venerdì 10 giugno 2011
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Discutere sulla famiglia non è mai fuori moda. Certo non su Avvenire. Questa settimana, poi, su qualche giornale si è aperto un nuovo confronto sulla questione. A rilanciare il dibattito sono state le parole del Papa pronunciate a Zagabria, durante il viaggio apostolico in Croazia, in occasione della Giornata nazionale delle famiglie cattoliche. Ribadendo il carattere particolare della famiglia naturale, Benedeto XVI ha marcato con forza l’importanza di non ridurre l’amore umano a mero piacere emozionale, privo di verità.Nei commenti, a prescindere dalle consuete proteste aggressive di alcuni polemisti a prescindere, si sono evidenziate due opposte posizioni culturali, degne di attenzione. Da un lato si è fatta avanti l’idea che, sebbene il rapporto stabile e legalmente riconosciuto tra un uomo e una donna sia evidentemente dissimile rispetto agli altri, la politica abbia il compito solo di regolamentare le situazioni esistenti, senza poter dare indicazioni precise di merito. Ciò significa che su temi di questo genere non esistono verità definitive. Vi è unicamente l’obbligo di compenetrare i diritti degli uni con quelli degli altri, anche parificando i doveri legali delle coppie eterosessuali e quelli delle unioni omosessuali. Dall’altro lato, invece, si è manifestata una reazione solo apparentemente opposta, la quale, sia pure utilizzando l’idea autentica di famiglia naturale, ha attivato automaticamente una polemica ideologica e politica sui diritti individuali di libertà.La vera soluzione va trovata, piuttosto, restando completamente estranei a certi sofismi intellettuali ed evitando, inoltre, di appellarsi continuamente in modo estenuante alla giurisprudenza. La legge positiva, infatti, ha valore – e ce l’ha eccome – solo finché la famiglia è giudicata superiore alle altre relazioni sociali possibili e immaginabili. A tal fine, una comprensione chiara della posizione cattolica è decisiva, anche solo per rendere immuni i relativismi e i rigorismi precedenti. San Tommaso spiega con chiarezza nella Summa contra gentiles che la famiglia è effetto del matrimonio. E il matrimonio, prima ancora di diventare un sacramento, non è un rapporto spontaneo tra persone, ma una realizzazione intima della loro umanità. Ogni persona non solo nasce e cresce con una chiara identità sessuale, ma sente germogliare in sé il desiderio di conservare la specie e di sopravvivere a se stessa nel tempo. Di qui la volontà "naturale" di avere figli, garantendo loro un permanente amore e un costante contatto paterno e materno. La crisi demografica e la fragilità del matrimonio sono perciò rivelatrici di un malessere dell’Occidente che si concreta poi specificamente nella debilitazione della famiglia. Oltretutto, è assodato che, quantunque il definitivo impegno pubblico di "uno" e "una" davanti alla comunità non sia comparabile legalmente a qualsiasi altra relazione stabile o precaria di altro tipo, non sono gli imperativi etici a dare valore alla famiglia, ma è la perfezione umana del matrimonio che conferisce ai suoi componenti qualità, spessore e piena felicità. Il resto, Carta costituzionale inclusa, è la conseguenza giuridica di una verità antropologica, riconosciuta dallo Stato e consacrata dalla Chiesa.Sarà sufficiente, insomma, tornare a una concezione pertinente del matrimonio, solido e aperto alla vita, e della famiglia naturale per affievolire la falsa e apparente energia di tutti gli equivoci prodotti dal moralismo e dal relativismo. Per inciso, è significativo rammentare che l’amore non è l’amicizia, anche se sono entrambi sentimenti relazionali positivi. L’amore esige l’esclusiva unione carnale di due persone, sessualmente diverse e libere, che giurino pubblicamente di non abbandonarsi mai e di non smarrire mai la disponibilità affettiva, procreativa ed educativa per i figli. In conseguenza di ciò, la superiore utilità sociale della famiglia resta fuori discussione.
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