La «miseria simbolica» e bellica e la forza dei gesti di fede e pace
sabato 16 aprile 2022

Secondo le acute analisi del filosofo francese, scomparso nel 2020, Bernard Stiegler, la nostra epoca «iperindustriale», mentre vive la «catastrofe del sensibile» assume come propria cifra la «miseria simbolica» (titolo dei due volumi, pubblicati in italiano nel 2021 e 2022 da Meltemi). In tale contesto, mentre la marginalità può aprire ampi spazi di possibilità, nella misura in cui riesce a ispirare una vera e propria «mistica del margine» (La forza dei gesti di pace), al tempo stesso si sviluppa una «guerra estetica», micidiale e che sperimentiamo in questo momento come venga a supportare il conflitto armato.

In momenti così drammatici abbiamo estremo bisogno di superare tale miseria, offrendo e proponendo al mondo autentici gesti simbolici, quali quelli cui abbiamo assistito nelle ultime ore, nel cammino verso la Pasqua. Una custode di simboli quale la Chiesa non manca di farsi carico di tale compito, rischiando anche il dileggio e il fraintendimento, ma non desistendo in una sua funzione fondamentale: quella di allargare gli spazi della sacramentalità, non limitandosi alle parole e agli appelli. E il luogo in cui tale sacramentalità si esprime è il mondo, secondo le felici riflessioni di un grande pensatore teologo ortodosso russo quale Alexander Schmemann ("Per la vita del mondo. Il mondo come sacramento", Lipa 2012).

Ai sacramenti che celebriamo nei luoghi di culto, finalmente in presenza, deve corrispondere il nostro essere segni nella storia.

Il tal senso, Mimmo Muolo qualche anno fa, a partire da queste pagine, ha coniato la felice espressione «l’enciclica dei gesti di papa Francesco», offrendone in un suggestivo e importante volume pubblicato dalle Edizioni Paoline una rassegna, che richiederebbe un adeguato aggiornamento.

I gesti di questo Venerdì Santo non sono stati posti dal Vescovo di Roma, ma egli certamente li ha ispirati e fortemente voluti.

Nella consapevolezza che, come afferma la Dei Verbum al n. 2, la Rivelazione si fa attraverso «gesti e parole, intrinsecamente connessi» (e non è un caso se al primo posto sia affermata l’importanza della gestualità, che ha a che fare con la corporeità), abbiamo potuto osservare e, volendo, partecipare, innanzitutto il gesto del cardinal Konrad Krajewski, elemosiniere del Papa, a Borodyanka, in ginocchio sul ciglio di una fossa comune. È il luogo della Via Crucis, come lo ha voluto Francesco, in modo che la croce di Cristo non venisse solo contemplata attraverso le sue rappresentazioni iconografiche, ma nella realtà dei cadaveri e dei morti di questa assurda guerra.

L’altro gesto, senza parole, quello delle due donne che hanno portato la croce nella Via Crucis al Colosseo, una russa, l’altra ucraina (Albina e Irina). La scelta di non accompagnare questo gesto con delle parole di commento ha finito con il sottolineare l’efficacia dello stesso, oltre la comunicazione verbale. Chi ha tentato di evitare che l’evento si verificasse o lo ha censurato, impedendo alla propria gente la partecipazione televisiva alla trasmissione della Via Crucis, non ha compreso il senso profondamente simbolico di questa scelta, portando acqua alla tesi di quella «miseria simbolica», che finisce col disumanizzare la società e la storia.

La presenza del Figlio nella storia si esprime attraverso gesti e parole. Talvolta tuttavia Gesù tace. In diverse occasioni nel corso di questo conflitto armato si riportata l’espressione di Eschilo secondo cui «la prima vittima della guerra è la verità». Colui che aveva affermato di essere «la Via, la Verità e la Vita» (Gv 14,6), di fronte alla domanda di Pilato: «Che cosa è la verità?» (Gv 18,38) rimane in silenzio. E il governatore non trova in lui alcuna colpa. L’esegesi fa notare come nel primo caso la parola "verità" sia preceduta dall’articolo, nella domanda del governatore romano, in realtà, l’articolo non c’è. Egli non è interessato alla Verità, ma vuol solo sapere che cosa è vero in quella circostanza, chi ha ragione e chi ha torto e quale è la posizione di colui che si appresta a condannare, non senza avergli sbattuto in faccia il suo "potere" di mandarlo a subire la «mors turpissima crucis». Qui Gesù risponde: «Non avresti alcun potere se non ti fosse stato dato dall’alto» (Gv 19,11).

La feroce esperienza di questa guerra ci pone ancora una volta di fronte alla questione della verità e a quella del potere. Rispetto a entrambi la Chiesa pone dei gesti-segni, che nella loro efficacia parlano soprattutto alle coscienze dei semplici, ma dovrebbero anche interpellare con forza i potenti di questo mondo, anche coloro che hanno la responsabilità delle Chiese e delle religioni.

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