mercoledì 12 luglio 2017
Papa Francesco scrive al Simposio internazionale sulla catechesi in Argentina e chiede di non finalizzare la catechesi alla celebrazione dei sacramenti. È una «missione», non un’«attività»
Papa Francesco con alcuni ragazzi

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Essere un catechista «non è un lavoro o un’attività esterna alla persona» ma è una «missione», «una vocazione di servizio nella Chiesa». È quanto evidenzia papa Francesco nel messaggio ai partecipanti al primo Simposio internazionale sulla catechesi che si svolge fino al 14 luglio a Buenos Aires nella Facoltà di Teologia della Pontificia Università Cattolica Argentina.


Nel testo inviato nella sua terra d'origine, il Pontefice ricorda che «il catechista deve costantemente tornare al primo annuncio» che «è il dono che ha cambiato la sua vita». Il Papa chiede di «accompagnare la fede che è già presente nella religiosità» di un popolo. Ed esorta a «prendersi cura di tutto il potenziale di misericordia e di amore che racchiude la religiosità popolare» la quale non solo trasmette «i contenuti della fede», ma è anche «scuola di formazione reale».


Secondo Francesco, «il catechista cammina da e con Cristo». E la catechesi ha al centro «l’incontro costante con la Parola e i sacramenti» e non va ridotta a «qualcosa di meramente occasionale prima della celebrazione dei sacramenti dell'iniziazione cristiana». Poi il Papa chiede al catechista di essere «creativo», ossia «alla ricerca di modi e mezzi differenti per annunciare Cristo». Il «tentativo di far conoscere Gesù come suprema bellezza ci porta a trovare nuovi segni e forme per la trasmissione della fede», sottolinea Francesco. E aggiunge: «I mezzi possono essere diversi, ma è importante tenere a mente lo stile di Gesù». E «nella ricerca creativa per far conoscere Gesù non dobbiamo avere paura». Infine l’augurio di essere «messaggeri allegri e custodi della bontà e della bellezza».

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