venerdì 1 maggio 2009
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Memorabile l’editoriale ap­parso ieri sulla prima pagi­na di un importante quotidiano nazionale a firma di Isabella Bos­si Fedrigotti. Per almeno tre mo­tivi. Primo: mentre tutte le prime pagine dell’altra stampa traboc­cavano di commenti di vario ge­nere sulla vicenda della dignità delle donne gravemente minac­ciata dal sospetto di candidature nelle elezioni europee per puri “meriti” di immagine, il Corriere faceva firmare il proprio fondo da una donna. Una “prima “ assolu­ta, se non andiamo errati, per questo quotidiano e comunque un modo concreto non di “parla­re” solo della dignità della donna ma di riconoscerla concretamen­te con i fatti. Secondo. Nuovo, per il “fondo” di quel quotidiano, anche l’argo­mento: non la consueta, più o me­no pensosa, e comunque ma­schilissima analisi economica, so­ciologica, politica, che è nella sua tradizione, bensì il tema, “caldo”, umanissimo, della disperazione di una generazione, quella di tan­ti nostri giovani, anche di famiglie “normali”, che la cronaca ci rive­la spesso sprofondati in una di­sperazione cieca, gelidamente “ indifferente” e amorale, che li spinge a stuprare, accoltellare, ra­pinare, aggredire senza rispetto per niente e per nessuno, amici, fi­danzate / i, parenti, o estranei che siano. Infine, nuova ci è suonata anche l’analisi, le ragioni denunciate co­me causa del fenomeno. Cupi, so­li, violenti, indistinguibili, dall’e­sterno, l’uno dall’altro, riconosce dolorosamente Isabella, molti dei nostri giovani non hanno deside­ri: perché non si può aver deside­ri senza avere speranze. Di questo li abbiamo privati, di poter sperare in qualcosa o in qualcuno, politica, religione, fa­miglia che sia. Vivono, i nostri ra­gazzi, in famiglie troppo spesso dimezzate, in cui manca la pre­senza equilibratrice dei due geni­tori ( che la natura, o Dio, per chi ci crede, non a caso ha voluto di­versi e complementari). Si è an­che spezzata, lamenta Fedrigotti, l’antica alleanza educativa fra ge­nitori e educatori – specie quella con il parroco precisa l’articolista – perché il proprio figlio « ha sem­pre ragione » per i padri e specie per le madri, specie quelle sole ( e son tante). E anche la pur « rispet­tabilissima scelta » di tante fami­glie di escludere i figli dall’educa­zione religiosa, nota l’autrice, sta avendo penose ricadute sul triste fenomeno di una società, la no­stra, che si specchia in un mondo giovanile che, non avendo spe­ranza, guarda comprensibilmen­te smarrito al proprio futuro. Insomma, un’analisi che anche noi potremmo completamente sottoscrivere. Trovare “sponda” là dove ci era parso spesso di non trovarla, per di più su uno dei te­mi che a noi è sempre stato par­ticolarmente caro, è una novità che non può che rallegrarci; tro­varla poi in un “fondo” scritto per la prima volta da una donna su un quotidiano orgogliosamente “lai­co” non può che farci piacere. L’e­mergenza educativa di cui si va da molto tempo discutendo all’in­terno della comunità cristiana con interventi anche pederosi e l’offerta di esperienze interessan­ti sta evidentemente guadagnan­do nuovi testimonial, a riprova dell’assoluta gravità del fenome­no. Che su di esso si allarghi la consapevolezza è – nel grigiore dei tempi – una iniziale speranza.
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