Memorabile l’editoriale apparso ieri sulla prima pagina di un importante quotidiano nazionale a firma di Isabella Bossi Fedrigotti. Per almeno tre motivi. Primo: mentre tutte le prime pagine dell’altra stampa traboccavano di commenti di vario genere sulla vicenda della dignità delle donne gravemente minacciata dal sospetto di candidature nelle elezioni europee per puri “meriti” di immagine, il Corriere faceva firmare il proprio fondo da una donna. Una “prima “ assoluta, se non andiamo errati, per questo quotidiano e comunque un modo concreto non di “parlare” solo della dignità della donna ma di riconoscerla concretamente con i fatti. Secondo. Nuovo, per il “fondo” di quel quotidiano, anche l’argomento: non la consueta, più o meno pensosa, e comunque maschilissima analisi economica, sociologica, politica, che è nella sua tradizione, bensì il tema, “caldo”, umanissimo, della disperazione di una generazione, quella di tanti nostri giovani, anche di famiglie “normali”, che la cronaca ci rivela spesso sprofondati in una disperazione cieca, gelidamente “ indifferente” e amorale, che li spinge a stuprare, accoltellare, rapinare, aggredire senza rispetto per niente e per nessuno, amici, fidanzate / i, parenti, o estranei che siano. Infine, nuova ci è suonata anche l’analisi, le ragioni denunciate come causa del fenomeno. Cupi, soli, violenti, indistinguibili, dall’esterno, l’uno dall’altro, riconosce dolorosamente Isabella, molti dei nostri giovani non hanno desideri: perché non si può aver desideri senza avere speranze. Di questo li abbiamo privati, di poter sperare in qualcosa o in qualcuno, politica, religione, famiglia che sia. Vivono, i nostri ragazzi, in famiglie troppo spesso dimezzate, in cui manca la presenza equilibratrice dei due genitori ( che la natura, o Dio, per chi ci crede, non a caso ha voluto diversi e complementari). Si è anche spezzata, lamenta Fedrigotti, l’antica alleanza educativa fra genitori e educatori – specie quella con il parroco precisa l’articolista – perché il proprio figlio « ha sempre ragione » per i padri e specie per le madri, specie quelle sole ( e son tante). E anche la pur « rispettabilissima scelta » di tante famiglie di escludere i figli dall’educazione religiosa, nota l’autrice, sta avendo penose ricadute sul triste fenomeno di una società, la nostra, che si specchia in un mondo giovanile che, non avendo speranza, guarda comprensibilmente smarrito al proprio futuro. Insomma, un’analisi che anche noi potremmo completamente sottoscrivere. Trovare “sponda” là dove ci era parso spesso di non trovarla, per di più su uno dei temi che a noi è sempre stato particolarmente caro, è una novità che non può che rallegrarci; trovarla poi in un “fondo” scritto per la prima volta da una donna su un quotidiano orgogliosamente “laico” non può che farci piacere. L’emergenza educativa di cui si va da molto tempo discutendo all’interno della comunità cristiana con interventi anche pederosi e l’offerta di esperienze interessanti sta evidentemente guadagnando nuovi testimonial, a riprova dell’assoluta gravità del fenomeno. Che su di esso si allarghi la consapevolezza è – nel grigiore dei tempi – una iniziale speranza.