giovedì 31 agosto 2023
La controffensiva è lenta, Kiev porta il conflitto sul territorio russo. Ciò che gli Usa temevano di più. La risposta del Cremlino per ora è però debole. Manca una strategia complessiva dell'Occidente
Guerra giorno 554: linea rossa superata con i droni su Mosca, ma Biden esita
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La guerra in Ucraina è giunta al giorno 554. Le speranze dell’avvicinarsi di una trattativa concreta, alimentate dalla lettura un po’ affrettata di un’intervista del presidente Zelensky alla tv nazionale 1+1, sono presto sfumate, quando si è andati a leggere nel dettaglio il testo, in lingua originale, come ha fatto Nona Mikhelidze dell’Istituto Affari Internazionali. Nessuna apertura politica nuova, ma soltanto un commento a un’operazione speciale condotta in Crimea il 24 agosto. Questo non toglie che il momento sia delicato e possa aprire a mutamenti nello scenario bellico.

Quanto lenta e insoddisfacente è davvero la controffensiva di Kiev? L’ottimismo di inizio primavera - probabilmente mal posto, anche per errori di calcolo degli stati maggiori alleati dell’Ucraina – ha lasciato il posto a un pessimismo forse esagerato – guidato anche da una propaganda russa che sembra essersi fatta di nuovo più abile e insistente. Per esempio, sembra che solo 5 dei 71 Leopard forniti dall’Occidente siano stati distrutti, senza perdite di equipaggio, al contrario delle notizie circolate di enormi perdite subite al fronte. Di certo, le difese organizzate da Mosca intorno alle quattro “province” annesse dal settembre scorso si stanno rivelando molto più dure del previsto da espugnare. Soprattutto, si era di molto sottovalutato l’utilizzo di tattiche tanto “antiche” quanto efficaci, a partire da campi minati, fortificazioni e linee di trincee.

Tuttavia, nelle ultime ore qualcosa sembra essersi mosso. Le forze armate ucraine stanno facendo progressi in direzione di Novoprokopivka, il villaggio oltre Robotyne, sulla direttrice di Melitopol, secondo quanto riferito dai portavoce militari. La cattura di Robotyne era stata annunciata all'inizio della settimana. Anche se il piccolo centro è a pochi chilometri da dove si trovavano le truppe all'inizio dell’azione di riconquista, la sua presa ha segnato un "risultato significativo" poiché è stata sfondata una prima linea di difesa russa. L'obiettivo, come è noto, è quello di “sfondare” fino al Mar d'Azov, interrompendo così la logistica e le comunicazioni di Mosca con le truppe a Kherson e in Crimea.

Secondo gli analisti, il prossimo vero test sarà la cittadina di Tokmak, 33mila abitanti prima della guerra. Se l'Ucraina riesce a riportarvi la sua bandiera, si troverà a un terzo della strada per Melitopol e potrà dire di avere ottenuto un avanzamento davvero rilevante. Ma non sarà facile. Per questo Kiev sta aprendo un altro fronte, mentre cresce, come si è detto, la pressione internazionale per un’iniziativa diplomatica sul modello dell’incontro tenutosi a Gedda in Arabia Saudita con molti Paesi Nato, ma anche Cina, India, Brasile e Sudafrica (sebbene resti da chiarire quali sono stati i reali passi avanti in quell’occasione).

E il nuovo fronte è quello russo. Portare la guerra oltreconfine, se finora poteva essere considerato una manovra diversiva con valore più simbolico che strategico, adesso è diventato un modo di mettere sotto pressione Mosca e di tentare di limitare il suo potenziale offensivo. Nel mirino sono finite basi, installazioni militari e industrie belliche, oltre agli aeroporti di Mosca e, in un caso clamoroso, lo stesso Cremlino. A colpire sono i droni con autonomia sempre maggiore. Lo ha rivendicato ieri lo stesso presidente ucraino: “Il nostro esercito è riuscito a colpire un bersaglio a una distanza di 700 chilometri con armi a lungo raggio di produzione nazionale”. La dichiarazione segue l'attacco, avvenuto nella notte tra martedì e mercoledì, contro l'aeroporto militare di Pskov, dove sono stati distrutti almeno 4 aerei da trasporto strategico Ilyushin Il-76, a una trentina di chilometri dal confine con l'Estonia e circa 700 dal confine con l'Ucraina.

Ovviamente, non saranno i piccoli velivoli senza pilota a modificare in modo sostanziale il corso della guerra. Tuttavia, un cambiamento l’hanno provocato, ed è qualcosa su cui si comincia a ragionare. Ha dato voce a vari strateghi un commento di Max Boot sul “Washington Post”. In sostanza, l’editorialista fa notare come si sia dimostrato esagerato il timore, più volte espresso dalla Casa Bianca, che attaccare il territorio della Federazione costituisse un’escalation troppo rischiosa, cui il Cremlino avrebbe risposto in modo devastante. La linea rossa paventata da Biden, passata la quale sarebbe arrivata una risposta con le atomiche tattiche, è stata ormai superata molte volte e da Mosca l’unica risposta è stata quella degli ormai “tradizionali” bombardamenti sulle città nemiche. Attacchi che sono ormai per lo più neutralizzati dalla contraerea.

Ecco allora che si argomenta: perché a questo punto non dare più armi e più potenti a Kiev, per permetterle di rendere vincente la sua controffensiva, senza la paura di una reazione russa di livello superiore? Ciò mette ulteriormente in evidenza la mancanza di una chiara strategia occidentale di sostengo all’Ucraina e di contenimento a Mosca che guardi più avanti dei prossimi mesi e consideri i diversi esiti delle operazioni di questa fine estate-inizio autunno.

Le preoccupazioni di Biden – scrive Boot -, un tempo comprensibili, sembrano ora eccessive. I ripetuti attacchi con droni all'interno della Russia dovrebbero rimuovere i dubbi sulle conseguenze del superamento delle presunte linee rosse di Putin. La conclusione è chiara: “Fornire maggiori aiuti all'Ucraina non aumenterà significativamente il rischio di una guerra più ampia, ma potrebbe accorciare il conflitto esistente”. Si tratta probabilmente di un’eccessiva semplificazione.

Tuttavia, sottolineano altri analisti militari, dato che questa guerra probabilmente continuerà fino al 2024, e potenzialmente anche oltre, gli Stati Uniti e l'Europa dovrebbero cercare una migliore soluzione. È necessario capire come sfruttare meglio le loro risorse materiali, politiche e di strategia per sostenere l'Ucraina ora, durante il prossimo inverno e nei prossimi anni, in modo che Kiev possa ottenere una vittoria giusta e duratura.

Quello che invece emerge è una situazione intermedia in cui il presidente Usa Biden non vuole forzare oltre sul campo, anche se sa che si avvicina una campagna elettorale in cui il suo rivale Trump giocherà molto sul conflitto ucraino a danno della attuale Amministrazione. Non si può escludere che, valutata la situazione e le prospettive a breve termine, il sostegno “limitato” a Zelensky (no agli F-16, no ai missili a lungo raggio) serva a convincerlo a fare qualche concessione e sedere a un tavolo (anche se non direttamente davanti a Vladimir Putin). Come dire: apparentemente, si naviga a vista. E la pace resta lontana.

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