sabato 19 dicembre 2015
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Si può ancora – e le vicende di cronaca più recenti ripropongono l’interrogativo con forza – permettere di 'vedere' la Chiesa con occhi diversi? Colmare il divario tra l’immagine che della Chiesa riceve la gran parte delle persone e la realtà del suo operato, che solo chi la frequenta conosce veramente? Mostrare la Chiesa «libera e aperta» evocata dal Papa con parole così potenti durante il recente Convegno ecclesiale di Firenze, perché sia finalmente 'vista' con occhi giusti anche da chi nella Chiesa ha scelto di non stare? Far capire a una società secolarizzata, dominata dall’etica dei diritti e dall’individualismo, l’impegno della Chiesa per il bene comune e la dignità di tutte le persone è l’obiettivo che ha mosso fin dall’inizio «Catholic Voices», e resta più che mai attuale se vogliamo incarnare quell’umanesimo in uscita cui ci ha esortato l’assemblea di Firenze. 
 
 
La Chiesa infatti è ormai oggetto quotidiano di conversazione pubblica, e noi cattolici siamo chiamati a spiegarla sempre più spesso: non occorre essere teologi, ospiti ricorrenti del circuito mediatico, o assidui dei 'social': basta uscire di casa per sentirsi chiedere conto di ciò in cui crediamo o di cosa sta succedendo in Vaticano, o di talune posizioni percepite come anacronistiche. In realtà, questa attenzione che non di rado ci infastidisce rappresenta un’occasione per dissipare quello che Benedetto XVI chiamò «strano oscuramento del pensiero» e per far comprendere a un mondo di umanisti veri o presunti che l’unica autentica realtà umanista è proprio la Chiesa. L’inedita esposizione mediatica che stiamo vivendo ci offre l’opportunità di sostituire il grande 'no' che la Chiesa sembra dire alla società contemporanea con il grande 'sì' che di fatto pronuncia a tutti i valori che questa stessa società dice di avere a cuore.
 
 
È insomma il momento giusto per riavviare quel dialogo con credenti e no, che non è negoziare ma «cercare il bene comune per tutti». Si dirà: ma l’atteggiamento che incontriamo è scettico, diffidente, quando non apertamente ostile, e solo a tratti mitigato dalla benevole influenza di questo Pontefice, ritenuto una – seppur bellissima – eccezione. Inevitabile oscillare tra la rabbia e la tentazione di non argomentare per ritirarsi in un circolo che parli la nostra stessa lingua.
 
 
Però Francesco ci ripete – l’ha fatto ancora una volta proprio a Firenze – che non possiamo chiuderci, ma che siamo chiamati ad andare verso gli altri mostrando il volto misericordioso di Cristo quale fonte di credibilità della Chiesa, e che dobbiamo costruire «non muri né frontiere, ma piazze e ospedali», mentre ci sprona a essere instancabili missionari per «iniziare processi» che generano nuovi dinamismi nella società. Il punto è: in concreto, come fare? Assumendo «lo sguardo dei lontani» e partendo dal valore positivo dell’altro per riaffermarlo. Cominciare da quello che ci unisce è l’inizio del dialogo: a una società così sensibile alla discriminazione diamo un messaggio inclusivo; a un mondo guidato da una «confusa ideologia della libertà» proponiamo una libertà ancora più grande; a una cultura che proclama l’etica dei diritti mostriamo di voler garantire quelli di tutti, a cominciare dai più indifesi. Insomma, rilanciamo. 
 
 
Riappropriamoci dei valori cristiani e usiamo più spesso quelle parole che li identificano. Più dura è la critica, più è importante usare termini positivi per spiegare la Chiesa. Facciamoci «spazio nel cuore degli uomini», parliamo al desiderio di bene e felicità che ci accomuna; impariamo a raccontare, come discepoli felici che condividono storie ed esperienze: senza criticare quelle altrui ma presentandone di alternative; mettiamoci in gioco con la nostra testimonianza: il coinvolgimento personale è «la radice stessa dell’affidabilità di un comunicatore».  Su ogni tema chiediamoci: come posso farmi 'simile all’altro' per comunicare al meglio? E se incontriamo dolore, o rabbia, assorbiamoli grazie a quella straordinaria risorsa cristiana che è la misericordia. Il nostro compito è questo, e può partire subito, e in ogni contesto. A Firenze – si è osservato – il Papa ha consegnato un’enciclica per la Chiesa italiana, e ha detto 'non sta a me, sta a voi': è il momento di mettere in pratica questo suo appello. 
*Fondatrice di 'Catholic Voices Italia' martina.pastorelli@catholicvoicesitalia.it
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