Le bestemmie di Napoli, l'idea blasfema di una mostra blasfema
mercoledì 22 settembre 2021

Non saprei dire con certezza chi sia un artista, forse lo siamo un po’ tutti. So, però, che cosa una vera opera d’arte suscita, o dovrebbe suscitare, nell’animo di chi la contempla, l’ascolta, l’ammira. Martedì scorso, con un gruppo di ragazzi del Parco Verde in Caivano, siamo stati ricevuti dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Parco Verde è un quartiere non bello da vedere. Palazzoni tutti uguali, allineati, squadrati, maltenuti; marciapiedi sporchi, manutenzione assente.

A Roma, però, i ragazzi hanno sgranato gli occhi e non smettevano di scattare foto. Nella Basilica di San Pietro, davanti alla Pietà di Michelangelo, come sempre, una folla di persone sostava in “religioso” silenzio. La maggior parte dei visitatori non pregava, ma contemplava, ammirava, gioiva. Tanti, di certo, non erano cattolici e nemmeno cristiani.

La giovane donna con in braccio il figlio morto è bella a prescindere dalla fede di chi la guarda. È bella perché è bella, mai nessuno si sognerebbe di dire che è orripilante, senza correre il rischio di passare per folle. Sono un credente, sono certo che Qualcuno ha progettato l’universo e la mia stessa persona che, per tanti aspetti, mi rimane estranea. Mi sfugge, infatti, l’organizzazione del mio pensiero, delle mie emozioni, della mia salute fisica e mentale, il desiderio di vivere nonostante la mia condanna a morte sia già segnata e tante altre cose.

Per questi motivi, resto umile, cioè pronto a imparare da chiunque abbia qualcosa da insegnarmi. Da credente cerco non solo di non offendere nessuno, ma, per quanto mi è possibile, di dare una mano a tutti.

Il cristianesimo non è la fede di pochi eletti che, chiusi a riccio, tramano insidie verso coloro che non hanno il dono della fede. Al contrario, è una casa senza recinti e con le porte sempre spalancate. I cristiani non nutrono verso gli atei sentimenti di odio, d’ invidie, di gelosie. Li sentono amici, fratelli, compagni di viaggio con i quali continuare a indagare il mistero della vita.

A Napoli, nei giorni scorsi, si è celebrata la festa di san Gennaro. Credenti e non credenti hanno potuto accedere al Duomo e godere delle tante opere d’arte che i nostri antenati ci hanno lasciato in dono. Gli argenti secenteschi, gli affreschi, le tele, le tombe marmoree sono da guardare indipendentemente dal soggetto che vi è rappresentato.

La stessa città, solo due giorni dopo, è stata invasa da manifesti con bestemmie scritte bene in vista, una “campagna promozionale” di una mostra allestita “ in collaborazione con l’assessorato all’Istruzione, al Turismo, alla cultura”.

Qualcuno ha parlato di arte. L’assessora alla cultura, Annamaria Palmieri, a sua volta, è convinta di aver fatto una cosa giusta: « Venga solo chi è adulto e consapevole» ha detto. Gli atei, dunque, vogliono essere liberi di bestemmiare come meglio credono. Al credente che cosa importa? Vero, potrebbero avere ragione.

Salta agli occhi, però, immediatamente, una contraddizione: ma perchè una persona libera dal noioso peso della fede in un dio inutile, dovrebbe perdere tempo e fiato a bestemmiarlo e sprecare denaro pubblico per produrre manifestazioni “culturali” in questo triste tempo di pandemia?

L’onesto ateo napoletano sa bene che qualsiasi blasfemia - vera o presunta - non avrebbe potuto offendere Dio, al di sopra delle nostre miserie, ma i suoi stessi amici, parenti e conoscenti credenti. Loro e la fede che professano non hanno mai denigrato il suo ateismo. Andrebbero, quindi, almeno ripagati con la stessa moneta.

I manifesti apparsi a Napoli e la relativa mostra avranno pur dato un pizzico di acre soddisfazione a chi, oltre a non credere in Dio, nutre inutile avversione verso la fede altrui, ma hanno provocato sconcerto e imbarazzo non solo nella maggior parte del popolo napoletano credente, a cominciare dai piccoli, ma in tante persone perbene.

L’assessora alla cultura lo sapeva, o, almeno, avrebbe dovuto immaginarlo. Se ci fossimo impegnati – insieme - a invogliare i giovani allo studio dei grandi della letteratura italiana e internazionale; a iniziarli alla severa arte della musica, della pittura, del canto, della danza, della scienza, il solo pensiero di una mostra sulla blasfemia ci apparirebbe davvero blasfemo.

Uno dei manifesti offensivi che sono stati diffusi a Napoli

Uno dei manifesti offensivi che sono stati diffusi a Napoli - Da Fb

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