venerdì 9 giugno 2017
“Amoris laetitia” non è l’invenzione di un Papa controcorrente. Ma l’esito di un percorso che ha visto tutta la Chiesa riflettere per tre anni attraverso due Sinodi mondiali dei vescovi...
Davanti a Dio con la concretezza dell'«orientamento» della vita
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Caro direttore,
leggo nella presentazione di Luciano Moia dello speciale che “Avvenire” ha dedicato ad Amoris laetitia attraverso l’inserto mensile “Noi famiglia&vita” del 26 maggio 2017, l’affermazione che tra le innovazioni proposte al popolo cristiano dal documento ci sarebbe «la pari dignità di fronte a Dio di ogni orientamento sessuale». Non trovo alcun riscontro di tale impegnativa proposizione né in Al né in altri documenti papali e neppure nei numerosi interventi pubblicati in questi mesi da “Avvenire” sul tema unioni civili, gender, etc che mi sembrano invece perfettamente in linea con il Magistero e con la morale naturale. Il doveroso rispetto per ogni creatura umana in quanto figlia di Dio e la sacrosanta attenzione pastorale a chi vive accanto a noi una diversità sessuale non producono alcuna legittimazione automatica di orientamenti sessuali che escludono strutturalmente la possibilità della procreazione se non per via surrettizia o surrogata. Si tratta sicuramente di una svista, ma sarebbe importante porvi presto rimedio perché vedo già all’opera i soliti agitprop... Con viva simpatia

Lucio Bergamaschi Saronno ( Va)

Caro direttore,
di nuovo mi trovo a ringraziarla per “Avvenire” e, questa volta, per l’inserto “Noi Famiglia&Vita” del 26 maggio scorso, dedicato alle aperture e ai frutti fecondi che l’Amoris laetitia sta portando nella Chiesa. Avendo letto di tutto, in questi giorni, su alcuni siti internet che vorrebbero insegnar la teologia al Papa, sento il dovere di incoraggiare voi nel vostro servizio di serena informazione. Devo ringraziare il suo giornale che, facendo eco al nuovo presidente della Cei, cardinale Gualtiero Bassetti, ci ricorda senza esitazioni che questa Esortazione Apostolica è Magistero: si inserisce nel solco della tradizione degli ultimi Papi, a partire dal Concilio Vaticano II e, anzi, ne riprende le intuizioni originali. In particolare alcune intuizioni che nel tempo erano rimaste più in ombra, ma che già ai tempi del Concilio e ancor più oggi, si rivelano provvidenziali ed efficaci per una evangelizzazione che prenda sul serio l’uomo, la donna e la famiglia attuali. Mi riferisco in particolare a questo passaggio di Luciano Moia: «Meno rilevanza al normativo, più evidenza all’umano in un atteggiamento di carità e di misericordia secondo quella legge della gradualità che non intende cancellare i princìpi ma indicarli – senza trasformarli in pesi insopportabili per la vita delle persone – come punti d’arrivo in un cammino di fede». Credo che questa sia una delle chiavi per intendere la novità del magistero di Amoris Laetitia: una nuova prospettiva della norma, che non cambia, in un atteggiamento più pastorale e attento all’umano; così essa diventa più autenticamene efficace per la vita delle persone e delle famiglie; una vita realmente piena. Moia sottolinea la ripresa di quel personalismo che ha caratterizzato la prospettiva della Gaudium et Spes – compresa la definizione della coscienza – che compensa lo sbilanciamento dato dall’insistenza sul diritto naturale, che rischia di frustrare la dimensione personale della fede. Concretamente, continua Moia, i punti fermi di questa ritrovata prospettiva più pastorale, sono «la ricerca del bene possibile, la logica dei piccoli passi, la nuova valorizzazione della coscienza informata, la pari dignità di fronte a Dio di ogni orientamento sessuale», etc. Ecco che il cammino verso il valore indicato dal comandamento diventa possibile a tutti: non ci sono cancelli chiusi o condizioni esistenziali escluse da ogni possibile ricerca del bene concreto. Piuttosto si moltiplicano i percorsi, si personalizzano i cammini, perché ciascuno nella condizione esistenziale concretamente data o ormai definita possa praticare quella vita-in-Dio a lui possibile. In questo senso leggo anche l’affermazione della «pari dignità di fronte a Dio di ogni orientamento sessuale». Lo sappiamo: in senso “oggettivo” questa affermazione non corrisponde letteralmente all’attuale magistero; ma in senso “soggettivo” l’«orientamento» come condizione data e definita, qualsiasi esso sia, rimane l’unico qui-ed-ora a partire dal quale la persona può rivolgersi a Dio e attuare il bene a lei possibile. In questo senso, viene riempita di dignità la condizione a partire dalla quale l’individuo può desiderare e attuare la sua relazione con Dio: è il luogo esistenziale, l’unico per lui, dove può ricevere e responsabilmente rispondere alla chiamata di Dio alla vita piena. Questa è soggettivamente quella “Terra sacra” a partire dalla quale ogni persona può incontrare Dio; una terra, allora, di fronte alla quale anche noi dobbiamo toglierci i sandali, per rispettare il mistero dell’incontro della persona con Dio. Grazie ancora, insomma, per aiutarci a scoprire la ricchezza pastorale del magistero racchiuso in Amoris laetitia!

