In attesa dei vaccini un cammino silenzioso verso una nuova Bretton Woods
martedì 24 novembre 2020

Occorrono nuove istituzioni internazionali ed europee, o una riforma di quelle esistenti, per affrontare il problema 'gemello' della crescita e del debito dopo la pandemia? O è meglio puntare sulla «capacità di efficienza adattiva» di quelle esistenti? Il dibattito è aperto. Quando si avranno uno o più vaccini, potrà iniziare un conto alla rovescia per individuare i lineamenti di quelle che saranno l’economia e le relazioni internazionali.

Secondo un’ipotesi, sarebbe necessario mettere in atto già ad ora una diplomazia economica analoga a quella «del dollaro e della sterlina» (dal titolo del bel libro di Richard Gardner) con cui arrivare a una nuova Bretton Woods. Secondo un’altra, le istituzioni e le regole esistenti hanno mostrato un’adeguata «capacità di efficienza adattiva», per utilizzare il lessico di Douglas Cecil North (Premio Nobel per l’Economia del 1993), da rendere necessari solo pochi aggiustamenti formali unitamente a una buona dose di «adattamenti interpretativi» degli accordi esistenti.

In primo luogo, occorre distinguere tra Paesi a basso reddito e privi di una struttura produttiva adeguata e Paesi ad altro reddito e dotati di buona struttura produttiva e alta ricchezza privata (di famiglie e imprese). Per i primi sono necessarie operazioni di ristrutturazione e anche cancellazione del debito 'sovrano' secondo le linee definite dall’assemblea generale delle Nazioni Unite sulla base di un rapporto redatto, per l’Onu, dall’ex Presidente del Consiglio italiano Bettino Craxi. In effetti, per questi Paesi, la crescita sembra destinata a essere bassa nel lungo termine.

Quindi, non può applicarsi a loro il «teorema di Olivier Blanchard» (che è stato Capo economista del Fondo monetario internazionale) secondo cui il debito è 'sostenibile' sino a quando il tasso di crescita supera quello di interesse. Il fascicolo autunnale 2020 del semestrale Imf Monitor (poco discusso in Italia) pone l’accento non tanto sui saldi di bilancio e di finanza pubblica quanto sugli investimenti pubblici per la crescita come leva per risolvere il nodo del debito. Per i Paesi ad alto reddito (tra cui quelli dell’Unione Europea, Ue), il nodo è tornare alla crescita e «adattare regole ed istituzioni esistenti » alla nuova situazione per alleggerire quello che sarebbe meglio abituarsi a chiamare il «debito delle pubbliche amministrazioni (p.a.)», dato che ad esso corrisponde un’elevata «ricchezza privata».

Negli ultimi tempi, sono usciti saggi di pregio di economisti di scuole differenti (quali Pierluigi Ciocca, Paolo Guerrieri, Pier Carlo Padoan, Gustavo Piga) sulle politiche economiche e riforme istituzionali interne per riattivare la crescita e rendere così il «debito delle p.a.» sostenibile e gradualmente riducibile dal 170% del Pil previsto per il 2021 ad un livello attorno al 120% del Pil, pari alla media di quello dell’eurozona. Non sempre le politiche economiche perseguono – ad esempio, tramite le politiche di bilancio – un’adeguata politica di crescita. Il 19 novembre, il 'Wall Street Journal' acutamente rilevava che è la «curva del debito della p.a.» dell’Italia a preoccupare più del suo livello; tale curva non può essere corretta senza un’adeguata crescita. Le istituzioni e le regole dell’Ue hanno mostrato differenti gradi di «efficienza adattiva». La Commissione ed il Consiglio Ue sono stati rapidi – molto più di quanto avvenne al tempo della crisi del 2008 – nel 'sospendere' il Patto di Crescita e Stabilità' (Pcs) e nell’adottare un «quadro temporaneo» per gli aiuti di Stato, nonché una politica per la crescita, di cui l’aspetto più importante è il programma 'Next Generation Eu' (Ngeu).

Ora i nodi centrali sono come rivedere il Pcs anche formalmente per quando (dal 2022 o 2023) sarà di nuovo vigente, e come far decollare il Ngeu. Il «teorema di Olivier Blanchard» offre un ottimo appiglio per il Pcs. Le difficoltà del Ngeu (che verranno probabilmente superate nell’arco di alcune settimane) mostrano l’esigenza di una riforma formale: modificare, tramite la ormai imminente «Conferenza sul futuro dell’Europa», la regola dell’unanimità, recepita, pare da quelle della 'Dieta' polacca di trecento anni fa, regola che fu una delle determinanti principali delle varie spartizioni della Polonia. La Banca centrale europea (Bce) ha dato prova di un forte grado di «efficienza adattiva».

Nel 2012 il « whatever it takes » dell’allora Presidente della Bce Mario Draghi portò a una nuova interpretazione del Trattato istitutivo. Tale interpretazione è stata perseguita con il Pandemic emergency purchase program( Pepp) di cui sino ad ora il principale beneficiario è stato l’Italia. Dal 2015 a fine settembre 2020, la Bce ha acquistato circa 3.000 miliardi di euro di debiti pubblici ed entro la fine del 2020 potrebbe aver acquisito 400-500 miliardi di titoli pubblici italiani. Non si tratterebbe di annullare formalmente i crediti Bce nei confronti degli Stati e delle banche centrali nazionali, ma di trasformarli di fatto in una rendita perpetua che la Bce deterrebbe nei confronti degli Stati a tassi di interesse nulli o quasi. Una proposta in tal senso è stata lanciata cinque anni fa dall’economista francese André Grjebine nel libro «La dette publique et comment s’en débarrasser: désendetter les États européens sans compromettre la croissance, c’est possible!» (Presse Universitaire de France, 2015).

L’ha riproposta di recente, a doppia firma con Paul De Grawe (London School of Economics) dalle colonne di 'Le Monde'. Torniamo alla «capacità di efficienza adattiva» di John Cecil North: si dispiega meglio silenziosamente, senza fare clamore. Contando in questo caso sulla diplomazia dell’eurozona, ossia su quella delle Banche centrali nazionali, tramite i loro rappresentati nel Comitato Esecutivo e nel Consiglio della Bce. Ha loro ha dato una mano il Fmi, con un documento elaborato con la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, l’Istituto Universitario Europeo e Sciences Po di Parigi, messo online il 19 novembre e intitolato ' Reducing Risk While Sharing It: A Fiscal Recipe for the Eu at the Time of Covid-19' (Ridurre il rischio condividendolo: una ricetta per l’Ue in tempo della crisi Covid-19).

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