Serve welfare di prossimità
domenica 21 maggio 2023

L’ultimo grido di rivolta della Terra contro la nostra indifferenza porta con sé la necessità di un ripensamento globale. La priorità è la messa in sicurezza del territorio, attraverso almeno un Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici e la Legge - già troppo a lungo rinviata - sul consumo del suolo.

Il caso dell’Emilia-Romagna, però, solleva altre questioni-chiave, che raccontano anche di una metamorfosi in atto nelle nostre comunità. Tredici delle quattordici vittime sin qui accertate avevano infatti più di 70 anni. Anche loro, come migliaia di persone che sono state poi evacuate, erano state messe in allerta dalle autorità, dai vicini o dai parenti sui possibili rischi in arrivo. L’alluvione li ha sorpresi dentro le loro case, nei loro scantinati. Tanti sfollati, molti dei quali anziani, hanno raccontato di aver resistito giorni tra le mura domestiche, prima di accettare l’aiuto dei soccorritori. In molti, legittimamente, temono di non poter tornare più negli ambienti di una vita. È un discorso che vale per chi sta in città, ma più ancora per chi vive nelle campagne travolte dall’ondata di piena: laddove il rapporto con la terra si tocca con mano, diventa paradossalmente più difficile (ancorché sia prevedibile) tollerare la prospettiva che la natura ti si rivolti contro, all’improvviso, e che ti sia chiesto di lasciare tutto, almeno temporaneamente, anche solo per metterti in salvo.

Se ne sono accorti tanti sindaci, in queste ore, quando hanno consigliato ai loro concittadini prima di non uscire durante le precipitazioni, poi di salire ai piani alti, infine di spostarsi negli spazi preposti per l’accoglienza solo se assistiti e in contesto di massima protezione. Non basta una semplice comunicazione, non basta un’indicazione corretta per ottenere una mobilitazione, soprattutto da parte di chi ha vissuto una vita ancorato alle proprie certezze e alle proprie abitudini. Tanto più adesso che chiusure e isolamenti hanno portato a un’ulteriore frammentazione dei rapporti sociali. Occorre, occorrerà in futuro, andare più in profondità.

Convivere con la possibilità del rischio (ambientale, sismico) presuppone un lavoro di due tipi. Uno spetta allo Stato, l’altro alla società. Nel primo caso, servono politiche pubbliche di prevenzione e di informazione capillari, fatte per tempo, che raggiungano tutti rispetto agli effetti che il cambiamento climatico può portare nella vita di tutti i giorni: sapere quali sono i comportamenti corretti da tenere in determinate situazioni sta diventando fondamentale, soprattutto se si abita in zone in cui l’incubo del dissesto idrogeologico incombe.

Il secondo aspetto chiama invece direttamente in causa i possibili modelli di comunità. Per non lasciare indietro nessuno, in particolare i più fragili, occorre attivare percorsi nuovi di prossimità solidale, che non si possono fare senza il coinvolgimento di chi queste azioni le compie ogni giorno.

Si tratta di parrocchie, cooperative, associazioni, enti del Terzo settore che vanno sempre più coinvolti a livello istituzionale nel costruire progetti virtuosi. Perché sono rimasti tra i pochi soggetti in grado di conoscere in profondità i territori e le persone che li abitano, perché sono depositari di virtù decisive in momenti come questi (la pazienza, l’ascolto, il dialogo), soprattutto, infine, perché possono mettere in circolo il capitale decisivo della fiducia. In questo senso, fanno già un’azione importante di assistenza, di welfare verrebbe da dire, che è stata indispensabile ad esempio nella drammatica crisi del Covid e resta preziosissima anche nella gestione di eventi estremi come questo.

Molti si sono soffermati in queste ore, a ragione, sulla solidarietà generazionale che, nelle ore più buie per l’Emilia-Romagna, è arrivata da tanti giovani che si sono dimostrati pronti ad accorrere nelle terre colpite per dare una mano. Facciamone tesoro, da domani, immaginando anche come sia possibile tradurre e incanalare questa energia per dare sollievo alle nuove solitudini di questo tempo. È una sfida, questa, che ci vede tutti fin d’ora impegnati.

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