martedì 29 novembre 2022
Peggiorano tra i più giovani gli indicatori che misurano la soddisfazione di vita e il benessere, in aumento povertà e disuguaglianze. Al lavoro per equità, ambiente, pace, salute e democrazia
Un'Italia più sostenibile aiuta i giovani

Siciliani

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Seguiamo con trepidazione le vicende che attraversano il paese ed il mondo intero, segnate come mai prima, dal secondo dopoguerra in poi, da così tante emergenze (ancora pandemia, le tante guerre e la guerra nel cuore dell’Europa, la crisi energetica). E viene spontaneo chiedersi se uno scenario così turbolento non stia offuscando quel poco di consapevolezza che avevamo raggiunto rispetto alla “emergenza delle emergenze”, vale a dire quella determinata dell’iper-sfruttamento e dalla mancata tutela delle risorse a nostra disposizione nell’interesse delle future generazioni. E quando diciamo risorse non ci riferiamo solo a quelle energetiche o ambientali ma, assieme a quelle, anche al capitale umano e sociale, alla vita delle persone, al benessere collettivo.

Gli esiti della XXVII Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (Cop 27), che si è tenuta a Sharm el Sheikh nei giorni scorsi, rafforzano le preoccupazioni rispetto alla tenuta del percorso avviato ormai da molti anni a questa parte. Un percorso che anche in passato ha subito battute d’arresto ed ha dovuto affrontare ostacoli di vario tipo, ma che risulta ora, alla luce del documento finale “Sharm el-Sheikh Implementation Plan”, davvero fortemente rallentato e per molti aspetti addirittura messo in discussione. Ricordiamone in breve le luci e le ombre. Tra le luci vanno enumerati il Fondo di compensazione dei danni climatici (il Terzo Pilastro finanziario previsto dall’Accordo di Parigi del 2016 e in discussione dal 1992) da rendere operativo entro la prossima Cop 28; la riforma delle procedure con cui le banche multilaterali di sviluppo regolano l’accesso a favore dei paesi poveri; l’inclusione dei giovani nel processo negoziale e la nomina del primo Delegato Giovanile alla Presidenza della Cop. Molte e pesanti le ombre: il mancato rispetto dell’impegno a mobilitare 100 miliardi di dollari all’anno in finanza per il clima, previsto dal 2009; il mancato rispetto dell’impegno sul taglio delle emissioni e sulle attività di adattamento; la mancata indicazione di concreti strumenti per l’obiettivo della riduzione delle emissioni, con un sostanziale stop rispetto a quanto previsto a Glasgow lo scorso anno; l’espunzione dal documento finale del capitolo sui diritti umani, le politiche di genere, le migrazioni climatiche e la lotta alle discriminazioni legate alla questione climatica.

Questa ultima mancanza risulta particolarmente grave alla luce della continua crescita, da due anni a questa parte, del disagio sociale ed economico nelle parti più deboli del tessuto sociale, sia nei diversi contesti nazionali che a livello globale. Un disagio che prende le forme della povertà economica relativa ed assoluta, ed in particolare della povertà energetica e di quella delle famiglie con minori; del malessere psicologico e del disagio mentale; della crisi di fiducia nelle istituzioni; dei drammi legati alle migrazioni provocate dalla crisi climatica, alla miseria, alle guerre, alle persecuzioni.

La debole risposta alle emergenze climatiche, emersa nelle conclusioni di Cop 27, trova d’altra parte riscontro nella altrettanto debole attenzione che si rileva a livello di opinione pubblica mondiale nei confronti delle importanti questioni di portata planetaria e che mettono a rischio il futuro dell’umanità, a tutto vantaggio di una attenzione crescente per le questioni che hanno a che fare con la difesa della sicurezza, dell’identità e delle prerogative preesistenti, sia a livello micro che a livello macro.

