domenica 10 aprile 2011
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«Da sempre gli uomini sono stati ricolmi – e oggi lo sono quanto mai – del desiderio di 'essere come Dio', di raggiungere essi stessi l’altezza di Dio». Lo ha detto il Papa nell’omelia della Domenica delle Palme, rilevando che 'in tutte le invenzioni dello spirito umano», oggigiorno in particolare nell’ambito tecnologico, «si cerca, in ultima analisi, di ottenere delle ali […] per diventare indipendenti, totalmente liberi, come lo è Dio». In effetti, o vogliamo essere come Dio (è l’antica tentazione dei progenitori), oppure, anche quando non osiamo ardire tanto, desideriamo giustamente rendere la natura sempre più corrispondente ai nostri bisogni, sempre più a misura delle nostre esigenze, in modo da svincolarci sempre più dai limiti, anzitutto fisici, dal deperimento, dalla malattia, dalla morte, ecc. In fondo, il 'corpo glorioso' dopo la resurrezione della carne è un aspetto del compimento di questo anelito. Vogliamo dunque innalzarci, ma – ha aggiunto Benedetto XVI – c’è una potente «forza di gravità che ci tira in basso». Questa forza è anzitutto la nostra presunzione non solo di diventare dèi, ma anche di essere da soli simili a Dio: «Proprio la superbia di poterlo fare da soli ci tira verso il basso e ci allontana da Dio». Questa pretesa ha assunto diverse forme: per esempio non pochi moderni (il Papa lo ha messo in luce soprattutto nella Spe salvi ) hanno creduto alle sirene delle utopie politiche, illudendosi che esse potessero realizzare dei paradisi terreni, o allo scientismo, ritenendo che con la scienza l’uomo possa autoredimersi dalla finitezza. Ma le aspettative messianiche riposte nella politica hanno alimentato le orrende carneficine dei totalitarismi, e il progresso scientifico ci ha anche portato dalla fionda alla megabomba. Infatti, la crescita delle capacità tecniche non incrementa solo le nostre possibilità di fare il bene: «Anche le possibilità del male sono aumentate e si pongono come tempeste minacciose». Dobbiamo essere grati alla scienza per gli straordinari miglioramenti delle nostre condizioni di vita, ma «le grandi conquiste della tecnica ci rendono liberi e sono elementi del progresso dell’umanità soltanto […] se le nostre mani diventano innocenti e il nostro cuore puro». Infatti, come diceva un pensatore come Giambattista Vico, il progresso morale non è un processo automatico, perché ogni uomo deve cominciare da zero (non ereditiamo la moralità dai genitori), dunque l’eticità di una civiltà può anche regredire e – per dirla con un intellettuale romantico come Novalis – «un passo avanti nella tecnica richiede tre passi avanti nell’etica». Altrimenti si giunge alla fabbricazione dell’uomo in provetta, alla clonazione, alla produzione di ibridi... Tutte pratiche aberranti, per varie ragioni, ma che ormai a molti risultano plausibili e, persino, pacifiche. Papa Benedetto ci invita a farci portare verso l’alto in altro modo. Ognuno di noi nasce già a immagine e somiglianza di Dio, nondimeno dobbiamo diventare sempre più simili a lui, specialmente esercitando l’amore, visto che Dio è Amore. Dobbiamo lasciarci attirare dalla «forza di gravità dell’amore di Dio: l’essere amati da Dio e la risposta del nostro amore ci attirano verso l’alto». Lui solo può innalzarci, da soli non ne siamo in grado e la Resurrezione, a cui la liturgia ci farà volgere la mente soprattutto domenica prossima, è la nostra unica possibilità di risorgere: «Dio stesso deve tirarci in alto, ed è questo che Cristo ha iniziato sulla Croce», in quanto «nel suo amore crocifisso ci prende per mano e ci conduce in alto».
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