martedì 11 marzo 2014
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​Nelle manovre economiche i mezzi, a volte, contano più dei fini. Li condizionano a tal punto che l’obiettivo stesso ne viene definito. Si fa presto, infatti, a dire "taglio delle tasse". Ma è il "come" si taglia, con quale "strumento" si riduce la pressione fiscale che finisce per delimitare la platea dei beneficiari e in definitiva per determinare il risultato, ben al di là delle intenzioni iniziali. Così, in attesa del "Mercoledì da leoni" tanto annunciato, nel quale il Consiglio dei ministri dovrebbe varare una riduzione delle imposte da 10 miliardi di euro (oltre a misure per la casa e l’edilizia scolastica), ci si interroga su come il premier intende cavalcare quest’onda, tagliarla con la tavola come i surfisti del famoso film, per planare sull’acqua senza farsi travolgere e andare sotto.Matteo Renzi, l’altra sera su Raitre, ha stigmatizzato le opposte tifoserie, lo «stile da derby» che ha caratterizzato le richieste di Confindustria e sindacati. Gli uni impegnati a sottolineare l’urgenza della riduzione del costo del lavoro, gli altri del taglio delle imposte per i lavoratori. Gli industriali a insistere sulla diminuzione dell’Irap, le Confederazioni a premere perché si dia priorità agli sconti sull’Irpef dei dipendenti. Il premier ha rivendicato di sapere esattamente cosa ci sia da fare: «Lo faremo non pensando alle associazioni di categoria, ma alle famiglie e alle imprese che hanno problemi reali». Al di là delle imprese – per le quali il taglio dell’Irap rappresenterebbe, sì, una boccata d’ossigeno non però decisiva rispetto alla scelta di effettuare nuove assunzioni – "Famiglie" e "problemi-reali" sono giustamente le parole-chiave. Perché a subire gli effetti più pesanti della lunga crisi economica sono stati i nuclei con figli minori a più basso reddito, con occupazioni non garantite, che hanno finito per rinunciare sempre più spesso a beni e servizi essenziali, come i consumi alimentari o le spese mediche. Ce lo ricordano drammaticamente i dati sulla povertà assoluta, cresciuta fino a comprendere la cifra record di 1 milione di ragazzi italiani. Lo testimoniano le rilevazioni Istat che evidenziano la progressione del rischio di cadere in miseria correlato al numero dei componenti la famiglia. Solo tra 2012 e 2013, infatti, l’incidenza della povertà assoluta è aumentata dal 4,7 al 6,6% per le coppie con un figlio, dal 5,2 all’8,3% per quelle con due figli, addirittura dal 12,3 al 17,2% quando i figli sono tre o più. Progressione ancora più decisa se si considera la povertà relativa in presenza di figli minori: dal 15,7 con un bambino al 28,5% con tre o più nella media italiana, oltre il 40% nel Mezzogiorno.Lo strumento più coerente con l’obiettivo, allora, non può essere quello di ridurre l’Irpef agendo semplicemente sulla prima aliquota, perché si premierebbero indistintamente tutti i contribuenti, redditi alti (ed evasori) compresi. E neppure quello di agire aumentando la "detrazione per lavoro dipendente e assimilati", perché così facendo il beneficio sarebbe sì limitato alle fasce medio-basse (la detrazione infatti diminuisce all’aumentare del reddito fino ad annullarsi oltre una certa soglia), ma rischia di essere spalmato su troppi soggetti, frazionando la somma, così da vanificare l’effetto di choc positivo sui consumi che si intende ottenere. Più efficace sarebbe invece concentrare gli sconti sulle "detrazioni per familiari a carico" ed eventualmente rafforzare anche gli assegni familiari per gli "incapienti" (coloro cioè che non usufruiscono delle detrazioni a causa dei bassissimi redditi). In modo da mirare lo sforzo sui soggetti a un tempo più bisognosi di sostegno e più propensi a trasformare subito la maggiore disponibilità finanziaria in acquisti di beni e servizi essenziali, riavviando così il circolo virtuoso di domanda interna e offerta di lavoro.Non sarebbe certo la tanto attesa svolta nei rapporti tra fisco e famiglia, ma un primo passo nella direzione dell’equità, sì. Un segnale di attenzione importante verso quella rete che, anche in tempi di crisi, ha evitato il lacerarsi della trama sociale del Paese.
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