giovedì 30 novembre 2023
Nel messaggio al patriarca ortodosso Bartolomeo, Francesco ricorda lo storico abbraccio del 1964 tra Paolo VI e Atenagora. L'appello: preghiamo insieme perché tacciano le armi
Papa Francesco e Bartolomeo I in un'immagine di repertorio

Papa Francesco e Bartolomeo I in un'immagine di repertorio - Vatican Media

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Una tradizione che si rinnova. Una consuetudine virtuosa che non scade nell’abitudine stantìa. Ancora una volta la festività di sant’Andrea, patrono del patriarcato ecumenico di Costantinopoli, è stata occasione per rilanciare il dialogo interconfessionale come via per costruire la pace e riavvicinare le Chiese, chiamate a una testimonianza comune di fronte agli scenari cupi che rabbuiano il mondo. Lo sottolinea il Papa nel Messaggio inviato «al caro fratello in Cristo», il patriarca ortodosso Bartolomeo I. «Preghiamo con fervore Dio, nostro Padre misericordioso – scrive in proposito Francesco – perché cessi il clamore delle armi, che porta solo morte e distruzione, e i leader di governo e religiosi possono sempre cercare la via del dialogo e della riconciliazione». Per festeggiare insieme il santo apostolo, a Istanbul, sede del patriarcato, è presente una delegazione vaticana guidata dal cardinale Kurt Koch, prefetto del Dicastero per la promozione dell’unità dei cristiani e accompagnato dagli altri superiori dell’organismo vaticano, il segretario monsignor Brian Farrell, e il sottosegretario monsignor Andrea Palmieri. Con loro il nunzio apostolico in Turchia, l’arcivescovo Marek Solczyñski. La visita rientra nello scambio di incontri che vede il 29 giugno una rappresentanza della Chiesa ortodossa a Roma per partecipare alle celebrazioni della solennità dei santi Pietro e Paolo.

Una reciprocità che assume un valore ancora maggiore alla luce di un anniversario ormai prossimo, quello che ricorderà lo storico abbraccio, datato gennaio 1964, tra Paolo VI e il patriarca ecumenico Atenagora. «Quell’incontro – scrive oggi Francesco – fu un passo fondamentale per abbattere la barriera di incomprensione, diffidenza e persino ostilità che esisteva da quasi un millennio». Sessant’anni fa, il 6 gennaio 1964, luogo di quell’evento straordinario fu Gerusalemme e fu un abbraccio che si accompagnava alla remissione delle reciproche scomuniche dovute alla tragica rottura della comunione, al grande scisma del 1054.

Lo storico abbraccio tra Paolo VI e Atenagora

Lo storico abbraccio tra Paolo VI e Atenagora - Dall'archivio di Avvenire

Non a caso nel messaggio consegnato da Koch a Bartolomeo I, il Pontefice evidenzia che dell’incontro di allora, oggi più «che le parole e le affermazioni» fatte da quei «pastori profetici», si ricorda « il loro caloroso abbraccio» e il «reciproco riconoscimento di fraternità ecclesiale» da cui scaturì «il cammino di riconciliazione, aumentando la vicinanza e superando gli ostacoli che ancora impediscono la piena e visibile comunione». Ciò significa, prosegue papa Francesco, che «il ripristino della piena comunione tra i discepoli del Signore» è legato anche «al contatto personale e al tempo trascorso insieme». Grazie al «dialogo amichevole», alla «preghiera comune» e «all’azione congiunta al servizio dell’umanità», infatti «i membri delle diverse Chiese giungono a scoprire sempre più profondamente la loro fiducia condivisa nell’amorevole provvidenza di Dio Padre, la loro speranza nella venuta del Regno inaugurato da Gesù Cristo e il loro comune desiderio di esercitare la virtù della carità ispirata dallo Spirito Santo».

Da Francesco anche il richiamo all’importanza di eventi condivisi come la veglia ecumenica per il Sinodo dello scorso 30 settembre. «Il suo sostegno personale –  scrive in proposito Francesco a Bartolomeo – e quello del patriarcato ecumenico, espressi anche attraverso la partecipazione di un delegato fraterno ai lavori dell’Assemblea, sono una grande fonte di incoraggiamento per il fecondo proseguimento del processo sinodale in corso nella Chiesa cattolica». Un percorso che non potrà non avere effetti benefici anche sul dialogo tra le Chiesa, il cui primo impegno comune è legato alla costanza nella preghiera. «Possano i santi apostoli Pietro e Andrea intercedere per tutti i popoli – conclude il Papa – e ottengano per loro i doni della fraternità, comunione e pace».



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