padre Pino Piva sj

Lo sappiamo, e in questi mesi lo stiamo verificando giorno dopo giorno. Lo sconvolgimento positivo innescato da Amoris laetitia nel rapporto tra Chiesa e famiglia è come una lenta, ma inesorabile esplosione nucleare che sta cambiando prospettive e modo di pensare. Ma quella dell’Esortazione postsinodale è un’energia buona, che sollecita il cambiamento, che innesca riflessioni nuove, che costringe a ripensare a quello che c’era prima e a come potrebbe modificarsi il rapporto con il complesso poliedro – per usare un’immagine di Amoris laetitia – rappresentato dalla coppia, dal rapporto d’amore, dalla vita e dalla generazione, dalle relazioni difficili e “irregolari” (tra virgolette come ci suggerisce lo stesso papa Francesco) se riuscissimo a metterci nella logica dialogante e non giudicante che il Papa concretizza nel suo documento. Non è facile, evidentemente, sia perché arriviamo da un lungo periodo in cui anche la prassi pastorale, come ricorda ancora il Papa, era troppo spesso rigida per non dare luogo «ad alcuna confusione» (Al 308). Ma la vita e il Vangelo non sono così. Non è facile, certo, e le tante lettere, alcune di tono critico e tante altre di plauso, ricevute in questi giorni lo dimostrano in modo inequivocabile. Ne abbiamo scelte due, apparentemente antitetiche, ma che sintetizzano bene due modi di pensare: la paura del cambiamento da un parte. La volontà di rinnovare atteggiamenti e prassi pastorale dell’altra. Non entro ulteriormente nel merito del passaggio “contestato” della mia riflessione perché padre Piva, da teologo esperto, anche di queste specifiche tematiche, lo affronta in modo esaustivo. Vorrei però ricordare rapidamente un aspetto spesso passato sotto traccia. Amoris laetitia non è un’invenzione di un Papa particolarmente controcorrente e alternativo. Ma l’esito di un percorso sinodale che ha visto tutta la Chiesa riflettere per tre anni attraverso due Sinodi mondiali dei vescovi e due consultazioni generali del popolo di Dio. Se i soloni che oggi si ergono a difensori dello status quo – ma quale poi? – potessero verificare il tono delle risposte inviate nelle decine di migliaia di questionari da ogni parte del mondo, vedrebbero che le “novità” sintetizzate nell’Esortazione postsinodale non fanno altro che accogliere – sfumando però le attese più radicali – quanto richiesto dalla base ecclesiale, della gente comune, delle comunità, dei gruppi famiglia. Di coloro cioè che ogni giorno si confrontano con le realtà, con le sofferenze, con le richieste autentiche e drammatiche di quanti sono immersi nella vita reale, non alle prese con sofismi teologici e con dubbi da scrivania. Non è una differenza da poco.

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