domenica 12 ottobre 2014
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Il Sinodo giunge al suo giro di boa. Una settimana di intenso dibattito è alle spalle, un’altra per gli approfondimenti e il tirar delle somme sta per cominciare, prima dell’atto finale che un’attenta "regia" ha affidato, domenica prossima, alla beatificazione di Paolo VI. Ma proprio quell’appuntamento, verso il quale cresce l’attesa, è elemento che appare sempre meno "decorativo" e sempre più sostanziale, man mano che passano i giorni, rispetto al lavoro dei Padri. Se, infatti, si guarda a quanto effettivamente è fin qui emerso dall’Aula sinodale, non è possibile non scorgervi i cromosomi che l’intuizione montiniana ha impresso all’istituzione da lui stesso voluta. Non è, dunque, esagerato affermare che, come e di più di quelli che lo hanno preceduto, questo Sinodo sulla famiglia si sta svolgendo sotto il segno di Paolo VI. Una notazione che, del resto, la beatificazione collocata a chiusura dei lavori suggeriva fin dall’inizio e che si è via via rafforzata nella prima settimana.L’impronta del Papa che ha portato a termine il Concilio Vaticano II si coglie in almeno tre fattori. Il primo dei quali è senz’altro la metodologia. Montini è stato davvero il Pontefice del dialogo a 360 gradi, intellettuale e pastore al tempo stesso, persona capace di cogliere il buono in tutte le istanze della modernità, anche in quelle apparentemente più lontane dallo spirito evangelico, e di farne tesoro dopo averle depurate degli elementi negativi. Egli prendeva le sue decisioni solo dopo aver esaminato a fondo la complessità dei problemi e tenendo conto di tutte le voci. Una metodologia che richiama il «parlar chiaro e l’ascoltare con umiltà», con cui Papa Francesco ha aperto lunedì scorso i lavori sinodali. La sua indicazione, largamente seguita in questi giorni, va dunque a sviluppare, adattandolo ai tempi, il "metodo Montini" su collegialità e sinodalità. Il secondo elemento è l’accento posto sulla Chiesa. Al centro del dibattito che anima il Sinodo c’è in pratica la stessa radicale domanda che Paolo VI pose a fondamento del suo pontificato. «Chi sei tu, Chiesa? E che cosa dici di te stessa?». È, in altri termini, il dibattito su verità e misericordia, che qualcuno vorrebbe mettere in contrasto e che invece i Padri si stanno avviando a comporre in una sintesi mirabile ed efficace. Qui il Dna montiniano è particolarmente evidente. E giunge a fecondare anche il magistero di Francesco, dopo aver influenzato – sia pure con accenti diversi – quelli dei suoi due immediati predecessori. Papa Wojtyla, ad esempio, in una sua poesia giovanile aveva scritto: «Ai piedi della verità bisogna mettere l’amore (…) e costruirà, eleverà, trasformerà». Papa Ratzinger poi ci ha consegnato un’intera enciclica dal titolo Caritas in veritate. Verità e carità insieme. Il Sinodo si appresta a fornire una nuova interpretazione di questo connubio che contiene i tratti essenziali del volto della Chiesa. Ed è certamente merito di papa Bergoglio aver innescato questo nuovo dinamismo, rompendo fin dal primo giorno del suo pontificato l’accerchiamento ideologico che aveva imposto l’etichetta della “Chiesa dei no”, per mostrare pienamente la verità di una Chiesa della misericordia, così come il Dio che essa annuncia. Infine c’è l’aspetto della comunicazione. Lo scarto tra l’ampiezza degli argomenti trattati nell’Aula e la quasi monotematicità dei resoconti massmediali (comunione ai divorziati risposati e poco altro) è comprensibile alla luce del battage a senso unico della vigilia, ma francamente deludente. Un clima che richiama alla mente quanto successe all’epoca di Montini tra “Concilio di carta” e Concilio effettivo. Eppure Paolo VI non derogò mai, solo per compiacere l’opinione pubblica, alla linea che sentiva più giusta, nello spirito di fedeltà a Colui che gli aveva affidato la guida della Barca di Pietro. L’Humanae vitae è un esempio, che può trovare echi e analogie nelle difficili questioni sul tavolo di questo Sinodo straordinario e del prossimo Sinodo ordinario del 2015. Nodi affrontati con dottrina e carità, alla scuola di papa Francesco. Sulle orme di Paolo VI.
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