sabato 21 settembre 2019
Dalle macchine che recitano sermoni a quelle che rispondono ai fedeli. Una frontiera con molti interrogativi ma che in Asia non desta stupore
Il robot Bless U-2 usato per prova a Wittenberg nel 2017: impartisce benedizioni in 5 lingue

Il robot Bless U-2 usato per prova a Wittenberg nel 2017: impartisce benedizioni in 5 lingue

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Siamo entrati nell’era della "spiritualità al silicio"? In qualche parte del mondo è già una realtà: in Giappone, in Cina, in India, anche in Germania troviamo al lavoro robot specificamente progettati per dare qualche forma di assistenza spirituale. Non siamo ancora (per fortuna) all’intelligenza artificiale nella religione, però potremo forse arrivarci. Ed è meglio essere preparati. Anche se non si realizzerà mai quel lontano futuro immaginato nel 1981 dallo scrittore statunitense Clifford D. Simak nel romanzo Project Pope (tradotto in Italia col titolo Il Papa definitivo), in cui il Pontefice è un supercomputer e i suoi cardinali sono dei robot che vivono in un Vaticano installato su un remoto pianeta ai confini della galassia. Per il momento la realtà è più modesta (e meno inquietante), anche se delinea scenari inediti. A Wittenberg due anni fa, per i 500 anni dalla affissione delle famose 95 tesi di Lutero, ha fatto il suo ingresso sulla scena mediatica BlessU-2, un robot concepito per impartire benedizioni in 5 lingue (tedesco, francese, inglese, spagnolo, polacco), con la possibilità di scegliere, da parte del fedele, una voce maschile o femminile. «L’idea è di provocare dibattito – ha detto il pastore protestante Stephan Krebs –. Le persone sono curiose, divertite e interessate. Ma all’interno della Chiesa alcune persone pensano che vogliamo sostituire i pastori umani con le macchine. Quelli vicini alla Chiesa sono più critici».

Diversamente funziona in Oriente e vedremo anche il perché. In Giappone la strada della robotizzazione in chiave religiosa procede abbastanza spedita, insieme alla robotizzazione di altri settori: esistono infatti trasmissioni televisive in cui macchine umanoidi fanno la loro parte. Per non parlare del professor Hiroshi Ishiguro che ha un robot con le sue sembianze. A volte lo invia al suo posto ai congressi mentre lui, in collegamento da Kyoto, parla attraverso il suo 'doppio'. Ishiguro è il costruttore di Mindar, al lavoro in uno dei templi di Kyoto. Ha la sembianza della divinità buddhista della misericordia, le mani giunte davanti al viso, Mindar recita sermoni preregistrati e in futuro il software potrebbe migliorare al punto da fornire appropriate risposte ai fedeli. «Questo robot dura per sempre e potrà venire migliorato, evolvendo verso funzioni più sofisticate», ha dichiarato Tensho Goto, il responsabile dei servizi della struttura religiosa. Ed ha aggiunto: «Grazie all’Intelligenza Artificiale sarà possibile aiutare le persone nei momenti di difficoltà. Il buddhismo potrà cambiare».

Un altro esperimento è stato tentato in positivo in India, utilizzando un robot in ausilio del rituale religioso indù per antonomasia 'Aarti'. Durante un festival a Pune un robot ha eseguito la danza rituale per il dio dalla testa di elefante. Il rituale che simboleggia l’uscita dall’oscurità prevede che un sacerdote o un devoto muovano una lampada o una canfora ardente davanti a una divinità, con accompagnamento di canti o inni. In questa occasione il fedele è stato sostituito da una macchina, senza troppo scandalo da parte dei partecipanti.

