giovedì 16 maggio 2019
La guerra alla solidarietà, gli insulti al bene e la ricostruzione del tessuto sociale
Un sindacato di «prossimità» contro indifferenza e odio
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Caro direttore,
credo sia compito anche delle parti sociali, e in particolare di una grande organizzazione sindacale come la Cisl, prendere posizione e non tacere di fronte a questo vento forte e pericoloso che si è alzato non solo in Italia ma in tutta Europa contro i princìpi sociali, morali e culturali fondanti e condivisi della nostra comunità.

Su 'Avvenire' l’avete chiamata la 'guerra alla solidarietà', una guerra politica e mediatica. Una delle ultime e più gravi prove, davvero intollerabile, l’abbiamo avuta qualche giorno fa davanti alla Basilica di San Pietro, quando è stato esposto, uno striscione razzista e contro papa Francesco. Un fatto increscioso che deve far riflettere tutti.

Così come sono inaccettabili gli insulti nei confronti dell’opera encomiabile di don Giacomo Martino che, come tanti altri parroci, si batte ogni giorno per i poveri e per il diritto universale a una giusta accoglienza per profughi e immigrati che cercano una vita lontano da persecuzioni, sfruttamento, schiavitù. Che cosa sta diventando il nostro Paese? Quali valori stiamo trasmettendo ai giovani, in questa epoca storica di populismi, di sovranismi biechi che vogliono mettere in discussione ogni forma di solidarietà, di inclusione sociale, di equità e lotta alle diseguaglianze sociali?

È l’idea stessa di democrazia a venire messa in discussione oggi da gruppi ben organizzati ai confini della legalità, che continuano a negare il passato, basano il loro consenso in Europa e nel nostro Paese su vecchi slogan e pratiche che di democrazia hanno davvero ben poco. Sarebbe un errore sottovalutare questo clima di incitazione all’odio, questa continua sequela di provocazioni, che trovano un humus propizio nel linguaggio sguaiato e senza alcun controllo della Rete, nella disinformazione organizzata e 'squadrista', nell’assenza di un progetto condiviso di rilancio dell’unificazione europea.

Lo dimostra anche questa confusa e distratta campagna elettorale per il rinnovo del Parlamento Europeo dove si discute ben poco del futuro dell’Europa, delle politiche economiche e sociali che devono tornare a essere al servizio delle persone e delle comunità e non il contrario. Purtroppo, finora, non c’è traccia di questo nel confronto politico, nei dibattiti dei talk tv, nelle grandi piattaforme dei social network. Manca una riflessione seria su come costruire una nuova Europa politica e sociale, nella quale contino prima di tutto gli uomini in carne e ossa, le aspettative delle famiglie, i loro bisogni e non solo i numeri, i parametri, i protocolli.

Una Europa senza muri e senza barriere xenofobe, che sappia fare 'sistema', unita nei valori del lavoro e della giustizia sociale, della sicurezza, dell’accoglienza, dell’integrazione. Ecco perché ha un grande valore simbolico e ha colpito tutti il gesto del cardinale Konrad Krajewski, elemosiniere di papa Francesco, che ha ridato la luce a un palazzo occupato a Roma, in cui era stata tolta da giorni la corrente a centinaia di persone, compresi tanti bambini e decine di anziani. Non è stata solo carità verso chi soffre: è stata una denuncia forte dell’indifferenza generale che si sta diffondendo nel nostro Paese. Abbiamo preferito le paure ai sogni, l’opportunismo alla giustizia sociale. L’indifferenza è una malattia contagiosa, si mescola al peggio che è in noi, fa diventare buonismo tutto ciò che esprime umanità.

Oggi salvare un uomo in mare, viene additato come una colpa e si pensa persino di farne un gesto da multare. La povertà e l’emarginazione, diventano quasi un fenomeno fastidioso. Tutto ciò che riguarda gli aspetti umanitari viene visto come un qualcosa da mettere in discussione, a partire dal ruolo del volontariato laico e cattolico che resiste eroicamente alle accuse infamanti, e la sua resistenza è un riscatto per tutti.

Ma questo non basta davanti alla volgarità e agli insulti rivolti al Santo Padre e ai tanti sacerdoti e volontari impegnati giorno per giorno nei luoghi del disagio e della povertà per far diventare la speranza una realtà. Ecco perché tra qualche giorno la Cisl inizierà il suo percorso dell’Assemblea organizzativa e uno dei temi che discuteremo sarà proprio come rilanciare il nostro ruolo di sindacato di 'prossimità', là dove il disagio è forte, in quelle 'periferie geografiche ed esistenziali' che papa Francesco ha indicato come le nuove frontiere della fraternità. Questo significa impegno contrattuale, formativo e un investimento straordinario per aprire nuove sedi dove la povertà sfocia oggi in disperazione.

Questo deve fare un grande sindacato come la Cisl, ma potrebbe diventare anche quel percorso concreto e dal basso verso il sindacato unitario che parte proprio dagli ultimi, per affermare una visione della realtà che metta al centro il valore della persona, della vita, del giusto rapporto tra ambiente e sviluppo industriale, dell’importanza del dialogo sociale, della democrazia come strumento di partecipazione e di riscatto. Da questo bisogna ripartire.

Diritti, lavoro dignitoso per i giovani, lotta alle diseguaglianze: questi sono i veri anticorpi che dobbiamo diffondere nelle scuole, nelle università, nei luoghi di lavoro, nelle parrocchie. Noi siamo in campo e lo resteremo con le nostre strutture, le nostre categorie, i nostri enti, come abbiamo fatto negli anni del terrorismo, quando era in ballo la libertà nel nostro Paese. L’unità del sindacato deve servire anche a questo, perché la nostra è la cultura positiva che può fare da argine ai fantasmi del passato, alla sfida dei nazional-populismi, ad arrestare la visione miope e pericolosa di chi punta alla disgregazione per affermare solo la logica del più forte.

Segretaria Generale Cisl

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