Come emerge con grande chiarezza dall’ultimo Rapporto della Caritas diocesana di Roma, di cui questo giornale ha dato conto il 10 di novembre, la cosiddetta “povertà energetica” è il risultato di una crisi eco-sistemica, rispetto alla quale è impossibile immaginare vie di uscita che non siano globali ed intersettoriali. Ed anche la “transizione energetica ed ecologica”, di cui da alcuni anni di discute con crescente frequenza, e che è posta alla base di molti recenti documenti strategici, sia a livello mondiale, che a livello europeo e italiano, non potrà portare risultati significativi se non verrà inserita in un quadro appunto eco-sistemico, nella accezione dei messaggi lanciati con forza, nell’ordine temporale, dall’Enciclica Laudato si’, dall’Agenda Onu con i suoi 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile e dall’Enciclica Fratelli tutti.

I dati a nostra disposizione sono ormai numerosi, e certificano l’aumento del disagio e le preoccupazioni che riguardano in particolare le giovani generazioni. Cresce la povertà assoluta (di oltre due punti solo tra 2019 e 2020) arrivando a toccare l’11,4% della media generale ed il 13,5% dei giovani. Diminuisce la speranza di vita (di 1 anno solo tra 2019 e 2020). Peggiorano gli stili di vita. Cala l’indice sintetico ASviS di salute e benessere misurato sugli indicatori relativi all’obiettivo 3 dell’Agenda Onu. Aumentano le disuguaglianze, e la Caritas ci dice che per il 53% delle famiglie che chiedono aiuto a Roma la spesa per l’energia supera un quarto del reddito. E per quanto riguarda i giovani: il 9,5% degli studenti esca dalla scuola con competenze inadeguate (era il 7% nel 2019). Secondo l’Istat nel 2021 si registra un peggioramento del benessere soggettivo e di quello mentale dei minori tra 14 e 19 anni, e crescono l’isolamento e la solitudine. Secondo l’Osservatorio Salute Benessere e Resilienza della Fondazione Bruno Visentini si impenna nel 2021 l’indice di insoddisfazione per la propria vita dei 14-17 enni, e diminuiscono la soddisfazione per le relazioni amicali ed anche la partecipazione sociale, che, lo ricordiamo, vede ad oggi una forte presenza dei giovani nel volontariato e in altre forme associative. Cala addirittura la soddisfazione relativa alle relazioni familiari, solitamente alta nei giovani italiani. Particolarmente interessante è il dato della Fondazione Visentini relativo alle preoccupazioni per la perdita della biodiversità, che vede un aumento tra 2019 e 2021 di 5 punti percentuali (dal 30 al 35%) nei giovanissimi.

Dunque almeno i giovani non sembrano aver dimenticato che occorre avere una visione sistemica rispetto a quella che potremmo chiamare la “tempesta delle tempeste”, una visione cioè che integri le dimensioni ambientale, sociale ed economica e individui collegamenti e interdipendenze secondo un principio di “coerenza delle po-litiche”, condizioni queste imprescindibili per saper comprendere la realtà e individuare le soluzioni necessarie. Come peraltro indicano le modifiche introdotte a inizio anno nella nostra Costituzione (art. 9 e 41), che fanno riferimento in particolare alla giustizia intergenerazionale e alla biodiversità. Il che richiede di sollevare lo sguardo dalle singole questioni e difficoltà, per guardare al futuro facendo in modo che le azioni a breve termine siano motivate da obiettivi a lungo termine, e promuovendo l’azione individuale, collettiva e politica di cambiamento in un’ottica prospettica. È quanto ribadito nell’ultimo Rapporto dell’Alleanza per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS) pubblicato a inizio ottobre, che riprende le proposte già formulate durante la recente campagna elettorale, e propone un’indispensabile accelerazione della transizione dell’Italia verso un modello coerente con l’Agenda 2030, con il titolo “Dieci idee per un Italia sostenibile”. In sintesi si tratta di: assicurare la coerenza delle politiche per lo sviluppo sostenibile; disegnare il futuro partendo dal presente; promuovere giustizia, trasparenza e responsabilità; integrare la sostenibilità nel funzionamento del Parlamento; rendere più sostenibili ed equi i territori; impegnarsi per la giusta transizione ecologica; ridurre tutte le disuguaglianze; non lasciare indietro nessuno; tutelare la salute con un approccio integrato; garantire diritti e pace, rafforzare cooperazione e democrazia.

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