Giovani troppo soli. Un «contratto» non li salverà
venerdì 25 agosto 2017

Svezia, Paese di welfare avanzato e di pace sociale, assenza di conflitti sociali, scarsa immigrazione rispetto all’area mediterranea, avanzata apertura a tutte ma proprio tutte le novità in campo etico che ancora fanno discutere in Italia ma che là sono accettate e normalizzate. Paese in cui il sistema sanitario garantisce ai ragazzi fino ai 18 anni cure gratuite e di altissimo livello con bassi tassi di malattie infantili, di nascite premature, ma elevato profilo di organizzazione preventiva nel senso di cura dei disabili e di programmi vaccinatori.

Eppure, c’è un 'ma'. Ed è assai rilevante: come riporta il professor Hugo Lagenkrantz sulla rivista scientifica Acta Paediatrica, sono in drammatica ascesa le malattie mentali tra gli adolescenti. Anche i suicidi restano sempre tanti, e strazianti, tra i ragazzi. Pessimismo verso il futuro, ma anche ansia, depressione, anoressia sono in aumento. Lagenkrantz accenna alle possibili cause: la competitività sociale tra i giovani, la scarsità numerica degli insegnanti e l’uso intensivo dei social media, ma anche lui in realtà ci crede poco tanto da definire il motivo «un mistero».

Anche perché paradossalmente, come mostrò la Rivista di Psichiatria di Harvard, gli antidepressivi – pur forniti a sufficienza in Svezia – possono limitare poco i casi di suicidio. Numerosi psichiatri spiegano che i suicidi, ma anche il peggiorare delle malattie mentali, sono legati a un dato centrale: la solitudine; e che questa fiorisce laddove nel matrimonio non ci sono più coniugi, ma partner legati «da un contratto» che possono scindere quando vogliono; dove le azioni si decidono in base alla convenienza, in cui le riprovazioni non sono più morali o sociali, ma economiche; cioè dove le norme sono diventate contratti; dove anche il rapporto col medico è su basi contrattuali, di diffidenza e di recriminazione.

Il dramma oggi – e la Svezia pare un araldo del nuovo ordine – è che la solitudine è teorizzata come ideale, e da questo ideale alla malattia mentale sembra ci sia una discesa libera. Un interessante studio del Journal of Neurology, Neurosurgery and Psychyatry segnala che è diverso essere soli ( loneliness) ed essere isolati ( isolation), ed è l’isolamento a essere predittivo di malattia mentale, ma la società utilitarista rende facile scivolare dalla loneliness all’isolation.

La rivista Psychiatry Research di maggio analizza lo stress in particolare dei migranti, e conclude che il fattore preventivo delle malattie mentali da stress da immigrazione è l’accesso a reti di amici. Il poeta Davide Rondoni ne ha scritto, alla sua maniera, su queste pagine pochi giorni fa. Ma intanto, i nostri ragazzi imparano che l’amicizia è quella dei clic sul computer, dei geroglifici scambiati col cellulare invece di una sana discussione ad alta voce...

Su questo sono chiari i pediatri: gli accessori digitali portano a un isolamento intensivo, poi compulsivo e infine ossessivo, ma a troppi genitori sembra andar bene così pur di tenere i figli occupati e, qualche volta, distanti. È l’isolamento eretto a teoria che può generare conseguenze mostruose, tanto che paradossalmente nemmeno si sa più essere 'complici' perché di nessuno si sa fidarsi. E qui che inizia questa distruttiva follia: quando abbiamo così paura di tutto e di noi stessi, che non sappiamo fidarci di nessuno. Allora si moltiplicano le leggi (e negli ospedali i protocolli) come se le norme ci salvassero o prevenissero davvero l’errore. Poveri quei giovani, che crescono con maestri di virtù contrattualistiche: come eviteranno follia e depressione?

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