lunedì 8 aprile 2013
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Intorno alla misericordia del Vangelo e alla testimonianza della fede si aggirano due spettri. Un’ideologia molto compita e sprezzante, tutta razionalità illuminata e correttezza politica, è riuscita a creare una vera e propria cultura del rifiuto di quelle virtù, benefiche per tutti, insegnando a confonderle totalmente con il loro degrado: il pietismo e il fanatismo. È vero che una semplificazione sgraziata – letteralmente senza grazia di Dio – della pratica religiosa di entrambe le virtù, ovunque nel mondo (e ancora oggi) non ha mancato di dare il suo contributo a questo fraintendimento. Rimane il fatto che una cultura civile come la nostra, che ha puntato alla razionale rimozione delle compassioni di Dio, è stata messa in soggezione dai fantasmi impietosi dell’Io.Saranno pure fantasmi generati dalle deviazioni della politica ("il potere risolve"), della finanza ("il denaro risolve"), della tecnica ("la scienza risolve"). In ogni caso, la devota superstizione intellettuale che li accompagna non è più decente di quella che viene attribuita al passato delle religioni del mito. E oscura anche le qualità più promettenti dei nostri progressi di civiltà. Perché dobbiamo denunciare questi impietosi fantasmi della nostra barbarie civilizzata? Perché dobbiamo ridestarci dalla morbida idolatria delle loro ombre? Semplicemente per questo. Senza misericordia, ossia senza la grandezza d’animo necessaria a compensare la fragilità del bene, scomparirebbe il soggetto umano: quello che è capace di agire, anche contro le macchine burocratiche e mercantili, in favore dei soggetti umani concreti. E senza testimonianza di una verità di Dio che scuote il delirio dell’io, scompare – nella totalità sociale – l’imperativo di considerare quei mezzi come possibilità dell’uomo per l’uomo. E non come poteri dell’uomo sull’uomo.Il Papa Francesco ha lucidamente presente, con tutta evidenza, questo snodo cruciale dell’epoca. I due "fuochi" intorno ai quali orbita il nostro smarrimento sono proprio quelli che sono stati individuati con chiarezza nell’arco che congiunge il primo Angelus in piazza San Pietro all’omelia di ieri durante la Messa mattutina a Casa Santa Marta. Il primato della misericordia, l’integrità della testimonianza.La misericordia e la testimonianza sono insostituibili, perché sono l’unica forma della giustizia e della verità alla portata dell’uomo vulnerabile e smarrito: esse lo capiscono, e si fanno capire. Nel totalitarismo delle ideologie moderne, come anche nel vuoto che è seguito alla loro dissoluzione, è sempre quest’uomo concreto (non "l’attore sociale razionale", che è un fantasma) a sentirsi totalmente incompreso. Quando la sfera civile – essa stessa – rimane senza misericordia e senza testimonianza, ben presto ogni resistenza umana è colpita a morte. Questa sofferenza va in cronaca ogni giorno, ma ormai anche la storia non ci insegna più niente. E quest’uomo, senza verità e senza giustizia per i suoi affetti più cari e più sacri, sono milioni.È dunque necessario che i credenti, per primi, non credano alle storie di fantasmi che sono state messe in circolazione per confinare la misericordia e la testimonianza fra i reperti arcaici. Sono storie interessate: abbassano la resistenza alle nostre passioni tristi, ma intanto alzano il prezzo dei generi di conforto. E ci stanno svenando. È necessario che i credenti rimettano in circolazione, senza accomodamenti con gli azzeccagarbugli della nuova razionalità sociale e mercantile, la grandezza d’animo in cui vive la misericordia dell’uomo per l’uomo. È necessario, naturalmente, che essi stessi – per primi – disinneschino le inaccettabili derive del pietismo e del fanatismo. La misericordia è grandezza d’animo e civiltà superiore, non faccenda per smidollati benefattori da salotto. E la limpida testimonianza della fede tanto meno, se è per questo.
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