mercoledì 9 luglio 2014
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Accanto alla consueta istantanea sul numero dei pensionati, sulle “medie” dei trattamenti e sulla spesa complessiva del comparto previdenziale, nel rapporto annuale Inps presentato ieri a Montecitorio sono due gli aspetti salienti che meritano una particolare sottolineatura. Il primo è la clamorosa conferma dell’«effetto Fornero», ossia l’impatto della riforma firmata dalla piemontesissima ministro del governo Monti, che l’anno scorso ha provocato tra l’altro un crollo verticale degli approdi alla quiescenza per “anzianità”, diminuiti di circa la metà rispetto al 2012. Di qui le previsioni ottimistiche degli attuali vertici di Via Ciro il Grande sulle prospettive di una salda tenuta del sistema. Nonostante il passivo residuo di circa 10 miliardi, infatti, le conseguenze sull’equilibrio finanziario delle nuove regole saranno, a medio e soprattutto a lungo termine, positive in misura via via crescente. Basti pensare che per il 2060 si attende un’incidenza della spesa previdenziale (13,9 per cento) analoga o inferiore a quella ante–crisi.  Il secondo dato significativo è un’altra conferma, molto meno rassicurante della prima: sempre lo scorso anno, le posizioni contributive dei lavoratori (leggi: posti di lavoro) sono diminuite di 491mila unità. Non è una sorpresa perché mese per mese l’Istat ci aveva già informato della tendenza in atto. Ma rappresenta la triste avvisaglia di un futuro pensionistico alquanto grigio per chi è uscito dal circuito occupazionale. Le tinte più scure, però, sono quelle che si profilano all’orizzonte di una categoria sulla quale poco o nulla il Rapporto può dire: i giovani che un’occupazione non ce l’hanno e continueranno a non averla per ancora chissà quanto tempo. Facile prevedere che i loro contributi saranno, alla fine dell’auspicata carriera lavorativa, così esigui da restare molto al di sotto dei pur lamentevoli assegni percepiti oggi dai più sfortunati. Dio non voglia che, dopo aver penato decenni per separare la previdenza dall’assistenza, si debba tornare, per un’intera generazione, alle famigerate integrazioni al minimo.
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