giovedì 23 marzo 2023
Le persone riconoscono i vantaggi dell’AI, ma colgono i rischi per lavoro, relazioni, democrazia. Importante tenere insieme discipline e mondi diversi. E coltivare l’utopia
L'evoluzione tecnologica degli ultimi decenni rischia di porsi in contrasto con la sostenibilità complessiva del sistema vivente

L'evoluzione tecnologica degli ultimi decenni rischia di porsi in contrasto con la sostenibilità complessiva del sistema vivente

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L’intelligenza artificiale (AI) non è più tema di esclusivo interesse degli addetti ai lavori e della cinematografia fantascientifica. Importanti applicazioni sono ormai nelle mani di una platea molto ampia di utilizzatori. Gli esperti ci dicono che esistono 3 tipi di intelligenza artificiale: quella debole, con una gamma ristretta di funzioni e abilità; quella cosiddetta forte, che punta allo sviluppo di capacità simili a quelle umane; e la “super intelligenza artificiale”, che vorrebbe superare le capacità degli esseri umani. La seconda e la terza AI sono di là da venire, ma l’intelligenza artificiale debole è pane quotidiano della nostra vita. Basti pensare a Google, Siri e Apple, ai droni, ai filtri antispam ed alle auto semiautonome, ma anche alla robotica in sanità, ai sistemi esperti per la produzione scientifica (si pensi alla storia dei vaccini) e per la sicurezza nei luoghi di lavoro.

Ne consegue che la percezione di trovarsi di fronte ad una grandissima rivoluzione scientifica, dopo quella industriale, comincia ad essere molto diffusa, come si evince dalla crescita esponenziale dell’interesse nei mezzi di comunicazione di massa. Una rivoluzione che sta procedendo rapidamente e che richiede di riflettere con maggiore consapevolezza sulle trasformazioni nelle varie aree di applicazione settoriale. Le discipline scientifiche maggiormente coinvolte stanno facendo il loro compito (anche quelle di recente costituzione come la filosofia della mente, la bioetica o la neuro- psicologia), ma mancano da un lato il coinvolgimento critico della società tutta, e dall’altro la cooperazione tra mondi diversi e in particolare tra tutte le discipline scientifiche.

Lo richiede anche la gente comune, come emerge dall’ultimo sondaggio Ipsos per il World Economic Forum, che registra un sentimento positivo diffuso sul fatto che alcune aree e servizi possono migliorare grazie all’AI, come l’educazione (74%), l’intrattenimento (75%), i trasporti (72%), la casa (79%), lo shopping (63%), la sicurezza (70%) e l’ambiente (61%). Ma non mancano i timori rispetto ad aree come la nutrizione (45%), il reddito (24%), le relazioni umane (39%), il lavoro (29%), il costo della vita (27%), le libertà e diritti legali (19%). Anche in Italia per il 54% delle persone l’intelligenza artificiale renderà la vita più semplice e per il 50% avrà più benefici che svantaggi, ma non mancano i timori.

Su tutto ciò occorre quindi coinvolgere le discipline raggruppate sotto l’etichetta di scienze sociali, che avvertono meglio di altre la sfida che lo sviluppo tecnologico pone all’umanità ed alla società rispetto a molti aspetti sia teorici che applicativi. Innanzitutto, le scienze sociali vedono modificarsi il proprio lavoro per lo sviluppo di nuove tecnologie di rilevazione e di algoritmi per elaborare masse enormi di dati, fino a poco tempo fa inimmaginabili. Con evidenti problemi di integrità e di salvaguardia della correttezza scientifica, che riguardano peraltro molti altri ambiti della ricerca. Ma oltre a ciò esistono altri 2 aspetti importanti per le dinamiche della convivenza sociale e dello sviluppo collettivo. Il primo riguarda la tendenziale progressiva perdita del senso dei limiti dello sviluppo e dell’azione umana.

Un principio di cui dovremmo essere tutti ben consapevoli per la storia del passato, ma anche per quella più recente: forme di supremazia, oppressione e prevaricazione; deliri di onnipotenza rispetto al superamento delle regole della convivenza; abuso di prodotti chimici per l’alterazione degli stati di coscienza e del funzionamento della mente; fino ai recenti eccessi della comunicazione – la cosiddetta infodemia –. Da questo punto di vista l’evoluzione tecnologica degli ultimi decenni, con la sua spinta sempre più accelerata al superamento dei confini dell’umano, rischia di porsi in contraddizione con la sostenibilità complessiva del sistema vivente.

Un secondo aspetto riguarda i rischi, insiti nel ricorso a procedure e meccanismi di gestione e decisione che non possono in alcun modo replicare la natura complessa del processo conoscitivo della mente umana, in particolare per quanto riguarda le funzioni altamente creative di progettazione e programmazione del futuro e di immaginazione utopica, frutto delle aspirazioni di tipo ideale e stimolo nei riguardi dell’azione politica. Non dimenticando che anche le emozioni ed i sentimenti, che le macchine dell’intelligenza artificiale non riescono a replicare, sono una componente importante, spesso determinante, nella formazione del giudizio umano e nel processo di soluzione dei problemi. E non si tratta solo di un vago coinvolgimento emotivo, ma di una modalità profondamente umana di anticipazione del pensiero razionale da parte della sfera emotiva.

Una forma essenziale di legame tra corpo e mente, definito come il “colore dell’intelligenza”. Una complessità questa che è evidentemente non riproducibile attraverso strumentazioni tecnologiche e procedure altamente standardizzate. Da cui le forti preoccupazioni rispetto a processi conoscitivi e decisionali che dovessero escludere questa complessità. A fronte delle tante applicazioni altamente utili che si stanno producendo, le scienze sociali richiamano in sostanza l’attenzione sull’importanza degli strumenti di governo, controllo e orientamento. Innanzitutto rispetto alla non sostituibilità dei processi di valutazione, decisione, progettazione e definizione strategica, che non possono prescindere dalla utilizzazione di una strumentazione complessa che salvaguardi la natura del pensiero umano.

In secondo luogo rispetto alla rappresentanza degli interessi di tutta la collettività, ed in particolare delle fasce più deboli, alla dignità umana ed alla giustizia sociale, da salvaguardare con processi collettivi di codecisione e coprogettazione. In terzo luogo in termini di connessioni tra mondi diversi e discipline scientifiche diverse, e di individuazione di una piattaforma comune di valori condivisi a livello globale e territoriale come punto di riferimento, come peraltro previsto dal Piano Nazionale Innovazione 2025, che indica democrazia, uguaglianza, inclusione e sostenibilità “nel rispetto dell’essere umano e del nostro pianeta” e propone 20 azioni concrete tutte basate sul criterio della intersezione tra innovazione, sostenibilità ed etica.

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