Papa Francesco durante la Messa in San Pietro per la VII Giornata mondiale dei poveri - Ansa
La povertà è uno scandalo. La povertà è uno scandalo e quando il Signore tornerà ce ne chiederà conto: sono parole che non accettano compromessi, quelle pronunciate ieri da papa Francesco nell’omelia durante la Messa in San Pietro per la VII Giornata mondiale dei poveri. Un monito che vale come un appello a un esame di coscienza per tutto il mondo, in un momento in cui sempre più persone sono oppresse dall’impossibilità a provvedere ai propri bisogni a causa dalla povertà, le cui radici si alimentano nelle diseguaglianze ma anche nei conflitti e nello sfruttamento indiscriminato delle risorse naturali. Ma alla fine, ha ricordato il Papa, ciò che conta è come sappiamo far crescere l’amore di Dio.
Riflettendo sulla parabola dei talenti il Papa è stato chiaro: «Il grande “capitale” che ci è stato messo nelle mani è l’amore del Signore, fondamento della nostra vita e forza del nostro cammino», ha detto. «La parabola ci dice che ciascuno di noi, secondo le proprie capacità e possibilità, ha ricevuto i “talenti”. Attenzione: non lasciamoci ingannare dal linguaggio comune – ha sottolineato Francesco –: qui non si tratta delle capacità personali, ma, come dicevamo, dei beni del Signore, di ciò che Cristo ci ha lasciato tornando al Padre. Con essi Egli ci ha donato il suo Spirito, nel quale siamo diventati figli di Dio e grazie al quale possiamo spendere la vita testimoniando il Vangelo ed edificando il Regno di Dio».
Papa Francesco durante la Messa in San Pietro per la VII Giornata mondiale dei poveri - Siciliani
Nella Giornata mondiale dei poveri, ha affermato ancora il Papa, la parabola dei talenti è un monito «per verificare con quale spirito stiamo affrontando il viaggio della vita. Abbiamo ricevuto dal Signore il dono del suo amore e siamo chiamati a diventare dono per gli altri. L’amore con cui Gesù si è preso cura di noi, l’olio della misericordia e della compassione con cui ha curato le nostre ferite, la fiamma dello Spirito con cui ha aperto i nostri cuori alla gioia e alla speranza, sono beni che non possiamo tenere soltanto per noi, amministrare per conto nostro o nascondere sottoterra. Colmati di doni, siamo chiamati a farci dono».
Non solo: «se non moltiplichiamo l’amore attorno a noi – ha aggiunto il Pontefice –, la vita si spegne nelle tenebre; se non mettiamo in circolo i talenti ricevuti, l’esistenza finisce sottoterra, cioè è come se fossimo già morti».
Poi il pensiero è andato «alle tante povertà materiali, alle povertà culturali, alle povertà spirituali del nostro mondo; pensiamo alle esistenze ferite che abitano le nostre città – ha invitato papa Francesco –, ai poveri diventati invisibili, il cui grido di dolore viene soffocato dall’indifferenza generale di una società indaffarata e distratta». Di fronte a tutte queste situazioni, ha notato ancora il Papa, «non dobbiamo dimenticare il pudore: la povertà è pudica, si nasconde. Dobbiamo noi andare a cercarla, con coraggio. Pensiamo a quanti sono oppressi, affaticati, emarginati, alle vittime delle guerre e a coloro che lasciano la loro terra rischiando la vita; a coloro che sono senza pane, senza lavoro e senza speranza. Tante povertà quotidiane. E non sono una, due o tre: sono una moltitudine. I poveri sono una moltitudine. E pensando a questa immensa moltitudine di poveri, il messaggio del Vangelo è chiaro: non sotterriamo i beni del Signore! Mettiamo in circolo la carità, condividiamo il nostro pane, moltiplichiamo l’amore!». Ecco perché, soprattutto per i cristiani, «la povertà è uno scandalo».