Spostiamoci in Cina con Xian’er, un robot umanoide basato sull’omonimo personaggio dei cartoni animati. È stato sviluppato da un gruppo di monaci, volontari ed esperti di intelligenza artificiale del monastero di Longquan a Pechino. Il robot può seguire le istruzioni umane per fare movimenti del corpo, leggere scritture e suonare musica buddhista. Può chattare e rispondere alle domande emotive e spirituali delle persone secondo i dettami della saggezza buddista. Come chatbot, Robot Monk Xian’er è nato nel 2011 ed è disponibile su alcune piattaforme pubbliche tra cui Wechat e Facebook dove fornisce pillole di saggezza anche se non molto frequenti. Da notare che le risposte fornite dal robot vengono assemblate ricorrendo a un database costruito attingendo alle domande dei fedeli e relative risposte dell’abate del monastero. Non siamo di fronte ad una vera 'religione al silicio' e tuttavia è stato compiuto un passo verso una spiritualità diretta da una macchina.

Il Wall Street Journal quest’anno si è occupato di Gabriele Trovato, ingegnere e assistente all’università giapponese di Waseda, che sta testando SanTO, un robot presentato un anno fa anche a Roma. Un fedele confida al robot la preoccupazione per il futuro e l’oggetto, di circa 30 centimetri di altezza, fornito di microfono, sensori, fotocamera per riconoscimento facciale, risponde dal Vangelo secondo Matteo: «Non preoccuparti del domani. Ad ogni giorno basta il suo affanno». SanTO è acronimo di Sanctified Theomorphic Operator e, secondo Trovato, «robotica e intelligenza artificiale aiuteranno la religione a diffondersi». Affermazione tutta da verificare. Per il momento possiamo chiederci come mai sia l’Oriente ad avanzare sulla tecnologia robotica. Una risposta è stata data da Kojiro Honda, docente alla Kanazawa Medical University, inquadrando il tema nell’ambito culturale-religioso. I giapponesi «abitano nel quadro culturale e mentale dello shintoismo e credono inconsciamente che ogni materia abbia una sua mente. Persone che possono credere che anche le pietre e le montagne abbiano vita mentale, possono facilmente adattarsi all’idea che anche i robot abbiano una loro mente peculiare. Uno dei testi fondamentali della antica cultura giapponese, Kojiki , afferma che nell’era antica l’essere umano poteva avere una comunicazione verbale con pietre, montagne, fiumi, piante e animali. Questa immagine originale di coesistenza e la prosperità rende i robot confortevoli per i giapponesi e non sono a disagio nell’accettare robot come animali domestici, amici o partner».

Certo il mondo orientale è diverso dal mondo occidentale. E alcune religioni più di altre (ad esempio le monoteiste) mettono al centro la relazione tra ministro del culto e fedeli e l’aspetto spirituale e comunitario della dimensione di fede. Così possiamo avere uno spaccato della portata dei problemi da affrontare seguendo quanto ha scritto, in maniera spiritosa e provocatoria, come da tradizione, il rabbino Rami Shapiro su uno dei tanti siti dedicati ai temi della religione, della spiritualità e della tecnologia. «San-TO e BlessU-2 potrebbero presto essere onnipresenti come Siri e Alexa. Questo può spaventarti, ma una volta inventata una nuova tecnologia è quasi impossibile impedirne la diffusione.

Dato che il robo-clero è qui per restare, lasciatemi offrire due suggerimenti per la prossima generazione di religiosi-robot che, presumo, si chiamerà iPadre-Pro. Dato che BlessU-2 ha iniziato la sua vita come cassiera automatica, mi baserei su quella funzione in modo che, insieme a una benedizione, dispensasse qualche dollaro da distribuire ai poveri. Una versione ebraica di San-TO – RABB-i? – dovrebbe essere programmata per rispondere alla domanda con una domanda: «RABB-i, questo panino è kosher?»; «Ora ti preoccupi del kosher? Che dire del tuo panino farcito della scorsa settimana?». Oppure: «RABB-i, va bene per me studiare Zen?»; «Zen? Stai chiedendo a un RABB-i dello Zen? Vai a parlare con il mio collega Rosh-i se vuoi conoscere lo Zen e il suono di un disco che gira vorticosamente».

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