Papa Francesco e lo sguardo di Maria
mercoledì 2 gennaio 2019

«Quando ci troviamo impigliati nei nodi più intricati della vita, giustamente guardiamo alla Madonna, alla Madre. Ma è bello anzitutto lasciarci guardare dalla Madonna. Quando ci guarda, lei non vede dei peccatori, ma dei figli». Ci sono parole che non contengono niente – quante, e come ci assordano, rumorose – e ci sono parole dense. Come queste quattro righe pronunciate ieri dal Papa nella solennità di Maria Madre di Dio.

Parole che contengono un segreto, che si rivela nel rileggerle e riascoltarle in sé. (Un segreto, s’intende, solo per i cristiani distratti e affaticati come noi). Di rivolgerci alla Madonna, di domandare a lei, ce l’hanno ripetuto fin da piccoli. Ma il lasciarci guardare da lei è una prospettiva diversa, più profonda. Perché gli uomini quando sono nei guai, o nel dolore, e quindi più sinceri, guardando a se stessi possono anche disperare: se, finalmente vedendosi, si giudicano per ciò che hanno fatto e ciò che sono.

Ci dice Francesco però che dobbiamo anzitutto «lasciarci guardare dalla Madonna »: che non vede in noi dei peccatori, ma dei figli. Ci guarda con quella misericordia viscerale, con quella generosità e capacità di perdono che è propria delle madri con i figli. (Chi scrive ricorda una mattina da cronista di nera in una periferia di Milano, un giovane spacciatore ammazzato per strada, e sua madre che in un modesto tinello piangeva: «Eppure, da piccolo era un bambino buono».

Quel dimenticare e perdonare tutto, in una povera donna spezzata dal dolore, indimenticabile: come una misteriosa grandezza in una casa disgraziata). Se può guardare così una qualsiasi madre, come sarà lo sguardo di Maria su di noi? Un’indicibile misericordia, un ricordarsi di noi nel tempo dell’innocenza, un’assoluta consapevolezza che di ogni peccato si può chiedere perdono: viscerale tenerezza e insieme fede di roccia.

Dentro a un simile sguardo si può ricominciare: per quanto induriti e lontani e cinici, si può rinascere, anche nel 2019, oltre duemila anni dopo la notte di Betlemme. C’è drammaticamente bisogno di un’umanità che sappia abbandonarsi allo sguardo di Maria: questo è il segreto di quelle poche, bellissime parole di Francesco.

Abbandonarsi, ritrovando in quegli occhi materni i bambini che un giorno si è stati, e riuscendo, oltre ogni orgoglio, a chiedere perdono e a perdonarsi (a volte gli uomini sono i più duri giudici di se stessi, fino ad arrivare alla disperazione). Del resto, pensando lucidamente a quanta ferocia, a quanta miseria, a quanta solitudine abitano questo mondo, dalla disperazione si potrebbe essere tentati.

Ma dobbiamo sapere quanto straordinariamente più grande, come un pozzo infinito, è l’amore di quel Dio nato bambino, di cui sua madre e i suoi occhi sono segno. Così che sembra una preghiera, quest’altro passo dell’omelia di Francesco: «Sguardo della Madre, sguardo delle madri. Un mondo che guarda al futuro senza sguardo materno è miope. Aumenterà pure i profitti, ma non saprà più vedere negli uomini dei figli. Ci saranno guadagni, ma non saranno per tutti. Abiteremo la stessa casa, ma non da fratelli. La famiglia umana si fonda sulle madri. Un mondo nel quale la tenerezza materna è relegata a mero sentimento potrà essere ricco di cose, ma non ricco di domani. Madre di Dio, insegnaci il tuo sguardo sulla vita e volgi il tuo sguardo su di noi, sulle nostre miserie».

Preghiera antica eppure preghiera di rivoluzione per quest’anno che inizia: 2019 anni dopo l’ora in cui la notte di Betlemme fu infranta da un vagito, e il tempo di Cristo si allargò nella storia.

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