Scontento e nostalgia per il mondo di ieri e il «buon tempo nuovo» da preparare
giovedì 6 settembre 2018

Gentile direttore,

oggigiorno, tra omicidi, femminicidi, stupri, furti, droga, separazioni e quant’altro, non se ne può più. Non basta più niente. Per la maggior parte delle persone, l’importante è “fregare”, non solo il prossimo, ma chiunque ci capiti a tiro, per confermare l’antico proverbio latino: mors tua vita mea. Al dono “sacro”, quale è quello della vita, si è sostituita l’agiatezza ingorda, l’arrampicamento sociale pur di essere al di sopra di tutto e di tutti. Di cosa poi? E di chi? Considerando che si pretende sempre di più, oltre il limite dell’impossibile... Siamo “usciti” dal mondo di un tempo, fatto di spiritualità, di sacrifici, di rinunce e di quell’altruismo che ci faceva sentire tutti della stessa famiglia, quasi una persona soltanto. Nel mondo odierno viene da chiedersi seriamente se i “bulli” sono davvero i ragazzi o certi genitori... Si fa presto a giudicare, a condannare. Si fa poco per riflettere con calma, per guardarsi, obiettivamente, dentro. Una volta quando si sentiva male qualcuno, accorreva tutto il vicinato per dare un aiuto morale e fisico. Una volta quando si andava per strada, ci si fermava volentieri a prendere quei pochi spiccioli che potevano aiutare i vecchi seduti fuori la porta per un pacco di sale o anche solo per le sigarette. Una volta si diceva con l’anima e con il cuore: “Ogni nato Dio l’aiuta”…

Ines Di Gregorio Secinaro (Aq)

Lei, gentile amica, ha certo seri motivi per nutrire tutto questo rimpianto a cui dà voce con lucidità e amarezza. Del resto, anche io – assieme ai miei colleghi – nel nostro lavoro d’informazione e di commento vedo e segnalo le rischiose derive, le maleducazioni e le malefatte che «oggigiorno» , come lei sottolinea, ci allarmano e ci feriscono. E so, ne abbiamo scritto e dibattuto tanto in questi anni, di come la realtà e la percezione che di essa abbiamo (o, meglio, che troppi di noi hanno) si stiano reciprocamente allontanando. Si tende a privilegiare ed enfatizzare nella polemica politica e nella narrazione mediatica il “lato oscuro” della vita sociale, con effetti pesanti e con la crescita di scoramenti e paure, ma anche di aggressività e di “indurimenti” dello sguardo sull’esistenza nostra e su quella degli altri. Proprio per questo non ci dobbiamo stancare di testimoniare, anche col nostro lavoro, che non tutto è così, che il mondo non va solo in malora. Ci sono, ancora e sempre, cammini diritti, buone educazioni e fatti buoni. Vanno fatti progredire e aumentare, con impegno diretto e vero. Non si offenda, la prego, se le dico che non bisogna pensare solo al “buon tempo antico”, che magari così buono poi non era del tutto. Non contesto, sia chiaro, la nostalgia – forse inevitabile, e spesso sana – per gli anni nei quali in molti (soprattutto in quest’Italia che invecchia sempre più) avevamo più energie di adesso e occhi più freschi e sereni su ciò che ci circonda e ci interpella. Ma so che ci incalza, e si fa più esigente e urgente, la sfida a preparare un “buon tempo nuovo”. In altre parole ci è chiesto di non smettere la giusta tenacia, di non consegnarci a sfiduciati isolamenti, di sconfiggere di bene il male, di essere sale e lievito. Con convinzione, e con la fiducia in una Provvidenza che ci sostiene, in questa storia tutta da scrivere e da umanizzare, nel consapevole compito che ci spetta come cristiani, e come “con-cittadini”.

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