Una società civile che sa entrate in dialogo con gli enti pubblici
mercoledì 1 luglio 2020

In un approfondimento sul rapporto tra cooperative di comunità e Regione Umbria, la Corte costituzionale – con Sentenza del 20/05/2020 e pubblicata il 26 giugno 2020 – ha fornito un importante approfondimento e chiarimento sull’articolo 55 del Codice del Terzo settore in materia di co-programmazione e co-progettazione tra la Pubblica amministrazione e gli Enti di Terzo settore. La Consulta ha infatti esaminato diversi aspetti relativi a una delle norme più innovative e qualificanti del Codice, l’art.55, fondando sulla Costituzione e anche sul quadro normativo europeo la piena liceità di quanto previsto dalla norma. «Con questa sentenza la Corte Costituzionale dà finalmente ragione alle tesi sostenute dal Forum e cioè che attraverso gli strumenti della co-programmazione e co-progettazione viene definita una prassi collaborativa tra istituzioni pubbliche ed enti di Terzo settore, nel riconoscimento di una comune finalità volta al perseguimento dell’interesse generale della comunità e in piena attuazione al principio costituzionale di sussidiarietà. La Corte non solo smonta la linea sostenuta, in alcuni casi, dalla giustizia amministrativa ma, attraverso una accurata disamina di tutta la normativa riguardante il Terzo settore e le precedenti sentenze della stessa Corte, ne consolida definitivamente il valore costituzionale. Si tratta di una svolta importantissima», ha commentato Claudia Fiaschi, portavoce del Forum del Terzo settore.

La sentenza della Corte costituzionale sul ruolo del Terzo settore nella definizione nel perseguimento dei fini di interesse generale costituisce un passaggio importante per la cultura istituzionale del nostro Paese. Nel dispositivo approvato, la Corte si richiama all’ispirazione personalista che attraversa tutta la nostra Costituzione, ricordando la «profonda socialità » che connota la persona umana in quanto capace di realizzare una «azione positiva e responsabile».

Ricordando che le relazioni di solidarietà – all’origine di una fitta rete di libera e autonoma mutualità – costituiscono un fattore fondamentale dello sviluppo sociale, culturale ed economico, la sentenza prosegue affermando il principio per cui lo svolgimento di attività di interesse generale non è di competenza esclusiva dello Stato, ma compete anche alla «autonoma iniziativa dei cittadini». Visti come soggetti responsabili e dunque chiamati a portare il loro contributo al bene comune. Ragionando proprio sulla natura del Terzo settore, la Corte riconosce un ruolo specifico all’auto organizzazione dei gruppi sociali, visti come una membrana fondamentale per la salute della democrazia e il buon funzionamento delle istituzioni. Per questa via, la Corte delinea un nuovo rapporto 'collaborativo' tra Terzo settore e soggetti pubblici.

Toccando un tema centrale nel momento in cui si discute dei modi per rendere più efficiente uno Stato che non è sempre all’altezza dei suoi compiti. Di fronte alla complessità del mondo nel quale viviamo, i problemi che devono essere risolti difficilmente possono essere gestiti semplicemente attraverso le istituzioni, che – imprigionate dalle regole burocratiche e dallo scontro politico – sono spesso in ritardo rispetto all’evoluzione sociale. Per ovviare a questo problema avanza ogni giorno di più l’idea di affidare a degli algoritmi il compito di trovare soluzioni a problemi sempre più intricati. Al contrario, la sentenza della Corte delinea una soluzione diversa, che investe sulla responsabilità personale e sulla capacità della società civile di organizzarsi e di entrare in dialogo con l’ente pubblico nella ricerca e nella costruzione concreta del bene comune.

Di questo spirito c’è un enorme bisogno oggi, nel momento in cui le nuove esigenze che la pandemia ha imposto rischiano di ingenerare un grave equivoco: e cioè che il rimedio alle derive della cultura liberista – che tesseva le lodi del mercato e della concorrenza centrata un modello dirigista – sia tutto centrato sul ruolo unico ed esclusivo dello Stato. Sarebbe un grave errore. E per l’Italia ancora di più, vista la condizione non certo entusiasmante in cui versano le nostre istituzioni. In realtà, l’uscita dalla crisi deve mettere a valore ciò che nei primi mesi del 2020 abbiamo tutti riconosciuto: e cioè che siamo legati gli uni agli altri. Che le istituzioni pubbliche e gli apparati tecnici sono fondamentali, ma che è contributo umano a fare la differenza. Che quando sono chiamati a dare il loro contributo in vista di un bene comune i cittadini rispondono con generosità straordinaria. Andare per questa strada significa investire decisamente sulla persona e sulla sussidiarietà orizzontale nella convinzione che la capacità di una mobilitazione collettiva sia un ingrediente essenziale per delineare e implementare le soluzioni più adeguate ai tanti problemi che dovremo affrontare nei prossimi anni. La sentenza parla anche al Terzo settore, chiamato ad aprire una nuova stagione. Nato negli anni 80 – nel momento in cui si andavano trasformando gli assetti del dopo guerra – questo mondo delle cooperative e delle associazioni è cresciuto enormemente anche grazie alla sua capacità di accedere alle risorse pubbliche. Finendo in molti casi per diventare un fornitore di servizi a basso costo.

Già molti esponenti di queste realtà hanno riconosciuto la necessità di portare a termine la mutazione (in parte già iniziata) verso una nuova stagione, in cui il Terzo settore aspiri a diventare a pieno titolo un soggetto della co-costruzione di quel 'valore condiviso' che costituisce il vero segreto del modello di sviluppo che vogliamo realizzare. Ciò naturalmente implica la capacità di non percepirsi semplicemente come una parte, un mero sistema di interessi da difendere, ma piuttosto come una membrana in grado di mettere al lavoro le risorse umane e spirituali presenti nella società e ricollegarle con lo Stato da una parte e il mercato dall’altra. E questa la condizione per rendere il Terzo settore un soggetto trainante della trasformazione in corso. Un vero soggetto di innovazione sociale. Da tale punto di vista la sentenza della Corte, nel riconoscere il ruolo prezioso di questa componente della nostra organizzata sociale, le attribuisce anche una nuova responsabilità: che tutti insieme si dovrà cercare di cogliere. Nel pieno rispetto del dettato costituzionale.

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