ferito. I vigili del fuoco gli danno un casco bianco con la scritta "Francesco" e lui se lo mette in testa. Poi va a deporre un mazzo di fiori ai piedi della statua della Madonna che stava di fianco all'altare maggiore e alla quale il sisma ha mozzato la testa e le braccia. Quindi, poco prima della Messa, saluta nel chiostro del palazzo arcivescovile.

All'Angelus il Papa sottolinea di seguire "con preoccupazione l’acuirsi delle tensioni nel Golfo Persico" e auspica che si possano "risolvere i essi problemi e conflitti in Medio Oriente", rivolgendo "un accorato appello alla comunità internazionale" affinché metta in atto "ogni sforzo per favorire
il dialogo e la pace". Un appello anche per i rifugiati, di cui si celebra la Giornata mondiale. "Le nostre comunità ecclesiali e civili siano loro vicine e attente alle loro necessità e alle loro sofferenze.

Nel pomeriggio, dopo il pranzo con i sacerdoti, il Papa ha incontrati 200 bambini della prima comunione, con i loro genitori e catechisti, per un totale di 760 persone nella Palestra del Centro Sportivo dell’Università di Camerino, ultimo momento della visita alle zone terremotate prima del rientro in Vaticano. "Il Santo Padre ha voluto aggiungere questo incontro al programma iniziale - ha fatto saper il direttore ad interim della Sala Stampa della Santa Sede, Alessandro Gisotti - dopo che in una recente visita in Vaticano monsignor Massara aveva mostrato al Papa le lettere scritte dai bambini delle zone terremotate. Con questo incontro, assieme ai bambini della Prima Comunione, papa Francesco vuole abbracciare idealmente tutti i bambini e i giovani del territorio colpito dal sisma".

L'elicottero papale decolla poco prima delle 14,30 e sulla via del rientro a Roma, sorvola San Severino Marche, seconda città della diocesi, alla quale Francesco aveva anche rivolto un saluto e un pensiero all'Angelus.

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