L’incontro con Mattarella per la Giornata Onu
martedì 4 dicembre 2018

Brillano di emozione gli occhi dei ragazzi dell’orchestra Magica Musica – una quarantina – mentre incrociano lo sguardo compiaciuto di Sergio Mattarella. Il presidente della Repubblica sorride benevolo ai giovani delle scuole primarie invitati al Quirinale per celebrare la Giornata indetta dall’Assemblea generale dell’Onu nel 1992: è la loro occasione, è il momento giusto per accendere i riflettori sulla disabilità, e loro, ciascuno con la propria storia, sono lì a testimoniare per tutti i disabili italiani il carico di umanità spesso nascosto dietro a una più evidente sofferenza.

C’è naturalezza e delicatezza nelle parole del capo dello Stato che ha caratterizzato il suo mandato con un’attenzione speciale ai disabili. E la naturalezza viene ripagata. Si parla di diritti, di impegno per le istituzioni, di garanzie indispensabili. Si parla di scuola. Di sport. Di arte (le note dell’Inno di Mameli si diffondono cariche di intensità). E si parla di lavoro. I bambini disabili ascoltano seri. La scuola è senz’altro un ammortizzatore fondamentale.

È l’occasione più importante per affermare la piena titolarità dei diritti dei giovani segnati da difficoltà fisiche o mentali. Ma la scuola ha un termine, come è giusto che sia. Un termine che si sposta un po’ più avanti, di frequente, quando la malattia costringe a ritardare di qualche anno la fine del corso scolastico. Spesso, anzi, sono le famiglie dei disabili a cercare di prolungarlo il corso. Perché dopo c’è il salto nel vuoto. E le tante conquiste fatte per affermare i diritti degli studenti disabili si infrangono e si sgretolano di fronte alla impossibilità di trovare un lavoro. I ragazzi disabili per lo più non si specializzano, per lo più fanno fatica a trattenere quello che apprendono, per lo più vanno gestiti, vanno contenuti.

Non producono molto – a volte niente – e consumano meno i prodotti più comuni. Hanno un’energia interiore da incanalare, che spesso si sprigiona in maniera inconsulta. Richiedono impegno. Bisogna entrarci in sintonia per comunicare con loro. Ecco, in un mondo che comunica sempre più a distanza, in modo impersonale, loro hanno bisogno di umanità. Vogliono essere guardati in tutta la loro dimensione, anche quella meno gradevole. Senza trucchi né inganni.

Non possono nascondersi. Non sanno essere ipocriti. Ci interrogano. Interrogano quella parte di noi che non ammette la fragilità, che vorrebbe evitarla, che scansa la differenza, l’handicap. Il disabile ti invita a guardare i limiti. E lo fa nell’era in cui i limiti devono essere superati a tutti i costi. Parlare di lavoro, allora, diventa ancora più difficile. Per i disabili si può ragionare di assistenza, e anche questa spesso non raggiunge la soglia di dignità. Si cerca di ascoltare il grido delle famiglie, come nel caso della legge per il 'Dopo di noi': un modo per cercare di garantire al disabile un futuro una volta che non ci saranno più i genitori. Un provvedimento che ha acceso tanta speranza nelle case di chi combatte quasi in solitudine la battaglia quotidiana per i propri figli e i cui fondi vengono messi in discussione di manovra in manovra. Si può in alcuni casi occupargli il tempo: e anche questa è una grande fortuna per le famiglie che non trovano tregua alla fatica.

Ma non si ascoltano i disabili adulti che vogliono sentirsi utili alla società, che sentono di avere qualcosa da dare al Paese. La loro domanda di 'normalità' resta un’eco che rimbalza tra le pareti domestiche. È già dura per gli altri trovare lavoro. Ebbene, in un’epoca che cavalca l’esclusione, quando il bambolotto nero non può più entrare nell’asilo, in una fase storica in cui una madre con un bimbo vengono scansati per il colore della pelle, parlare di diritti di una fascia fragile della società può suonare stonato. Perché i diritti non sono esclusiva di qualcuno né sono una concessione. A fronte degli occhi sinceri del capo dello Stato, la rabbia e l’egoismo che si diffondono lasciano una certa inquietudine in chi ogni sera, prima di andare a dormire, dà un bacio al proprio figlio disabile.

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