Quando è giusto processare un uomo di cento anni
martedì 12 ottobre 2021

Non ho trovato grande eco, sui giornali di ieri, lunedì, a un fatto di cronaca giudiziaria che ritengo importante, e cioè: in Germania un uomo di 100 anni (lo scrivo in numero, fa più impressione) è stato portato in tribunale, con l’accusa di «aver favorito l’uccisione di migliaia di prigionieri nel campo di concentramento di Sachsenhausen», dove svolgeva funzione di guardia.

La notizia merita attenzione per più aspetti: si può processare un uomo di 100 anni? Se da giovane era colpevole, a 100 anni è ancora colpevole? A un processo l’imputato va per difendersi, a 100 anni è ancora in grado di difendersi? E poi, si tratta di fatti avvenuti nella seconda guerra mondiale, finita nel 1945, che senso ha perseguire nel 2021 reati accaduti nel 1945? Se è colpevole avrà una condanna, ma può scontare una condanna un uomo di 100 anni? E se non può scontarla, è una condanna teorica, che senso ha organizzare un processo complicato per arrivare al massimo a una condanna teorica? Per tutte queste ragioni avrei letto con attenzione i ragionamenti dei giornali che ne avessero parlato, ma nessuno ha commentato, e questo un po’ mi delude. La notizia mi pare importante.

Anzitutto per il ruolo dell’uomo nel luogo del reato: era una guardia. Una guardia di un campo di sterminio ha una responsabilità nello sterminio? La Giustizia che chiama quest’uomo al processo risponde di sì. Tutti coloro che lavorano in un campo di sterminio hanno una responsabilità. Quest’uomo faceva la guardia. Senza le guardie un campo di prigionia non poteva funzionare. E quindi quest’uomo è stato utile al funzionamento del campo. Ma adesso ha 100 anni, non si potrebbe lasciarlo in pace? Questa domanda è una piccola parte di una più grande domanda: si può introdurre la norma che i reati di sterminio vanno in prescrizione quando gli sterminatori compiono 100 anni? È interesse dell’umanità che non vadano mai in prescrizione, se non vengono mai prescritti l’umanità si sente più sicura. E quindi quest’uomo va a processo a 100 anni non solo perché abbiano giustizia le sue vittime, ma perché si sentano più sicuri tutti gli uomini, anche noi.

Era un’SS, e già questo non lo rende esente da colpe. Alla tesi che lui e quelli come lui eseguivano gli ordini, e che se gli ordini erano terribili la colpa era di chi dava quegli ordini, si può opporre (e questa opposizione non viene mai sollevata) che gli ordini erano terribili perché c’erano già gli uomini che li aspettavano, pronti a eseguirli. È l’obbedienza già pronta che rende possibili gli ordini terribili. Priebke s’iscrisse alle SS appena le SS furono fondate, e dopo obbedì agli ordini che arrivavano. Certo è diverso giudicare un uomo di trent’anni e un uomo di 100. L’uomo di 100, come questo, si presenta in aula col deambulatore, e accusa mancanza di memoria. Dice che non sa più nulla.

Anzi: che non ha mai saputo nulla. È accusato di complicità nell’uccisione di 3.518 prigionieri russi mediante fucilazione, e di avere collaborato all’uso del gas Zyklon B. Non ho visto Sachsenhausen, ma ho visto Auschwitz e Birkenau, ed è un’esperienza che raccomando a tutti: andate a vedere un lager, v’insegna più di tutte le biblioteche del mondo. Lì imparate che chi ha fatto funzionare quei campi dev’essere processato anche quando è vecchio e sta per morire. Su quelle colpe l’umanità deve emettere una condanna. È giusto che il colpevole torni a casa o nel villaggio con la condanna in fronte. Quanto all’andare in cella, questo è un altro argomento, oggetto di un’altra legge. Se la legge lo tutela dall’andare in carcere, non ci va, resta a casa. Ma da condannato, non da innocente.

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