Quell’addio tra clamori, diverse visioni, un’altra eredità
domenica 18 giugno 2023

Domande sul congedo-celebrazione “a reti unificate” per Silvio Berlusconi, un rapido dibattito sul “vero” Alcide De Gasperi, ancora un inchino a Guido Bodrato

Caro Marco Tarquinio,
le sto scrivendo da un angolo di Toscana, nella mia Vinci, mentre c'è in tv l'ultimo saluto a Silvio Berlusconi. Mi dispiace per i figli e per i suoi famigliari che in questo momento di dolore hanno anche le luci delle tv su di loro. Forse saranno abituati, ma le sembra normale che si mescoli il peso dei mass media al peso di un lutto che non è mai una passeggiata anche se per Berlusconi non è stata una morte improvvisa. Forse sarebbe il caso di vietare le telecamere, soprattutto per i funerali? O tale trasmissione può anche diventare una forma di apostolato? Pensa anche lei, come me, che noi uomini in epoca “tecnologica” stiamo perdendo un po’ di salutare silenzio?
Marco Sostegni

Caro Tarquinio,
sento il bisogno di sfogarmi per quanto hanno fatto a reti unificate i grandi network tv, Mediaset che è di proprietà della famiglia Berlusconi e la Rai ora gestita dalla destra meloniana di governo: ore e ore di trasmissione, in ogni fascia oraria, a seguito della morte di Silvio Berlusconi con la partecipazione quasi solo di persone che hanno avuto successo lavorativo (o sportivo o politico) con l’ex patron ed ex presidente, facendo praticamente una sola domanda: “Mi dica un episodio positivo che la collega a Berlusconi”. E giù storie simpatiche e di successo all’insegna del lavorare tanto e guadagnare tanto ed essere vincenti. E dopo il lavoro o prima... ci si divertiva. Un’informazione completa e vera avrebbe fatto parlare anche persone con idee diverse e non legate a Mediaset o a Forza Italia o all’alleanza oggi diventata di destracentro, tutte dunque con “conflitti di interessi”. “Avvenire”, con le interessanti interviste a Rosy Bindi e a Rocco Buttiglione, ha saputo fare diversamente.
Enrico Reverberi

Caro Tarquinio,
nel suo articolo su SiIvio Berlusconi del 13 giugno scorso intitolato «La (non) eredità del Cavaliere è in un grande capovolgimento» (Leggi) lei cita Alcide De Gasperi, presentandolo alla guida di una Dc partito di «centro che guarda a sinistra». E scrive che questo è il «vero» De Gasperi. È una sua opinione, perché un partito così non è mai emerso dalla politica del grande Presidente e, prima di lui, di don Sturzo. Mi perdoni l'arroganza, ma credo che lei abbia simpatia per i comunisti e non abbia digerito che gli italiani abbiano eletto una leader di centrodestra come Giorgia Meloni (fa ridere pensare che abbia legami con il fascismo...) che con i suoi limiti, ma anche la sua preparazione e con la sua origine popolare, sa esprimere le esigenze della gente. Credo che Berlusconi non sia un né un santo né un De Gasperi, ma è innegabile che sia stato un uomo di visione, capace di stringere relazioni internazionali importanti, che ha dato il suo contributo per evitare che un Paese dalle origini cristiane come il nostro cadesse completamente in uno statalismo agnostico. In sintesi, caro Tarquinio, meno “acidume” o moralismo nel giudicare il Cavaliere, ma guardiamo ai meriti e a quanto ha saputo costruire, senza negare le contraddizioni e i limiti dell’uomo: meglio peccatori che falsi buonisti.
Mario Gallo

Caro Tarquinio,
scrivo sia al direttore Girardo sia a lei, suo immediato predecessore. L'eccellente qualità e il profondo interesse che suscitano molti articoli di “Avvenire” mi spingono spesso ad accantonarne qualcuno per poi riprenderlo il lunedì, quando il giornale non esce. Così stasera (12 giugno, ndr) leggendo nel numero di sabato 10 l'articolo di Angelo Picariello (Leggi), ho appreso la notizia della morte di Guido Bodrato. Non riesco a trattenere la tristezza e il dolore per la perdita di questo esemplare cittadino e politico italiano, modello di coerenza e di fedeltà democratica verso la Costituzione dell'Italia e l'ideale dell'Europa dei padri fondatori democristiani, ripetutamente ministro capace e attivo, mai sfiorato da dubbi, da accuse, da azioni giudiziarie o, peggio, da condanne riguardo ai suoi comportamenti, diversamente da non pochi vuoti curatori della propria immagine. Sono certo che non solo il ricordo di moltissimi, ma anche il premio della Vita gli sia assicurato.
Giorgio Pollini


