Stare certamente con l'Ucraina. Guarire con urgenza dalla guerra
mercoledì 19 aprile 2023

Caro direttore, la pace è un bene assoluto, ma resta un filo così sottile da scivolar via dalle mani. Continuare a nominarla però è un po’ come darle voce. Nell’indifferenza era quasi scomparsa dall’alfabeto, dalla musica, dai discorsi e così abbiamo iniziato a perdere tutti. Lontane le troppe guerre assurdamente dimenticate, ancora pochi giorni fa sono state 165 le vittime nel villaggio di Pa Zi Gyi in Myanmar.

Distante il Kosovo con i suoi 100mila morti. Cancellati la fuga dall’Afghanistan, i bambini lanciati oltre il filo spinato per la loro salvezza e le ragazze cacciate dalle scuole. Dichiarato ingenuo il pacifismo dei giovani e degli anziani e oscurato il sogno del disarmo non restava che l’accettazione dello status quo. Istituzioni e governi rassegnati a Nazioni Unite bloccate ballano sul Titanic di un mondo malato a causa di interessi predatori, di un capitalismo selvaggio o servile. Poi un autocrate aggredisce e invade, e la danza macabra della guerra avanza di nuovo sino in Europa, nell’Ucraina martoriata. Con i dilemmi del caso, si mandano le armi, ci si avvolge nella bandiera gialla e blu, si accoglie e si pratica solidarietà. Si condivide l’orrore dei soldati decapitati, dei bambini rubati o uccisi, delle donne violate, delle case sventrate. Ma dopo un anno si ascolta di più chi fa riflettere se sia davvero ineluttabile che il destino venga deciso dagli eserciti sino all’evocazione dell’incubo nucleare. Allora risuona più potente l’appello di papa Francesco a non rinunciare alla tregua, a volere la pace come prova stessa della democrazia. E se il più utopista non fosse davvero – come anche lei, direttore, scrive da mesi – il più realista? Si dice che la vita vince sempre, però la vita va aiutata. I pensieri si rincorrono nel chiedersi a che punto è la notte.

«C’è un tempo per uccidere e un tempo per guarire», è scritto nell’Ecclesiaste. Stare con certezza dalla parte dell’Ucraina non può negare l’urgenza di guarire. In Germania ne scrivono gli aderenti all’appello di Peter Brandt, in Francia intellettuali su “Le Monde”. E forse la memoria rende più “eretiche” personalità come Edgar Morin, Achille Occhetto, Edith Bruck, Liliana Segre, nell’invocazione che il coraggio sia al servizio della diplomazia, nell’ unire donne e uomini di buona volontà in una mobilitazione per il disarmo, per una nuova Helsinki, per Nazioni Unite che riprendano la loro funzione. E questo a riprova che senza i grandi nonni si perde la bussola di una civiltà nel discorso pubblico e nelle carezze private. Anche nel nuovo Pd, che è la mia casa politica, pensiero e cammino vanno ripresi con esigenza e passione. Va allargato ogni spiraglio nei portoni blindati da decine di guerre e profitti indecenti. Molti commentatori hanno irriso alla visita di Macron in Cina mentre cresce l’allarme per Taiwan. Non sono una sua fan. Però resta il tema: o l’Europa recupera una sua autonomia strategica ideale e politica o sarà una delle cause di un mondo squilibrato e in fiamme. Romano Prodi ha usato espressioni drammatiche, «l’Unione Europea è più debole rispetto agli Stati Uniti, la Russia rispetto alla Cina… e vedo una tragedia immane… un odio che durerà all’infinito… l’Europa è senza voce… basterebbe una delegazione Ue, forte condivisa».

Dunque, difendere diritti umani, pace e libertà è qualcosa di più complicato che contentarsi di definirsi atlantisti, definizione peraltro parziale o ambigua. È ripensare e fare una politica democratica. Voglio credere che qualcosa accada. « Eppur si muove», parole che un racconto tramandato fa dire a Galileo. Vederlo sussurrare quella frase nell’ultimo atto dell’Inquisizione è una rivincita contro la rassegnazione. Nel mio ricordo resterà col volto di Tino Buazzelli al Piccolo Teatro di Strehler, Grassi e Nina Vinchi. Ci andammo con l’intera classe e questo a proposito di quanto insegnanti e cultura possano seminare coscienza, umanità e bellezza. In realtà pare sia stato un giornalista, Giuseppe Baretti, a inventare quell’espressione o quantomeno a fargliela pronunciare nell’atto finale del processo per dare impatto alla sua cronaca per il pubblico inglese. Si sono rovesciati i tempi. A non smettere di insegnarci che la Terra si muove è un Papa, Francesco. La Terra si muove, camminano popo-li, migrazioni, per fuggire ai drammi in Etiopia, in Congo o in Bangladesh. Corre la scienza dove ieri non era pensabile. Premono le donne per la libertà e i giovani per ritrovare un senso e un equilibrio tra natura e cultura. Il conflitto tra il bene e il male resta, però se sapremo unirci in un umanesimo concreto e forte a camminare e prevalere sarà ancora la speranza.

già parlamentare e ministra del Pd

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