Veniamo da giorni di grandi clamori intorno ai resti mortali di Silvio Berlusconi e al dolore dei suoi familiari e amici. Da uomo e da cristiano partecipo con rispetto al dolore di chi soffre per questa morte. E da giornalista, non sono affatto stupito delle attenzioni che l’evento luttuoso ha suscitato anche se, a tratti, si è finiti sulla scena di quel “teatrino della politica” che Berlusconi derideva e diceva di voler far sparire. La personalità e i ruoli assunti dal Cavaliere di Arcore sono stati, però, così rilevanti, e le passioni, le adesioni e le reazioni che ha suscitato ancora così potenti, che il gran vociare è comprensibile. E comprensibile è anche l’insistenza dell’occhio mediatico che fruga e racconta. Pure io, tuttavia, per idea civile e per visione religiosa, avrei preferito al pari degli amici lettori Sostegni e Reverberi, meno insistenza, qualche sano e sacro silenzio in più e meno celebrazioni a reti unificate. Ai padri della patria che fondarono la nostra democrazia repubblicana sono stati via via tributati addii ben più sobri. Berlusconi è stato molte cose nelle sue diverse vite pubbliche e private, alcune davvero importanti per tutti, altre importanti solo per i suoi, alcune impressionanti altre imbarazzanti, eppure mi sento di dire – sebbene sia soltanto un cronista e non uno storico – che non è stato e non sarà ricordato come un padre della patria. Ma mi rendo conto che politicamente l’addio solenne al fondatore del centrodestra è così diventato l’ultimo ed emblematico atto di registrazione e manifestazione al cospetto del Paese della nascita del destracentro di governo. Mi fermo qui perché la riflessione corale sulle pagine di “Avvenire”, alla quale il 13 giugno ho contribuito anch’io (Leggi), ha già offerto molti spunti a chi cerca di ragionare e non si sente in dovere di tifare o di inveire persino in momenti come questo.

Devo, però, due risposte ai lettori Gallo e Pollini. Il primo mi sferza. Pur essendo entrambi cattolici, e quasi coetanei come intuisco dalla sua mail, non siamo troppo in sintonia. Mi giudica molto, ma forse mi ha letto e ascoltato un po’ poco e soprattutto mi sembra che lo abbia fatto usando filtri... un po’ speciali. La storia che il signor Gallo si premura di riassumermi ho contribuito ad annotarla in tanti anni di lavoro giornalistico. Qualcun altro di tutto ciò si ricorda, grazie a Dio. E soprattutto qualcuno ricorda chi fu davvero, come ragionava e come agiva Alcide De Gasperi il Ricostruttore... Tanti di noi sanno perché e come De Gasperi è stato popolare e democratico, alternativo ai comunisti (dopo esserne stato alleato per amor di libertà e di patria), ma decisamente lontano dalla destra. La Dc come “centro che guarda a sinistra” è concezione sua, frase sua, ritrovata e usata – diversi decenni dopo – anche da José Maria Aznar nell’ultima fase della lunga guida del Popolarismo spagnolo. E chi sa questo sa anche perché De Gasperi i fascisti lo misero in galera, i loro discendenti missini lo considerarono un arcinemico e lui nel 1952 rifiutò di allearsi con loro a Roma (proprio là dove Berlusconi iniziò nel 1993 la costruzione del suo progetto “scegliendo” pubblicamente il Msi di Fini).

Il Cavaliere di Arcore «uomo di visioni e di divisioni», come ho scritto, è stato insomma il prodotto, prima, e il padre, poi, di tutto un altro mondo. Anche se è vero che su alcune questioni del mondo, europee e internazionali, della guerra e della pace (soprattutto sui rapporti con Libia e interessante la convergenza tra lui e Romano Prodi con la Russia) ha saputo vedere purtroppo non sempre parlare e agire meglio di diversi avversari e detrattori. Dei suoi peccati non mi interesso, riguardano lui stesso e Dio. Il modo come ha incarnato i ruoli socioeconomici e istituzionali che ha svolto e ricoperto mi ha interessato invece moltissimo. E di questo ho sempre detto e scritto, e fatto scrivere, con libertà e schiettezza anche in sede di commento, senza pregiudizi ma con l’impegno di essere aderente ai fatti. Se il signor Gallo non è d’accordo con me, ne prendo atto. E non per questo penso che lui sia un bieco totalitario. Gli auguro una buona e serena estate e altrettanto buone e serene letture.

Al signor Pollini, infine, dico semplicemente grazie, per il supplemento di ricordo tributato a Guido Bodrato, dopo l’intenso articolo di Picariello (Leggi). Anch’io sono stato colpito è commosso da questa morte. Bodrato è stato un grande politico cattolico democratico, parlamentare e ministro davvero onorevole perché competente, generoso e limpido, uomo d’azione e intellettuale capace sia di scelte forti sia di letture illuminanti delle stagioni della politica e della società. Neanche lui un padre della patria, dirà forse qualcuno, ma certo uno dei padri e testimoni dell’idea più efficace e nobilmente appassionata della democrazia e della rappresentanza popolare. Un’eredità preziosa, perché abbiamo più che mai bisogno di persone e di politici così.


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